

Riferimento: | S48425 |
Autore | Maestro B nel Dado |
Anno: | 1530 ca. |
Misure: | 185 x 255 mm |
Riferimento: | S48425 |
Autore | Maestro B nel Dado |
Anno: | 1530 ca. |
Misure: | 185 x 255 mm |
Enea con Anchise sulle spalle che cammina verso sinistra, in basso a destra un bambino nudo, sullo sfondo Troia brucia.
Bulino, 1530 circa, incisa con otto righe di descrizione in due blocchi nel margine inferiore “Falso sinon ...a far etterne prove”. Monogramma dell'artista “B” su un dado a destra.
Traduzione parziale dell’affresco di Raffaello al Vaticano. Esemplare del primo stato, privo di indicazioni editoriali e avanti l'indirizzo di Philippe Thomassin.
Ottima impressione - forse stampata dalla bottega di Antonio Lafreri - su carta vergata coeva senza filigrana, con ampi margini su tre lati e rifilata al segno di lastra a sinistra, in perfette condizioni.
Il soggetto deriva dall’affresco nella terza Stanza di Raffaello ai Palazzi Apostolici, l’incendio di Borgo, un'opera realizzata dal Sanzio assieme ad alcuni dei suoi più validi assistenti nel 1514 e la prima che Raffaello porta a termine su incarico del nuovo pontefice Leone X che era asceso al Soglio di San Pietro nel marzo del 1513 succedendo a Giulio II scomparso nel febbraio dello stesso anno. Collocata sulla sinistra dell’affresco, la composizione raffigura un giovane porta sulle spalle un uomo più anziano. Al suo fianco un ragazzino e lo segue una donna. Fugge dalla tragedia, ma non rinuncia alla propria umanità. È Enea che porta Anchise sulle spalle, il figlio Ascanio, la donna che lo segue guarda altrove. È forse Creusa, la moglie di Enea, che si perderà nell'incendio di Troia. Raffaello cita Virgilio; è da una tragedia, da un esodo di un popolo in fuga, che nasce Roma. L'eroe troiano fugge da una città in fiamme, ma non perde la propria umanità. È dalla famiglia, dai padri e dalle madri, dal culto degli avi, dalla pietas che trae fondamento la civiltà. Nasce dalla cenere per risorgere a nuova vita, ma non è barbarie, non è abbandono dei valori. Come nel mito di Atlante che regge il mondo sulle proprie spalle, il giovane figlio salva il malandato, vecchio, malato padre e lo porterà di là dalle acque nella nuova terra promessa dove fonderà Roma. Il viaggio sarà lungo e periglioso, le perdite gravi e irreparabili. Enea perderà la moglie, come nel mito di Orfeo ed Euridice, proverà a discendere nell'Ade per riportarla con sé nel regno dei vivi. Il padre morirà nel nuovo mondo, a Drepano, l'antica Trapani e il suo corpo dice la leggenda sia alle pendici di Erice dove fu eretto un tempio ad Afrodite, la dea con cui l'uomo aveva concepito l'eroe Enea. Ma infine il destino porterà Enea a fondare la città di Roma da cui nascerà un Impero che dominerà il mondo nei secoli.
Bibliografia
Bartsch, Le Peintre graveur (XV.224.72); The Illustrated Bartsch, 72, V. 29 P. 228, 1978-1983; Le Blanc C., Manuel de L'amateur d'estampes, 78, V. 2 P. 82; Bernini Pezzini G.- Massari S.- Rodino' S., Raphael Invenit: Stampe da Raffaello nelle Collezioni dell'istituto Nazionale per la Grafica., VI/1, p. 235.
Maestro B nel Dado (Attivo a Roma, metà XVI sec.)
Il Maestro del Dado è pittore e incisore della scuola di Marcantonio e attivo a Roma tra il 1532 e il 1550, spesso confuso a torto con il Beatricetto o con il Bonasone. Il Le Blanc ritiene si tratti di un discendente del pittore Bernardo Daddi (1512 ca. – Roma 1570) in base all’iniziale che si legge nell’attributo figurato che sigla le sue stampe, una B segnata su un dado. Diversamente, altri identificano il nostro con Benedetto Verini, figlio naturale o presunto di Marcantonio sciogliendo le iniziali BV che appaiono su alcune sue stampe, mentre per il Bartsch l’ultima lettera potrebbe avere il significato di Veneziano o, più recentemente, ma ancora dubitativamente, con Tommaso Vincidor da Bologna. Incisore di riproduzione di opere altrui, eseguite talvolta su richiesta di Antonio Lafrery, i suoi modelli prediletti sono Raffaello, Peruzzi, Giulio Romano e Tommaso Vincidor.
Al Maestro del Dado vengono assegnate circa 85 stampe dal Malaspina, anche il Bartsch elenca 85 soggetti portati dal Passavant a 89.
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Maestro B nel Dado (Attivo a Roma, metà XVI sec.)
Il Maestro del Dado è pittore e incisore della scuola di Marcantonio e attivo a Roma tra il 1532 e il 1550, spesso confuso a torto con il Beatricetto o con il Bonasone. Il Le Blanc ritiene si tratti di un discendente del pittore Bernardo Daddi (1512 ca. – Roma 1570) in base all’iniziale che si legge nell’attributo figurato che sigla le sue stampe, una B segnata su un dado. Diversamente, altri identificano il nostro con Benedetto Verini, figlio naturale o presunto di Marcantonio sciogliendo le iniziali BV che appaiono su alcune sue stampe, mentre per il Bartsch l’ultima lettera potrebbe avere il significato di Veneziano o, più recentemente, ma ancora dubitativamente, con Tommaso Vincidor da Bologna. Incisore di riproduzione di opere altrui, eseguite talvolta su richiesta di Antonio Lafrery, i suoi modelli prediletti sono Raffaello, Peruzzi, Giulio Romano e Tommaso Vincidor.
Al Maestro del Dado vengono assegnate circa 85 stampe dal Malaspina, anche il Bartsch elenca 85 soggetti portati dal Passavant a 89.
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