En candidi Lectores, elegantioris Italiae partis, Tusciae scilicet Topographiam...

Riferimento: CO-080
Autore Antonio LAFRERI
Anno: 1564 ca.
Zona: Tuscia
Luogo di Stampa: Roma
Misure: 495 x 385 mm
4.500,00 €

Riferimento: CO-080
Autore Antonio LAFRERI
Anno: 1564 ca.
Zona: Tuscia
Luogo di Stampa: Roma
Misure: 495 x 385 mm
4.500,00 €

Descrizione

Carta anonima, stampata a Roma nel 1564; derivazione della Chorographia Tusciae di Girolamo Bellarmato (1536), viene attribuita alla tipografia di Antonio Lafreri.

Esemplare nel secondo stato di tre, con l’aggiunta degli indirizzi editoriali di Paolo Graziani e Pietro de Nobili, databile a circa il 1585. Paolo Graziani acquisì parte della tipografia Lafreri nel 1583, per poi associarci con Pietro de Nobili nel 1585.

“La Chorographia Tusciae di Girolamo Bellarmato (o Bellarmati) rappresenta il prototipo della cartografia a stampa della regione. Di forma leggermente trapezoidale, è composta da quattro fogli uniti. Sebbene priva di scala grafica, dal valore dei gradi di latitudine possiamo ricostruire il valore della riduzione, pari a 1:325.000 circa. Nella lunga dedica a Valerio Orsini, generale dell’esercito dei Medici, l’autore specifica che la carta è utile per la professione sua presentandola perciò quale strumento ad uso militare, politico e amministrativo. Questo prodotto cartografico si basa su dati ricavati da una sistematica osservazione diretta, da misurazioni e rilievi effettuati dall’autore sul territorio. Viene data attenzione a tutti gli aspetti geografici; per i centri abitati la grandezza della raffigurazione è rapportata all’entità della popolazione. Molto curata l’idrografia, ben evidenziata l’orografia che è disegnata con dei coni, di maggiori dimensioni per i rilievi più importanti. Questo pregevole ed innovativo lavoro fu preso a modello per molti anni a seguire ed ebbe numerose derivazioni. Come osserva Biasutti (1908), anche Gastaldi utilizzò il rilievo del Bellarmato per comporre la sua carta della penisola (1561). L’opera costituisce altresì la base per le carte della regione che i fiamminghi Abraham Ortelius (1570) e Gerard Mercator (1587) inseriscono nei rispettivi atlanti. Della carta è oggi noto un solo esemplare, conservato all’Archivio di Stato di Firenze” (cfr. Cartografia e Topografia Italiana del XVI secolo p. 1961).

Nel cartiglio in alto a destra è inserita una breve descrizione ai lettori del territorio rappresentato: En candidi Lectores, elegantioris Italiae partis, Tusciae scilicet Topographiam, aeneis n[ost]ris formis excussam in hac Tabella vobis denuo damus, atque ita quidem absolute, ut nihil amplius, in ea desiderali possit, praesertim quod, cum adiacentibus Umbriae, Aemiliae, Lombardiae, et Liguriae partibus ad unguem fuerit effigiata. In qua conficienda haec nos praestare conati sumus, ut singulas urbes, oppida, Montes, Flumina, Lacus, Portus, Insulsas, et memoratu digna Littoribus maris Tusci adiacentia promontoria diligentissime describeremus. Quae omnia ab his qui oculata fide nobis cuncta retulerunt didicimus. Non Vos pigeat igitur optimi Lectores ha[n]c Tabellam paulum ociose contemplari sigermani et exactam Tusciae descriptionem intelligere desideratis. Segue l’imprint editoriale: Romae Anno M.D.LXIIII. In basso a destra si trova la scala grafica di 30 miglia (pari a mm 85) accompagnata dall’iscrizione: Locorum distantiam sic inuenies Aperto Circino cape quaesiti loci distantiam e amque ad lineas has applica, mox lineolae cercini pedibus inclusae maioresque secantes militaria in dìcabunt, quod si distantia inuenta maior ipsa linea sit, per partes re expedire oportebit. Orientazione nei quattro lati al centro, con il nome dei venti: TRAMONTANA, OSTRO, LEVANTE, PONENTE, il nord è in alto. La graduazione ai margini è disegnata, ma senza riportarne i valori.

“Carta anonima, pubblicata a Roma nel 1564. Si tratta dell’ennesima derivazione romana della Toscana del Bellarmato, erroneamente attribuita da Woodward a Paolo Forlani. Questa tavola è molto simile alla carta del Salamanca edita a Roma nel 1558 circa (catalogo n. 993), con la quale condivide i dettagli geo-cartografici. Si possono notare alcuni cambiamenti nelle decorazioni; il disegno della scala grafica, priva anche qui delle miglia, è spostato nel mare, dove invece non sono rappresentate imbarcazioni. Siamo portati a pensare che la tavola sia realizzata da Antonio Lafreri dopo lo scioglimento della società con Francesco Salamanca (1563 circa) che era succeduto al padre. La mappa è presente nei cataloghi della tipografia Lafreri (1573 circa, n. 86), Stefano Duchetti (agosto 1581, n. 65), Paolo Graziani (settembre 1583, n. 55), Pietro de Nobili (maggio 1585, n. 22), indicata come “La Toscana”. La carta ebbe una seconda stesura, firmata da Pietro de Nobili e Paolo Graziani, che è databile al 1585 circa. Alla Raccolta Bertarelli è conservata un’ulteriore tiratura, con il nome degli editori abraso; questa edizione è sicuramente successiva alla chiusura della tipografia de Nobili (atto del maggio 1589), quando le lastre furono divise tra il figlio di Pietro, Marcello Clodio e Girolamo Arbotti” (cfr. Cartografia e Topografia Italiana del XVI secolo p. 1980).

Solo due esemplari istituzionali di questa edizione della mappa sono descritti in Cartografia e Topografia Italiana del XVI secolo: Malta, National Library; Salisburgo, Universitatsbibliothek.

Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva priva di filigrana, con sottili margini, in buono stato di conservazione. Carta molto rara.

Bibliografia

S. Bifolco – F. Ronca, Cartografia e Topografia Italiana del XVI secolo pp. 1980/81, tav. 996 II/III; Almagià (1927): n. 89; Borroni Salvadori (1980): n. 285; Ganado (1994): VI, n. 104; Alberti (2009): p. 121, n. A.41b; Almagià (1929): p. 20; Bifolco-Ronca (2014): n. 89; Karrow (1993): n. 10/1.7; Pagani (2008): pp. 15, 19, 374; Rubach (2016): n. 223; Tooley (1939): n. 568; Woodward (1990): n. 34; Woodward (1992): n. 28.

Antonio LAFRERI (Orgelet 1512 - Roma 1577)

Antoine de Lafrery, meglio conosciuto con la forma italianizzata del nome Antonio Lafreri (1512 - 1577), era nativo di Orgelet, come riporta la sua iscrizione sepolcrale, e si trasferì a Roma intorno al 1540, dove lavorò in qualità di mercante ed editore di stampe. La sua bottega in via di Parione per quasi mezzo secolo (1544 - 1577) fu il punto di riferimento per questo tipo di commercio. Lafreri si formò nell’officina di Antonio Salamanca, un milanese che si trasferì a Roma dopo il Sacco del 1527. Già nel 1544 iniziò a pubblicare a suo nome, come dimostrano due stampe: la Colonna Traiana e Il sacrificio di Abele, che recano la sottoscrizione Ant. Lafrerij sequani formis Romae 1544. Non è dimostrabile se sia stato anche incisore, come si potrebbe dedurre da un atto notarile del 23 dicembre 1580, che parla dell’eredità quondam Antonii Lafrerii incisoris e stampatoris in Urbe; in ogni caso, questa attività fu certamente di minore rilevanza in confronto a quella primaria di commerciante e stampatore. Non è un caso, infatti, che quasi tutte le stampe a lui riconducibili siano firmate Antonii Lafrerij formis, espressione che lo qualifica editore e proprietario dei rami, ma non anche incisore. Un avvenimento fondamentale nella carriera del Lafreri è la costituzione, nel 1553, di una società con Antonio Salamanca. È indubbio che Lafreri - dotato probabilmente di maggiore carisma e spirito imprenditoriale - esercitò sempre il ruolo di leader. Alla morte del Salamanca, nel 1562, subentrò il figlio Francesco, ma il sodalizio si sciolse l’anno seguente e i rami del Salamanca furono acquistati da Lafreri per la somma di circa 3.000 scudi. L’editore continuò ad incrementare il suo commercio producendo stampe di soggetto religioso, mitologico e di antichità, ma anche carte geografiche e libri illustrati. Nella bottega al Parione vi passarono i più importanti incisori del tempo: Mario Cartaro, Nicolas Beatrizet, Enea Vico ed altri. Aveva contatti anche con altri centri editoriali: Venezia - come provano sia le richieste di privilegio al Senato, sia la presenza di suoi rami in edizioni veneziane - ma anche Siena. La sua raccolta di carte geografiche, riunita con un frontespizio dal titolo Tavole moderne di geografia, veniva assemblata da o per il singolo cliente; pertanto, le raccolte di carte geografiche lafreriane risultano, per numero, formato e tipologia di stampe, sempre diverse tra loro. Lafreri morì il 20 luglio 1577 e fu tumulato nella chiesa di San Luigi dei Francesi; non avendo lasciato disposizioni testamentarie, il suo patrimonio di rami fu diviso tra i suoi parenti più prossimi, Claudio e Stefano Duchetti, per poi essere acquistati da diversi stampatori.

Antonio LAFRERI (Orgelet 1512 - Roma 1577)

Antoine de Lafrery, meglio conosciuto con la forma italianizzata del nome Antonio Lafreri (1512 - 1577), era nativo di Orgelet, come riporta la sua iscrizione sepolcrale, e si trasferì a Roma intorno al 1540, dove lavorò in qualità di mercante ed editore di stampe. La sua bottega in via di Parione per quasi mezzo secolo (1544 - 1577) fu il punto di riferimento per questo tipo di commercio. Lafreri si formò nell’officina di Antonio Salamanca, un milanese che si trasferì a Roma dopo il Sacco del 1527. Già nel 1544 iniziò a pubblicare a suo nome, come dimostrano due stampe: la Colonna Traiana e Il sacrificio di Abele, che recano la sottoscrizione Ant. Lafrerij sequani formis Romae 1544. Non è dimostrabile se sia stato anche incisore, come si potrebbe dedurre da un atto notarile del 23 dicembre 1580, che parla dell’eredità quondam Antonii Lafrerii incisoris e stampatoris in Urbe; in ogni caso, questa attività fu certamente di minore rilevanza in confronto a quella primaria di commerciante e stampatore. Non è un caso, infatti, che quasi tutte le stampe a lui riconducibili siano firmate Antonii Lafrerij formis, espressione che lo qualifica editore e proprietario dei rami, ma non anche incisore. Un avvenimento fondamentale nella carriera del Lafreri è la costituzione, nel 1553, di una società con Antonio Salamanca. È indubbio che Lafreri - dotato probabilmente di maggiore carisma e spirito imprenditoriale - esercitò sempre il ruolo di leader. Alla morte del Salamanca, nel 1562, subentrò il figlio Francesco, ma il sodalizio si sciolse l’anno seguente e i rami del Salamanca furono acquistati da Lafreri per la somma di circa 3.000 scudi. L’editore continuò ad incrementare il suo commercio producendo stampe di soggetto religioso, mitologico e di antichità, ma anche carte geografiche e libri illustrati. Nella bottega al Parione vi passarono i più importanti incisori del tempo: Mario Cartaro, Nicolas Beatrizet, Enea Vico ed altri. Aveva contatti anche con altri centri editoriali: Venezia - come provano sia le richieste di privilegio al Senato, sia la presenza di suoi rami in edizioni veneziane - ma anche Siena. La sua raccolta di carte geografiche, riunita con un frontespizio dal titolo Tavole moderne di geografia, veniva assemblata da o per il singolo cliente; pertanto, le raccolte di carte geografiche lafreriane risultano, per numero, formato e tipologia di stampe, sempre diverse tra loro. Lafreri morì il 20 luglio 1577 e fu tumulato nella chiesa di San Luigi dei Francesi; non avendo lasciato disposizioni testamentarie, il suo patrimonio di rami fu diviso tra i suoi parenti più prossimi, Claudio e Stefano Duchetti, per poi essere acquistati da diversi stampatori.