Mappa Mondo o vero Carta Generale del Globo Terrestre

Riferimento: ms6097
Autore Giovanni Giacomo DE ROSSI
Anno: 1674 ca.
Zona: Planisfero
Luogo di Stampa: Roma
Misure: 580 x 380 mm
1.400,00 €

Riferimento: ms6097
Autore Giovanni Giacomo DE ROSSI
Anno: 1674 ca.
Zona: Planisfero
Luogo di Stampa: Roma
Misure: 580 x 380 mm
1.400,00 €

Descrizione

Carta geografica del mondo basata sul modello del cartografo francese Nicolas Sanson.

Tratta dal Mercurio Geografico, raccolta di carte edita a Roma tra il 1660 ed il 1730 dalla tipografia de Rossi, la cui prima stesura si deve a Giovanni Giacomo de Rossi. Nel corso degli anni l’atlante fu arricchito da un numero sempre maggiore di carte; questo planisfero terrestre è presente sin dalla prima stesura dell'atlante, e non verrà mai sostituito nelle successive edizioni curate prima da Domenico de Rossi e poi dal figlio Filippo.

A differenza delle precedenti mappe olandesi, quella di Sanson si concentra sulle informazioni geografiche e idrografiche, tralasciando completamente ogni aspetto decorativo; lo spazio attorno ai due emisferi viene lasciato intenzionalmente vuoto.

Nicolas Sanson, il più famoso cartografo francese della storia moderna, fu cosmografo al servizio di Luigi XIV, re di Francia; dotò le sue mappe delle più recenti informazioni geografiche e delle incisioni più belle e acute del periodo. Il Cartes Generales de Toutes les Parties du Monde rappresenta il più importante prodotto della cartografia commerciale francese del diciassettesimo secolo.

Le carte del Sanson, finemente copiate ed intagliate dai maggiori incisori dell'epoca tra i quali lo stesso Giovan Battista Falda, Giorgio Widman e altri, costituivano la base del Mercurio Geografico, raccolta cartografica che contempla come "corpus" principale la grande produzione del geografo Giacomo Cantelli da Vignola.

Incisione in rame, coloritura coeva dei contorni, leggere ossidazioni, per il resto in ottimo stato di conservazione.

Bibliografia

R. W. Shirley, "The Mapping of the world", 464.

Giovanni Giacomo DE ROSSI (Roma 1627 - 1691)

Verso la fine del XVI secolo inizia l’attività editoriale di Antonio De Rossi, il quale con i figli Giuseppe (il “vecchio”) e Giulio, fonda la stamperia che, nel corso dei due secoli successivi e attraverso quattro generazioni, detenne il monopolio della produzione calcografica della città. La bottega era con insegna De Rossi alla Pace. La storia della famiglia De Rossi è caratterizzata da litigi e contrasti interni che portano all’apertura di singole tipografie in concorrenza tra loro. I figli di Giulio De Rossi, Giuseppe il Giovane e Giovanni Battista, nipoti di Giuseppe De Rossi il Vecchio, avevano fondato nel 1628 una propria bottega sempre nelle vicinanze - All'angolo di via di Parione e via della Pacevicino nei pressi della chiesa S. Biagio della Fossa - ma nel 1635 Giovanni Battista si separò a sua volta dal fratello e aprì una bottega in piazza Navona, la terza quindi della famiglia che venne chiamata a piazza Navona. Nel 1644 dopo la morte di Giuseppe il Giovane suo fratello Giovanni Battista diventò il concorrente più diretto della bottega dello zio, la De Rossi alla Pace, ormai gestita dalla vedova di lui insieme ai figli che allora erano in parte ancora minorenni [Figli di Giuseppe De Rossi il Vecchio (1560-1639) e Flaminia Fabio erano Giovanni Domenico (1619-1653) Girolamo (nato nel 1621), Giovanni Giacomo (1627-1691) e Filippo (1631-1656)]. Nel 1648 Giovanni Giacomo De Rossi, figlio di Giuseppe, avvia la propria attività autonoma in una bottega situata alla Pace, con il contributo di circa 800 lastre ereditate dal padre, il cui fondo fu diviso tra i quattro figli maschi. Alla morte del fratello maggiore Giovanni Domenico (1653) la parte di lastre da lui ereditata fu recuperata da Giovanni Giacomo, che inoltre s’impossessò di molte opere a carattere geografico pubblicate dal fratello. Il corpus delle opere recuperate da Giovanni Giacomo era costituito da una raccolta che abbracciavano un arco cronologico di oltre un secolo, includendo parte delle matrici di Salamanca e Lafreri, delle botteghe di Adamo Scultori, Villamena, Maggi, Carenzano e molti altri. Per tutto il corso del secolo Giovanni Giacomo e il figlio adottivo Domenico furono il punto di riferimento dell’editoria romana ed incrementarono la produzione calcografica a carattere locale ed artistico. Oltre, infatti, alle opere di Giovan Battista Falda troviamo in elenco matrici di pittori-incisori come Guido Reni, Giovan Benedetto Castiglione, Giovanni Andrea Podestà e Pietro Testa tanto per citare i principali artisti che si affidarono ai De Rossi. Alla morte di Domenico, 1729, la tipografia fu ereditata dal figlio Lorenzo Filippo, che subito la mise in vendita. Papa Clemente XII ne proibì l’alienazione all’estero e ne ordinò la stima con l’intenzione d’acquisto da parte della Camera Apostolica: la tipografia fu venduta nel Marzo 1738 e costituì il fondo della neonata Calcografia Camerale. Questo atto di compravendita rimane il documento che testimonia la fine della tipografia De Rossi, una delle più importanti stamperie europee.

Bibliografia

R. W. Shirley, "The Mapping of the world", 464.

Giovanni Giacomo DE ROSSI (Roma 1627 - 1691)

Verso la fine del XVI secolo inizia l’attività editoriale di Antonio De Rossi, il quale con i figli Giuseppe (il “vecchio”) e Giulio, fonda la stamperia che, nel corso dei due secoli successivi e attraverso quattro generazioni, detenne il monopolio della produzione calcografica della città. La bottega era con insegna De Rossi alla Pace. La storia della famiglia De Rossi è caratterizzata da litigi e contrasti interni che portano all’apertura di singole tipografie in concorrenza tra loro. I figli di Giulio De Rossi, Giuseppe il Giovane e Giovanni Battista, nipoti di Giuseppe De Rossi il Vecchio, avevano fondato nel 1628 una propria bottega sempre nelle vicinanze - All'angolo di via di Parione e via della Pacevicino nei pressi della chiesa S. Biagio della Fossa - ma nel 1635 Giovanni Battista si separò a sua volta dal fratello e aprì una bottega in piazza Navona, la terza quindi della famiglia che venne chiamata a piazza Navona. Nel 1644 dopo la morte di Giuseppe il Giovane suo fratello Giovanni Battista diventò il concorrente più diretto della bottega dello zio, la De Rossi alla Pace, ormai gestita dalla vedova di lui insieme ai figli che allora erano in parte ancora minorenni [Figli di Giuseppe De Rossi il Vecchio (1560-1639) e Flaminia Fabio erano Giovanni Domenico (1619-1653) Girolamo (nato nel 1621), Giovanni Giacomo (1627-1691) e Filippo (1631-1656)]. Nel 1648 Giovanni Giacomo De Rossi, figlio di Giuseppe, avvia la propria attività autonoma in una bottega situata alla Pace, con il contributo di circa 800 lastre ereditate dal padre, il cui fondo fu diviso tra i quattro figli maschi. Alla morte del fratello maggiore Giovanni Domenico (1653) la parte di lastre da lui ereditata fu recuperata da Giovanni Giacomo, che inoltre s’impossessò di molte opere a carattere geografico pubblicate dal fratello. Il corpus delle opere recuperate da Giovanni Giacomo era costituito da una raccolta che abbracciavano un arco cronologico di oltre un secolo, includendo parte delle matrici di Salamanca e Lafreri, delle botteghe di Adamo Scultori, Villamena, Maggi, Carenzano e molti altri. Per tutto il corso del secolo Giovanni Giacomo e il figlio adottivo Domenico furono il punto di riferimento dell’editoria romana ed incrementarono la produzione calcografica a carattere locale ed artistico. Oltre, infatti, alle opere di Giovan Battista Falda troviamo in elenco matrici di pittori-incisori come Guido Reni, Giovan Benedetto Castiglione, Giovanni Andrea Podestà e Pietro Testa tanto per citare i principali artisti che si affidarono ai De Rossi. Alla morte di Domenico, 1729, la tipografia fu ereditata dal figlio Lorenzo Filippo, che subito la mise in vendita. Papa Clemente XII ne proibì l’alienazione all’estero e ne ordinò la stima con l’intenzione d’acquisto da parte della Camera Apostolica: la tipografia fu venduta nel Marzo 1738 e costituì il fondo della neonata Calcografia Camerale. Questo atto di compravendita rimane il documento che testimonia la fine della tipografia De Rossi, una delle più importanti stamperie europee.