Il gioco dello steccato (La Corrida Romana)

Riferimento: S12086
Autore Bartolomeo PINELLI
Anno: 1828
Misure: 360 x 270 mm
380,00 €

Riferimento: S12086
Autore Bartolomeo PINELLI
Anno: 1828
Misure: 360 x 270 mm
380,00 €

Descrizione

Acquaforte, 1828, datata e firmata in lastra in basso.

Magnifica prova, impressa su carta coeva, con margini, in ottimo stato di conservazione.

Rarissima incisione -  non descritta nel catalogo della mostra Bartolomeo Pinelli e il suo tempo 1781-1835 (M. Fagiolo e M. Marini, 1983) – raffigurante la celebre “corrida romana”, la festa dello steccato che si teneva in occasione del Carnevale.

Lo steccato è qualcosa di simile ad una corrida spagnola, ma era organizzata assai differente. Il termine steccato si riferisce chiaramente alla recinzione di legno che veniva innalzata nella piazza del popolo, per dividere il luogo dell’azione dagli spettatori, formando per questi apposite gradinate tanto da costituire un “anfiteatro” fittizio.

Gli steccati erano di due tipi: con buoi, cani e uomini, o soltanto con buoi e cani. Durante “la caccia”, i cani addestrati tentavano di immobilizzare i buoi azzannandogli la radice dell’orecchio, mentre i buoi li respingevano a cornate. Quando interveniva anche l’uomo, invece, come accadeva a Roma, si parlava di “giostra”, dove l’uomo partecipava con prodezze e acrobazie sull’animale eccitato e agitato dal cane, che veniva poi infilato con una spada. I “giostrai” erano perlopiù macellai del luogo, che sfidavano forestieri, dilettanti e professionisti, detti “ercoli” o “alcidi”, tra cui si dice eccelsero sopra tutti gli abitanti di Terni.

Il procedimento del gioco era piuttosto uniforme nello Stato Pontificio. Lo steccato veniva chiuso alle ore 12, i tori erano numerati e immessi nell’arena uno alla volta. Contro di essi veniva poi lanciato un cane, addestrato a mordere l’orecchio del bove. Vinceva chi per primo riusciva a staccare l’orecchio, anche se non era cosa rara che il bove inforcasse il cane con le corna e lo sbudellasse.

Le feste dello steccato a Roma sono narrate da Gioacchino Belli.

Bibliografia

Sergio Anselmi, Il Gioco dello Steccato nello Stato Pontificio, in “Quaderni storici delle Marche”, Vol. 1, No. 3 (3) (settembre 1966), pp. 440-451; Alberto Fiorani, Lo steccato o caccia del bove, Ostra Vetere, 1999.

Bartolomeo PINELLI (Roma, 1781 - Rome, 1835)

Stampatore, pittore, scultore e disegnatore italiano. Apprese i rudimenti della scultura dal padre, artigiano di piccole statuette religiose di scarso valore. Questo apprendistato in tenera età incoraggiò Pinelli ad enfatizzare la plasticità e l’espressione rispetto ai valori del Neo-Classicismo, predominanti a Roma. Purtroppo, sono pervenute fino a noi solo pochi esemplari delle sue sculture in terracotta, mentre conosciamo il volume di acqueforti, Gruppi pittoreschi (Roma, 1834), con rappresentazioni di popolani. L’enfasi sul naturalismo e su soggetti di vita quotidiana è di nuovo evidente. Sebbene avesse studiato presso l’Accademia di Belle Arti a Bologna, sostenuto economicamente dal Conte Lambertini, il nipote di Papa Benedetto XIV, Pinelli non aveva interesse a seguire l'iter tradizionale del successo artistico attraverso i soggetti religiosi. Di ritorno a Roma, alla fine del XVIII secolo, decise di vendere le sue opere nei caffè frequentati dai turisti.

Bartolomeo PINELLI (Roma, 1781 - Rome, 1835)

Stampatore, pittore, scultore e disegnatore italiano. Apprese i rudimenti della scultura dal padre, artigiano di piccole statuette religiose di scarso valore. Questo apprendistato in tenera età incoraggiò Pinelli ad enfatizzare la plasticità e l’espressione rispetto ai valori del Neo-Classicismo, predominanti a Roma. Purtroppo, sono pervenute fino a noi solo pochi esemplari delle sue sculture in terracotta, mentre conosciamo il volume di acqueforti, Gruppi pittoreschi (Roma, 1834), con rappresentazioni di popolani. L’enfasi sul naturalismo e su soggetti di vita quotidiana è di nuovo evidente. Sebbene avesse studiato presso l’Accademia di Belle Arti a Bologna, sostenuto economicamente dal Conte Lambertini, il nipote di Papa Benedetto XIV, Pinelli non aveva interesse a seguire l'iter tradizionale del successo artistico attraverso i soggetti religiosi. Di ritorno a Roma, alla fine del XVIII secolo, decise di vendere le sue opere nei caffè frequentati dai turisti.