Andreas Siculus vulgo Barbatia

Riferimento: S45328
Autore Enea VICO
Anno: 1566 ca.
Misure: 162 x 220 mm
300,00 €

Riferimento: S45328
Autore Enea VICO
Anno: 1566 ca.
Misure: 162 x 220 mm
300,00 €

Descrizione

Ritratto del giurista Andrea di Bartolomeo detto Barbazza (Messina, 1410 c. – Bologna, 1480). 

Il ritratto appartiene alla famosa serie Illustrium iureconsultorum imagines quae inveniri potuerunt ad vivam effigiem expressae. Ex Musaeo Marci Mantuae Benavidij Patavini iureconsulti clarissimi pubblicata a Roma da Antonio Lafreri nel 1566.

Si tratta di una importante raccolta di ritratti di 47 famosi avvocati italiani della collezione di Marco Mantova Benavides. Le prime 24 furono pubblicate nel 1566 da Antoine Lafréry; le restanti 23 furono pubblicate nel 1570 da Bolognino Zaltieri.

Le tavole pubblicate da Lafréry sono attribuite a Enea Vico per motivi stilistici e indiziari. Assomigliano a serie prodotte da Vico negli anni '40 del secolo ed è molto probabile che, come quelle, anche queste siano state incise alcuni anni prima della pubblicazione da parte di Lafreri nel 1566.

Scrive Alessia Alberti: “Il frontespizio, anche qui architettonico, assume una precisa valenza allegorica e rinvia, tramite le figure di Fortezza (a sinistra, con una colonna), Giustizia (in alto, con spada e bilancia) e Prudenza (a destra, con specchio e serpente), al tema della virtù. A questo fanno seguito, senza soluzione di continuità, ventiquattro tavole calcografiche con le effigi a piena pagina dei giureconsulti organizzate secondo un criterio di tipo cronologico. L’attenzione è concentrata sui volti e la sola componente testuale risiede nelle lapidarie didascalie poste nel margine inferiore, con il nome, in qualche caso la provenienza, seguiti dalla data del floruit e dal numero della tavola. Questo taglio della pagina contribuisce a conferire alla serie un’apprezzabile uniformità, malgrado l’eterogeneità dei modelli – probabilmente dipinti, a loro volta ispirati a svariate fonti in pittura, scultura, medaglie – che a quel tempo erano conservati nella collezione privata dell’autore di questo libro, il giurista padovano Marco Mantova Benavides (1489-1582), e che successivamente sono andati dispersi. La scelta di non inserire anche testi tipografici è forse da leggere qui in relazione a un’opera sullo stesso argomento che Mantova Benavides aveva pubblicato qualche tempo prima, Epitoma Virorum Illustrium qui vel scripserunt, vel iurisprudentiam docuerunt in Scholis et quo tempore etiam floruerunt, Padova, Grazioso Percacino, 1555, una rassegna più ampia ma priva di corredo iconografico, di cui l’impressione lafreriana ha illustrato una selezione di personaggi. Restano ancora da definire i contorni del rapporto tra l’autore del libro Mantova Benavides e l’editore Lafréry. I loro nomi infatti risultano già in precedenza associati a un’incisione edita a Roma nel 1553 da Lafréry, raffigurante il colossale Ercole in scultura eretto da Bartolomeo Ammannati nel cortile del palazzo Mantova Benavides a Padova. È plausibile che il tramite e l’innesco per la collaborazione tra i due possa essere stato l’incisore Enea Vico – cui è attribuibile il bulino dell’Ercole Benavides –, che risulta legato tanto al collezionista padovano quanto a Lafréry. […] Dopo la morte di Lafréry i rami di questa serie sono stati assegnati a Stefano Duchet, che li ha ceduti nel 1581 a Paolo Graziani («27 Pezi de Jurij consulti»); sono stati quindi acquistati da Pietro De Nobili (1585), il cui nome compare sul frontespizio nelle edizioni tarde. Questa serie di ritratti ha conosciuto una fortuna immediata e sono diversi gli esempi che si contano di una recezione in pittura, nelle stampe e nell’editoria libraria”.

Bulino, privo di firma ed indicazioni editoriali. Esemplare nel primo stato di due, avanti l’indirizzo di Pietro de Nobili.

Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva, alcune ossidazioni, per il resto in ottimo stato di conservazione.

Bibliografia

Alessia Alberti, La Raccolta Lafreriana di Ritratti della Biblioteca Trivulziana (TRIV. B 498), pp. 108-112.

Enea VICO (Parma 1523 - Ferrara 1567)

Enea, figlio di Francesco, è antiquario, disegnatore, incisore e numismatico. Nasce a Parma il 19 gennaio 1523 e non nel 1521 come stabilisce l’Huber. Dopo aver acquisito una prima formazione letteraria e artistica in questa città, e forse conosciuto i principi del disegno alla scuola di Giulio Romano, Enea si trasferisce a Roma nel 1541. Nella città pontificia Enea lavora per Tommaso Barlacchi, lo stampatore che compare al suo fianco come incisore in una serie di grottesche edite nel 1542. Nel clima classicheggiante ed erudito della città, il suo stile si affina sui modelli di Perin del Vaga e di Francesco Salviati, pur sempre interpretati secondo la lezione di Parmigianino. Entro il V decennio del secolo il Vico, dopo aver assimilato la lezione dei grandi maestri, Marcantonio, Agostino Veneziano, Caraglio, Bonasone, acquisisce uno stile personale che lo porta a realizzare le sue stampe migliori. Lasciata Roma per Venezia, il Vico soggiorna a Firenze presso Cosimo I prima di stabilirsi a Venezia dove, a detta del Vasari, era andato nel 1557. Successivamente nel 1563 passa al servizio di Alfonso d’Este a Ferrara rimanendovi fino alla morte avvenuta il 17 agosto 1567. Di Vico rimangono circa 500 incisioni a bulino: ritratti, serie di vasi antichi, gemme e cammei, incisioni da opere di Raffaello, Michelangelo, Salviati, ecc.; la raccolta Le immagini delle donne auguste (tratte da medaglie romane, 1557). La sua fama di numismatico trova conferma nei volumi Immagini con tutti i riversi trovati et le vite degli imperatori (1548); Discorsi sopra le medaglie degli antichi (1555); Commentari alle antiche medaglie degli imperatori romani (1560).

Enea VICO (Parma 1523 - Ferrara 1567)

Enea, figlio di Francesco, è antiquario, disegnatore, incisore e numismatico. Nasce a Parma il 19 gennaio 1523 e non nel 1521 come stabilisce l’Huber. Dopo aver acquisito una prima formazione letteraria e artistica in questa città, e forse conosciuto i principi del disegno alla scuola di Giulio Romano, Enea si trasferisce a Roma nel 1541. Nella città pontificia Enea lavora per Tommaso Barlacchi, lo stampatore che compare al suo fianco come incisore in una serie di grottesche edite nel 1542. Nel clima classicheggiante ed erudito della città, il suo stile si affina sui modelli di Perin del Vaga e di Francesco Salviati, pur sempre interpretati secondo la lezione di Parmigianino. Entro il V decennio del secolo il Vico, dopo aver assimilato la lezione dei grandi maestri, Marcantonio, Agostino Veneziano, Caraglio, Bonasone, acquisisce uno stile personale che lo porta a realizzare le sue stampe migliori. Lasciata Roma per Venezia, il Vico soggiorna a Firenze presso Cosimo I prima di stabilirsi a Venezia dove, a detta del Vasari, era andato nel 1557. Successivamente nel 1563 passa al servizio di Alfonso d’Este a Ferrara rimanendovi fino alla morte avvenuta il 17 agosto 1567. Di Vico rimangono circa 500 incisioni a bulino: ritratti, serie di vasi antichi, gemme e cammei, incisioni da opere di Raffaello, Michelangelo, Salviati, ecc.; la raccolta Le immagini delle donne auguste (tratte da medaglie romane, 1557). La sua fama di numismatico trova conferma nei volumi Immagini con tutti i riversi trovati et le vite degli imperatori (1548); Discorsi sopra le medaglie degli antichi (1555); Commentari alle antiche medaglie degli imperatori romani (1560).