Arco Trionfale fatto erigere dal Serenis.mo Duca di Parma alle Glorie della Santità di N.S. Papa Clemente X...

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Riferimento: S52134
Autore Giovanni Battista FALDA
Anno: 1670
Luogo di Stampa: Roma
Misure: 285 x 455 mm
1.250,00 €

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Riferimento: S52134
Autore Giovanni Battista FALDA
Anno: 1670
Luogo di Stampa: Roma
Misure: 285 x 455 mm
1.250,00 €

Descrizione

ARCO TRIONFALE FATTO ERIGERE DAL SERENISSIMO SIG. DUCA DI PARMA ALLE GLORIE DELLA SANTITA' DI N.S. PAPA CLEMENTE X IN OCCASIONE DEL PASSAGGIO DELLA SANTITA' SUA AL POSSESSO DI SAN GIOVANNI IN LATERANO IL DI' VIII GIUGNO MDCLXX. Cav. D. Carlo Rainaldi Ingegnere di Sua Altezza Serenissima.

Acquaforte, 1670, firmata in lastra in basso "Gio. Battista Falda intagliò”. Da un progetto dell’architetto Carlo Rainaldi.

“L’incisione di Giovan Battista Falda raffigura il fronte principale dell’arco di trionfo eretto in Campo Vaccino il 7 giugno del 1670, commissionato dal duca Ranuccio II Farnese all’allora architetto di casa Farnese, Carlo Rainaldi, al contempo architetto del Popolo Romano, in occasione della tradizionale cavalcata di possesso della basilica lateranense da parte del neoeletto pontefice Clemente X Altieri (1670-1676), salito al soglio di Pietro il 21 aprile di quell’anno. La struttura effimera si caratterizza per il forte sviluppo in altezza, accentuato dalla scelta di definire l’apertura in forma architravata in luogo della più tradizionale apertura archivoltata. Fortemente scenografiche appaiono le pilastrate sviluppate in diagonale e arricchite da colonne libere di ordine corinzio, entrambe sormontate da una trabeazione dorica, dalla forte connotazione licenziosa. È nota la libertà espressiva propria degli apparati effimeri barocchi che legittima qualunque “stranezza”, a meno di non voler riconoscere nel caso in esame il richiamo all’ordine salomonico, tradizionalmente definito da colonne corinzie che reggono una trabeazione dorica. Le statue a tutto tondo poste sugli alti piedistalli in posizione di apertura e chiusura dell’apparato architettonico rappresentano la Carità e la Prudenza, la Giustizia e la Virtù. In alto, tra due ulteriori figure simboliche, si sviluppa un complesso attico strombato che contiene l’iscrizione dedicatoria e tra timpani spezzati lo stemma Altieri retto da una coppia di Fame in volo. Sei gigli farnesiani sono disposti ai lati dell’arme papale; questi, insieme a quelli posti nelle metope del fregio dorico, dichiarano la committenza ducale. L’intera macchina appare come l’archetipo di molti altari costruiti dall’architetto romano negli anni a seguire nelle chiese del Gesù e Maria al Corso e del Sudario a Roma (Fasolo 1960): in tal senso il campo dell’effimero si contraddistingue per il ruolo sperimentale che assume, propedeutico all’architettura costruita” (A. Russo in “Il dovere della Festa”, p. 33).

Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva con margini, due fori di tarlo nel margine bianco destro, per il resto in ottimo stato di conservazione. Rara.

Bibliografia

Bartsch, "Le peintre graveur", XXI, 3. Fagiolo, "Corpus delle feste a Roma. I: La festa barocca", 482. 

Giovanni Battista FALDA (Valduggia, Novara, 1643; Rome, 1678)

Nato a Valduggia (od. Provincia di Vercelli) all'età di 14 anni fu inviato a Roma ed affidato alle cure di uno zio che lo segnalò a G. L. Bernini. Ma fu l'incontro con lo stampatore G. G. De Rossi a segnare una svolta nella carriera artistica del Falda: infatti il suo talento venne indirizzato dall'editore all'arte dell'incisione. Nella bottega del De Rossi poté apprezzare anche l'opera di grandi incisori quali J. Callot, S. Della Bella e I. Silvestre.Terminato il suo tirocinio, venne benevolmente accolto alla corte papale, tanto che Alessandro VII gli affidò l'incarico di disegnare le fabbriche della residenza di Castel Gandolfo, ma di questa prima produzione non si conserva traccia. Nel 1665, Falda diede alle stampe per l'editore De Rossi il suo capolavoro: le tavole del primo libro del Nuovo Teatro delle fabbriche, et edificii, in prospettiva di Roma moderna sotto il felice pontificato di n. s. Alessandro VII, al quale seguirono, tra il 1665 e il '69, il secondo ed il terzo. L'opera aveva lo scopo di divulgare la nuova immagine di Roma: il Papa, infatti, decise di aprire nuove strade, di abbellire con fontane e monumenti la città, anche a dimostrazione della potenza finanziaria e culturale della sua famiglia. Bisognerà attendere proprio il completamento dei rinnovamenti urbanistici e delle realizzazioni architettoniche dei papi seicenteschi, per assistere alla diffusione di raccolte dedicate alla città moderna: prima di allora l'incisione di veduta a Roma, che pure aveva prodotto numerose serie di stampe da E. Dupérac a G. Lauro, si era interessata principalmente alla ripresa della città antica. Con il Nuovo Teatro, come poi con le successive raccolte dedicate alle fontane e ai palazzi, Falda diventò il divulgatore di questi aspetti; le sue vedute incise, caratterizzate dall'attenzione sia alle regole prospettiche sia agli effetti scenografici, sfruttano abilmente il vigore della linea e la ricchezza del contrasto fra bianco e nero, in sintonia con i criteri spaziali dell'arte barocca. L'aspetto specificatamente divulgativo e commerciale delle vedute incise venne abilmente sfruttato dall'editore De Rossi che stabilì con il Falda un inscindibile ed efficace sodalizio, al quale si deve gran parte della produzione a stampa del secolo a Roma, con una fortuna paragonabile solo a quella che sarà tributata all'opera di G. B. Piranesi. Testimonianza dell'efficacia del binomio Falda-De Rossi è la grande diffusione che ebbe la notissima Pianta di Roma del 1676, in 12 fogli, che si può considerare una rappresentazione di Roma nel momento centrale del periodo barocco: le numerose edizioni successive della pianta (1697, 1705, 1730, 1756) di volta in volta aggiornate, resteranno un punto di riferimento fondamentale nell'ambito della cartografia romana, fino alla pianta della città curata da G.B. Nolli nel 1748. L'attività del Falda fu instancabile nonostante la brevità dell'arco di tempo in cui operò ( morì trentacinquenne per un tumore, a Roma, il 22 agosto 1678 e fu sepolto in S. Maria della Scala a Trastevere). Al termine della sua vita egli aveva inciso circa 300 lastre: molte di queste si conservano a Roma presso la Calcografia nazionale (Petrucci, 1953, nn. 1413-1416, 1418).

Giovanni Battista FALDA (Valduggia, Novara, 1643; Rome, 1678)

Nato a Valduggia (od. Provincia di Vercelli) all'età di 14 anni fu inviato a Roma ed affidato alle cure di uno zio che lo segnalò a G. L. Bernini. Ma fu l'incontro con lo stampatore G. G. De Rossi a segnare una svolta nella carriera artistica del Falda: infatti il suo talento venne indirizzato dall'editore all'arte dell'incisione. Nella bottega del De Rossi poté apprezzare anche l'opera di grandi incisori quali J. Callot, S. Della Bella e I. Silvestre.Terminato il suo tirocinio, venne benevolmente accolto alla corte papale, tanto che Alessandro VII gli affidò l'incarico di disegnare le fabbriche della residenza di Castel Gandolfo, ma di questa prima produzione non si conserva traccia. Nel 1665, Falda diede alle stampe per l'editore De Rossi il suo capolavoro: le tavole del primo libro del Nuovo Teatro delle fabbriche, et edificii, in prospettiva di Roma moderna sotto il felice pontificato di n. s. Alessandro VII, al quale seguirono, tra il 1665 e il '69, il secondo ed il terzo. L'opera aveva lo scopo di divulgare la nuova immagine di Roma: il Papa, infatti, decise di aprire nuove strade, di abbellire con fontane e monumenti la città, anche a dimostrazione della potenza finanziaria e culturale della sua famiglia. Bisognerà attendere proprio il completamento dei rinnovamenti urbanistici e delle realizzazioni architettoniche dei papi seicenteschi, per assistere alla diffusione di raccolte dedicate alla città moderna: prima di allora l'incisione di veduta a Roma, che pure aveva prodotto numerose serie di stampe da E. Dupérac a G. Lauro, si era interessata principalmente alla ripresa della città antica. Con il Nuovo Teatro, come poi con le successive raccolte dedicate alle fontane e ai palazzi, Falda diventò il divulgatore di questi aspetti; le sue vedute incise, caratterizzate dall'attenzione sia alle regole prospettiche sia agli effetti scenografici, sfruttano abilmente il vigore della linea e la ricchezza del contrasto fra bianco e nero, in sintonia con i criteri spaziali dell'arte barocca. L'aspetto specificatamente divulgativo e commerciale delle vedute incise venne abilmente sfruttato dall'editore De Rossi che stabilì con il Falda un inscindibile ed efficace sodalizio, al quale si deve gran parte della produzione a stampa del secolo a Roma, con una fortuna paragonabile solo a quella che sarà tributata all'opera di G. B. Piranesi. Testimonianza dell'efficacia del binomio Falda-De Rossi è la grande diffusione che ebbe la notissima Pianta di Roma del 1676, in 12 fogli, che si può considerare una rappresentazione di Roma nel momento centrale del periodo barocco: le numerose edizioni successive della pianta (1697, 1705, 1730, 1756) di volta in volta aggiornate, resteranno un punto di riferimento fondamentale nell'ambito della cartografia romana, fino alla pianta della città curata da G.B. Nolli nel 1748. L'attività del Falda fu instancabile nonostante la brevità dell'arco di tempo in cui operò ( morì trentacinquenne per un tumore, a Roma, il 22 agosto 1678 e fu sepolto in S. Maria della Scala a Trastevere). Al termine della sua vita egli aveva inciso circa 300 lastre: molte di queste si conservano a Roma presso la Calcografia nazionale (Petrucci, 1953, nn. 1413-1416, 1418).