Fregio ornamentale

Riferimento: S37770
Autore Nicoletto ROSEX detto Nicoletto da Modena
Anno: 1510 ca.
Misure: 128 x 265 mm
600,00 €

Riferimento: S37770
Autore Nicoletto ROSEX detto Nicoletto da Modena
Anno: 1510 ca.
Misure: 128 x 265 mm
600,00 €

Descrizione

Bulino, 1510 circa, firmato in lastra con il monogramma “N. O.”, nel nastro verso il basso. Nei due nastri in alto, sormontati da due aquile, le parole “VICTORIA” e “AUGUSTA”.

Bella prova, impressa su carta vergata, rifilata ai margini, in ottimo stato di conservazione.

Questo fregio ornamentale che reca in alto le parole "VICTORIA AUGUSTA" (la vittoria augustea), sembra illustrare la rifioritura delle arti resa possibile dall'avvento della pace. Questo tema e la scritta richiamano in modo specifico la famosa "Pax Augusta", la pace di Augusto, a cui si fa allusione anche in un altro dei pannelli grotteschi di Nicoletto (H. 107) recante le iscrizioni "VICTORIA AUGUSTI", "SPES PUBLICA" (speranza della gente) e "PAX AETERN (pace eterna).

In questo fregio la lira di Apollo, dio delle arti, è giustapposta con strumenti più rustici, la cornamusa e flauti di fauni e satiri Le scene inserite raffigurano argomenti correlati: la storia di Apollo e Dafne, Pan con le sue pipe e lo scuoiamento di Marsia dopo la sua sconfitta contro Apollo in un concorso musicale.

L'opera appartiene a una serie di quattro pannelli ornamentali che probabilmente era stata pensata per ricordare la storia di Roma: Il giudizio di Paride, nel primo pannello, era il preludio alla guerra di Troia, che portò alla fuga di Enea e, in definitiva, alla fondazione di Roma. Il secondo e il terzo pannello, che trattano le guerre vittoriose, possono alludere alla creazione dell'Impero Romano che fu, infine, consolidato grazie alla Pax Augusta.

La finezza della tecnica e il tipo di ornamento suggeriscono che queste incisioni furono realizzate da Nicoletto durante il suo primo viaggio a Roma, nel 1507, durante il quale è noto che visitò la Casa aurea di Nerone, che a quel tempo era una fonte primaria per lo studio della decorazione grottesca. In realtà, Nicoletto non imitò direttamente gli ornamenti neroniani, piuttosto seguì l’interpretazione fornita da Pinturicchio, Signorelli e altri.

Attivo tra la fine del Quattrocento e il terzo decennio del Cinquecento, fu il più prolifico tra gli incisori italiani delle origini. Dopo gli esordi in ambito emiliano, in cui appaiono chiaramente visibili le relazioni che Nicoletto intrattenne con la cultura ferrarese e con la bottega bolognese di Francesco Francia, dal 1487 l’incisore è documentato a Padova per circa un ventennio, ebbe modo di maturare, sotto l’influsso della scuola di Andrea Mantegna, una visione libera ed eccentrica dell’antico, è da ricondurre la celebre incisione raffigurante Quattro donne ignude, nota in tre esemplari e firmata e datata 1500.

Nel 1507, Rosex si trasferì a Roma. La produzione capitolina si caratterizza per un rinnovato interesse verso il mondo classico, testimoniato dalle stampe raffiguranti Apelle, la Statua equestre di Marc’Aurelio e la serie dei Pannelli ornamentali, in cui la decorazione a grottesca è trattata come soggetto autonomo. È probabile che il soggiorno romano fosse di breve durata, dal momento che nel 1510 Nicoletto è documentato a lavoro nel palazzo ducale di Modena. L’attività degli ultimi anni, in cui è ravvisabile la conoscenza delle incisioni di Marcantonio Raimondi e di Giulio Campagnola, appare riconoscibile per la preponderanza dell’elemento architettonico e per la nuova centralità della figura umana nello spazio. Anche il segno incisorio è contraddistinto da una maggiore omogeneità e da ombreggiature più felici.

Bibliografia

Hind 1938-48 106.II; Bartsch XIII.286.57; Early Italian Engravings from the National Gallery of Art, no. 175.

Nicoletto ROSEX detto Nicoletto da Modena (Attivo dal 1490 - 1525)

Attivo tra la fine del Quattrocento e il terzo decennio del Cinquecento, fu il più prolifico tra gli incisori italiani delle origini. Ciononostante, pochissime sono le notizie biografiche disponibili sul suo conto, e anche l’elogio tracciatone da Ludovico Vedriani (Raccolta de’ pittori, scultori et architetti modenesi più celebri, Modena 1662), l’unica fonte antica a riferire dell’incisore, appare quanto mai generico. Dopo gli esordi in ambito emiliano, in cui appaiono chiaramente visibili le relazioni che Nicoletto intrattenne con la cultura ferrarese e con la bottega bolognese di Francesco Francia, dal 1487 l’incisore è documentato a Padova per circa un ventennio. Nel 1487 e nel 1493 Rosex compare come testimone in tre atti notarili patavini, mentre al 1497 risale un pagamento a suo favore da parte del massaro dell’Arca del Santo per lavori di restauro eseguiti nella basilica antoniana. Al soggiorno padovano, in cui il modenese ebbe modo di maturare, sotto l’influsso della scuola di Andrea Mantegna, una visione libera ed eccentrica dell’antico, è da ricondurre la celebre incisione raffigurante Quattro donne ignude, nota in tre esemplari e firmata e datata 1500. Nel 1506 Rosex ottenne il suo incarico di maggior impegno: il vescovo di Padova Pietro Barozzi gli commise la decorazione, poi perduta, della cappella del proprio palazzo in località Torre. Alla morte di Barozzi, sopraggiunta nel 1507, Rosex si trasferì a Roma. La produzione capitolina si caratterizza per un rinnovato interesse verso il mondo classico, testimoniato dalle stampe raffiguranti Apelle, la Statua equestre di Marc’Aurelio e la serie dei Pannelli ornamentali, in cui la decorazione a grottesca è trattata come soggetto autonomo. È probabile che il soggiorno romano fosse di breve durata, dal momento che nel 1510 Nicoletto è documentato a lavoro nel palazzo ducale di Modena. Il pagamento modenese è l’ultima traccia documentaria finora emersa su Rosex, che a ogni modo dovette continuare a essere attivo almeno fino agli inizi del terzo decennio del Cinquecento, a prestar fede alla data 1522 apposta sulla stampa del S. Rocco salva nos a peste. L’attività degli ultimi anni, in cui è ravvisabile la conoscenza delle incisioni di Marcantonio Raimondi e di Giulio Campagnola, appare riconoscibile per la preponderanza dell’elemento architettonico e per la nuova centralità della figura umana nello spazio. Anche il segno incisorio è contraddistinto da una maggiore omogeneità e da ombreggiature più felici. Tale svolta è riscontrabile, ad esempio, nelle stampe raffiguranti S. Antonio abate e Pallade Atena, di chiara impronta bramantesca, e nei postremi S. Rocco e S. Sebastiano, di straordinaria resa volumetrica. (cfr. Gianluca Fruci, Nicoletto Rosex, in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017).

Nicoletto ROSEX detto Nicoletto da Modena (Attivo dal 1490 - 1525)

Attivo tra la fine del Quattrocento e il terzo decennio del Cinquecento, fu il più prolifico tra gli incisori italiani delle origini. Ciononostante, pochissime sono le notizie biografiche disponibili sul suo conto, e anche l’elogio tracciatone da Ludovico Vedriani (Raccolta de’ pittori, scultori et architetti modenesi più celebri, Modena 1662), l’unica fonte antica a riferire dell’incisore, appare quanto mai generico. Dopo gli esordi in ambito emiliano, in cui appaiono chiaramente visibili le relazioni che Nicoletto intrattenne con la cultura ferrarese e con la bottega bolognese di Francesco Francia, dal 1487 l’incisore è documentato a Padova per circa un ventennio. Nel 1487 e nel 1493 Rosex compare come testimone in tre atti notarili patavini, mentre al 1497 risale un pagamento a suo favore da parte del massaro dell’Arca del Santo per lavori di restauro eseguiti nella basilica antoniana. Al soggiorno padovano, in cui il modenese ebbe modo di maturare, sotto l’influsso della scuola di Andrea Mantegna, una visione libera ed eccentrica dell’antico, è da ricondurre la celebre incisione raffigurante Quattro donne ignude, nota in tre esemplari e firmata e datata 1500. Nel 1506 Rosex ottenne il suo incarico di maggior impegno: il vescovo di Padova Pietro Barozzi gli commise la decorazione, poi perduta, della cappella del proprio palazzo in località Torre. Alla morte di Barozzi, sopraggiunta nel 1507, Rosex si trasferì a Roma. La produzione capitolina si caratterizza per un rinnovato interesse verso il mondo classico, testimoniato dalle stampe raffiguranti Apelle, la Statua equestre di Marc’Aurelio e la serie dei Pannelli ornamentali, in cui la decorazione a grottesca è trattata come soggetto autonomo. È probabile che il soggiorno romano fosse di breve durata, dal momento che nel 1510 Nicoletto è documentato a lavoro nel palazzo ducale di Modena. Il pagamento modenese è l’ultima traccia documentaria finora emersa su Rosex, che a ogni modo dovette continuare a essere attivo almeno fino agli inizi del terzo decennio del Cinquecento, a prestar fede alla data 1522 apposta sulla stampa del S. Rocco salva nos a peste. L’attività degli ultimi anni, in cui è ravvisabile la conoscenza delle incisioni di Marcantonio Raimondi e di Giulio Campagnola, appare riconoscibile per la preponderanza dell’elemento architettonico e per la nuova centralità della figura umana nello spazio. Anche il segno incisorio è contraddistinto da una maggiore omogeneità e da ombreggiature più felici. Tale svolta è riscontrabile, ad esempio, nelle stampe raffiguranti S. Antonio abate e Pallade Atena, di chiara impronta bramantesca, e nei postremi S. Rocco e S. Sebastiano, di straordinaria resa volumetrica. (cfr. Gianluca Fruci, Nicoletto Rosex, in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017).