VENETIA

Riferimento: S37033
Autore Giacomo FRANCO
Anno: 1580 ca.
Zona: Venezia
Luogo di Stampa: Roma
Misure: 525 x 400 mm
12.500,00 €

Riferimento: S37033
Autore Giacomo FRANCO
Anno: 1580 ca.
Zona: Venezia
Luogo di Stampa: Roma
Misure: 525 x 400 mm
12.500,00 €

Descrizione


Secondo stato (datato 1597) della rarissima pianta prospettica di Venezia di Giacomo Franco e Luca Bertelli, per la prima volta pubblicata nel 1580, il cui unico esemplare noto è conservato alla Universitatsbibliothek di Salisburgo ed è sconosciuto alle bibliografie sulla città.

Acquaforte e bulino, firmata in lastra in basso a destra. Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva priva di filigrana, con margini, piccoli difetti ai lati che non toccano la parte incisa, nel complesso in ottimo stato di conservazione.

La descrizione che segue è tratta da: S. Bifolco-F. Ronca, "Cartografia e topografia italiana del XVI secolo. Catalogo ragionato delle opere a stampa", che sarà pubblicato ad ottobre 2018.

In alto al centro, a caratteri grandi ed interrotto dall’isola di Murano, è inciso il titolo: VENETIA. Nella parte inferiore della tavola si trova una legenda alfanumerica di 205 rimandi (I-XXXV e 1-170 con alcuni numeri posposti o ripetuti) distribuita su dieci colonne. I primi 35 nomi, contrassegnati con numeri romani, sono intitolati NOME DE IRII PRINCIPALI, una descrizione dei canali della città. Segue una legenda denominata TUTTE LE CONTRADE OVERO Parochie di Venetia, 170 rimandi contrassegnati con numeri arabi a contrade o parrocchie e chiese. In basso a destra sono riportati i dati editoriali: Giacomo Franco fecit. 1597. Orientazione nei quattro lati al centro con il nome dei venti: TRAMONTANA, OSTRO, LEVANTE, PONENTE, il nord-nord est è in alto. Sulla tavola sono presenti delle indicazioni toponomastiche.

Pianta prospettica di Venezia, incisa da Giacomo Franco per l’editore Luca Bertelli. Si tratta di un’ulteriore derivazione della grande pianta di Paolo Forlani (1565), molto simile alla precedente versione del Franco, realizzata per Claudio Duchetti. Vi sono però apportati alcuni aggiornamenti topografici, relativi alla costruzione in pietra del ponte Cannaregio. Nei rimandi infatti si legge: “151 - Il ponte di canareglio è di pietra”. Altra differenza è costituita dalla presenza della fortezza di S. Nicolò, che compare a nord-est del Lido. Il primo stato dell’opera (1580), sconosciuto alla letteratura relativa alle piante della città, è conservato nella raccolta della Universitatsbibliothek di Salisburgo e reca l’imprint dell’editore Luca Bertelli. Il ponte di Rialto, ancora in legno, è rappresentato nella forma originaria a semicerchio. Nei rimandi si legge: “150 - Il ponte de rialto e di legno con molte botteghe sopra dell’una et l’altra”. Nella parte inferiore della tavola, dove si trova la legenda, è incisa una vignetta con due costumi tipici veneziani, probabilmente desunta da un soggetto di Cesare Vecelio (sebbene la prima edizione dell’opera De gli habiti antichi, et moderni di diverse parti del mondo fu pubblicata solo nel 1590). Questa scena di costume, che verrà cambiata nelle successive stesure della lastra, costituisce il principale elemento per distinguere le quattro edizioni dell’opera. La pianta fu ristampata (1597) dallo stesso Giacomo Franco; la lastra viene emendata con l’aggiornamento relativo al nuovo ponte di Rialto, ora in pietra, e viene cambiata la vignetta in basso. Con data 1597 è nota un’ulteriore versione che, in luogo della vignetta in costume, mostra una regata di gondole. L’ultima stesura della pianta vede la legenda inferiore rimossa, sostituita da una scena raffigurante la processione del Corpus Domini. Cassini sostiene che queste ultime edizioni siano dedicate dal Franco alla cerimonia dell’incoronazione della dogaressa Morosina Morosini. Moglie del doge Marino Grimani, quando, nel 1597, il marito fu eletto alla massima carica dello Stato, per lei venne organizzata una grandiosa festa di incoronazione: la dogaressa arrivò in Piazza San Marco a bordo del Bucintoro ornato da drappi d’oro e di seta, con un seguito di 400 dame. Seguì una messa solenne in Basilica e un ballo che durò due giorni. L’onorificenza più grande giunse però il terzo giorno: dopo la messa in basilica, la dogaressa ricevette dal nunzio pontificio la “rosa d’oro”, il gioiello benedetto ogni anno dal papa, da lui offerto a uno dei sovrani cattolici d’Europa.

Stati & edizioni
1°: imprint, Luca Bertelli for. Giacomo Franco fecit. 1580 .
2°: scompare il nome del Bertelli, sostituito da Giacomo Franco Fecit 1597. Sostituite le figure in basso. Il ponte di Rialto è ora costruito in pietra, rappresentato con la nuova forma (attuale). Nei rimandi infatti si legge: “150 - Il ponte de rialto e di Pietra co[n] molte botteghe sopra dell’una et l’altra”.
3°: rame ritoccato. La scena di costume viene rimpiazzata da due piccole vedute. Lungo il lato inferiore si legge: REGATA fatta nelle feste della Sr.ma Dogaressa, 6 magio 97. Segue la firma Franco forma.
4°: la parte inferiore, con la legenda, è abrasa, sostituita da una lunga scena, su due piani, raffigurante una processione dogale. Si legge: PROCESSIONE SOLENNE DEL SER.MO PRENCIPE ET SER.MA SIGNORIA DI VENETIA CON R.MO PATRIARCA ET CLER.O DI SAN MARCO. Lastra ridotta di alcuni millimetri in basso.

Censimento
1°: Salisburgo, Universitatsbibliothek. 2°: Berlino, Kupferstichkabinet; Monaco di Baviera, Staatlische Graphische Sammlung; Venezia, Museo Correr. 4°: Venezia, Museo Correr.

Bibliografia

Bifolco-Ronca, Cartografia e Topografia Italiana del XVI secolo, Catalogo ragionato delle opera a stampa (2018), tav. 1270 II/IV.

Giacomo FRANCO (Venezia o Urbino 1550 - Venezia 1620)

Figlio naturale del pittore e incisore Battista Franco, esercitò, operando sempre a Venezia, il mestiere di incisore, calcografo, editore benché nel suo testamento, rogato il 16 giugno 1620 egli si definisca "desegnador". Il suo nome non ricorre mai negli atti dell'arte dei "libreri, stampatori e ligadori", mentre si trova negli elenchi della corporazione dei pittori, alle date 1606 e 1619, termini che indicano probabilmente l'anno di iscrizione all'arte, e quello di cessazione dell'attività. L'attività del Franco si esplicò, in un primo tempo, nel campo dell'incisione di tavole, a bulino o acquaforte, seguendo forse le orme paterne: Battista Franco aveva infatti realizzato, soprattutto nel soggiorno giovanile a Roma, stampe di traduzione dagli affreschi della cappella Sistina e dalle stanze di Raffaello. Il 16 Nov 1591 ottenne un privilegio per un "Libro delli Habiti alla Venetiana"; un secondo privilegio, il 20 luglio, 1596, per la scrittura di un libro di modelli di cucitura (mostre da cucir), con 16 xilografie e 8 incisioni (Nuova inventione de diverse mostre, Venezia 1596). Infine, un altro privilegio, 15 novembre 1597, per il volume di Giuseppe Rosaccio "Il viaggio da Venezia a Costantinopoli". Come editore,pubblicò, tra le altre, opere di Enea Vico; P. Bertelli; O. Fialetti e Jacopo Palma il Giovane. Si specilalizzò in stampe sui costumi e la vita veneziana (Habiti d'huomeni et donne venetiane con la processione della Ser.ma Signoria ed altri particolari…;La città di Venezia con l'origine e governo di quella e gli Habiti delle donne venetiane). Nel 1611 uscì l'ultima opera stampata per i tipi del F., il De excellentia et nobilitate delineationis libri duo. Il trattato comprende studi anatomici ad acquaforte e a bulino incisi da Jacopo Palma il Giovane, o derivati da suoi disegni e, nel secondo libro, studi di cammei, rilievi, decorazione "all'antica", incisi dal padre del Franco e probabilmente ritoccati dal figlio. Nel suo testamento lasciava i suoi risparmi a F. Bertelli stampatore, e a Tiziano pittore, da identificarsi con Tizianello, figlio di Marco Vecellio; mentre uno stampatore di nome Pietro avrebbe dovuto entrare in possesso di tutti gli altri suoi beni, comprese le stampe.

Bibliografia

Bifolco-Ronca, Cartografia e Topografia Italiana del XVI secolo, Catalogo ragionato delle opera a stampa (2018), tav. 1270 II/IV.

Giacomo FRANCO (Venezia o Urbino 1550 - Venezia 1620)

Figlio naturale del pittore e incisore Battista Franco, esercitò, operando sempre a Venezia, il mestiere di incisore, calcografo, editore benché nel suo testamento, rogato il 16 giugno 1620 egli si definisca "desegnador". Il suo nome non ricorre mai negli atti dell'arte dei "libreri, stampatori e ligadori", mentre si trova negli elenchi della corporazione dei pittori, alle date 1606 e 1619, termini che indicano probabilmente l'anno di iscrizione all'arte, e quello di cessazione dell'attività. L'attività del Franco si esplicò, in un primo tempo, nel campo dell'incisione di tavole, a bulino o acquaforte, seguendo forse le orme paterne: Battista Franco aveva infatti realizzato, soprattutto nel soggiorno giovanile a Roma, stampe di traduzione dagli affreschi della cappella Sistina e dalle stanze di Raffaello. Il 16 Nov 1591 ottenne un privilegio per un "Libro delli Habiti alla Venetiana"; un secondo privilegio, il 20 luglio, 1596, per la scrittura di un libro di modelli di cucitura (mostre da cucir), con 16 xilografie e 8 incisioni (Nuova inventione de diverse mostre, Venezia 1596). Infine, un altro privilegio, 15 novembre 1597, per il volume di Giuseppe Rosaccio "Il viaggio da Venezia a Costantinopoli". Come editore,pubblicò, tra le altre, opere di Enea Vico; P. Bertelli; O. Fialetti e Jacopo Palma il Giovane. Si specilalizzò in stampe sui costumi e la vita veneziana (Habiti d'huomeni et donne venetiane con la processione della Ser.ma Signoria ed altri particolari…;La città di Venezia con l'origine e governo di quella e gli Habiti delle donne venetiane). Nel 1611 uscì l'ultima opera stampata per i tipi del F., il De excellentia et nobilitate delineationis libri duo. Il trattato comprende studi anatomici ad acquaforte e a bulino incisi da Jacopo Palma il Giovane, o derivati da suoi disegni e, nel secondo libro, studi di cammei, rilievi, decorazione "all'antica", incisi dal padre del Franco e probabilmente ritoccati dal figlio. Nel suo testamento lasciava i suoi risparmi a F. Bertelli stampatore, e a Tiziano pittore, da identificarsi con Tizianello, figlio di Marco Vecellio; mentre uno stampatore di nome Pietro avrebbe dovuto entrare in possesso di tutti gli altri suoi beni, comprese le stampe.