Nuova et Essatta Pianta del Conclave fatto in Sede Vacante di Papa Clemente XII...

Riferimento: S39973
Autore Gian Domenico CAMPIGLIA
Anno: 1740
Zona: Conclave
Luogo di Stampa: Roma
Misure: 535 x 400 mm
900,00 €

Riferimento: S39973
Autore Gian Domenico CAMPIGLIA
Anno: 1740
Zona: Conclave
Luogo di Stampa: Roma
Misure: 535 x 400 mm
900,00 €

Descrizione

Nuova et essatta Pianta del conclave Fatto in sede vacante di Papa Clemente XII che sedè anni 9 mesi 6 giorni 26 per l'Elezzione del Nuovo Pontefice. pianta del Conclave del 1740

Nel cartiglio in alto a sinistra troviamo la dedica al cardinale Albani: All'Em(inetissim)o, e R(everentissi)mo Sig.(no)r Card(inale) Annibale Albani / Camerlengo di Santa Chiesa / E(minentissi)mo, e R(everentissi)mo Principe ... Umiliss(m)o Dev(ot)o, et Obblig(at)o Servitore / Gio(vanni) Domenico Campiglia.

Pianta delle disposizioni per il conclave per l'elezione del successore di papa Clemente XII, con vista di San Pietro in basso a sinistra e di Castel Sant'Angelo in basso a destra. 

Sebbene l’incisore della lastra sia Paolo Pilaja, si indica quale autore il disegnatore della stampa Giovan Domenico Campiglia, che compare nell'iscrizione come dedicante, perché è nota la sua attività a Roma, già dal secondo decennio del XVIII secolo, quale disegnatore di incisioni. La calcografia R. C. A. a piè di marmo è da identificare colla Calcografia della Reverenda Camera Apostolica di Roma attiva tra il 1740 al 1860.

Nel 1738 papa Clemente XII acquistò le quasi diecimila matrici dell’antica stamperia De’ Rossi alla Pace, in attività fin dall’inizio del Seicento. Si trattava di un’operazione dai precisi risvolti politici, che mirava a mantenere un certo controllo sulla diffusione delle immagini della capitale pontificia e a preservare la memoria del suo glorioso passato. Perito di parte papale nell’acquisizione dei rami De’ Rossi era stato proprio Giovan Domenico Campiglia che, nello stesso 1738 fu nominato soprintendente e amministratore della Calcografia. 

Acquaforte e bulino, impressa su carta vergata coeva, con margini, tracce di pieghe di carta visibili al verso, minimi restauri lungo la piega centrale, per il resto in ottimo stato di conservazione. Molto rara.

Bibliografia

Sonia Amadio in Giovanna Sapori, Il Mercato delle Stampe a Roma XVI-XIX secolo, Roma 2008, pp.151-172 and pp.265-31.

Gian Domenico CAMPIGLIA (Lucca, 1692 – Roma, 1768)

Giovanni Domenico Campiglia fu un famoso pittore, ma un ancor più famoso incisore del '700 toscano. Iniziò i suoi studi a Firenze presso Tommaso Redi, uno dei più fortunati e ricercati pittori che lavorarono per gli ultimi Medici. Ma un altro dei suoi maestri fu il quadraturista Lorenzo del Moro, dal quale apprese l'arte degli sfondi architettonici che gli serviranno molto nel suo lavoro di incisore. Si distinse anche a Bologna dove strinse rapporti con la cerchia di Giovanni Gioseffo dal Sole, città dove, come ci dice il Gori Gandellini nelle sue Notizie degli intagliatori con osservazioni critiche: "...dipinse assai...". Fra i committenti delle sue incisioni il più importante fu, forse, l'erudito Anton Francesco Gori che richiese la sua opera per illustrare, nel 1734, il suo volume Museum Florentinum con incisioni che riproducevano i capolavori dei grandi pittori fiorentini del passato. Campiglia dimostrò un'abile maestria nel tradurre in incisione queste grandi opere tanto che papa Clemente XII lo volle a Roma, dove l'erudito Giovanni Gaetano Bottari aveva iniziato una sua opera sui Musei Capitolini. Famosi anche i suoi ritratti dei pittori suoi contemporanei raccolti nel volume Raccolta di 324 ritratti di artisti eccellenti pubblicata tra il 1790 e il 1796. Le riproduzioni delle antiche statue presso i musei romani furono molto ricercate dai viaggiatori stranieri, in particolare inglesi, e quindi molto diffuse in Europa. La prima formazione dell’artista è piuttosto oscura, fino all’arrivo a Roma, documentato nel 1716 dalla sua partecipazione al Concorso Clementino di quell’anno. Nel 1738 papa Clemente XII acquistò le quasi diecimila matrici dell’antica stamperia De’ Rossi alla Pace, in attività fin dall’inizio del Seicento. Si trattava di un’operazione dai precisi risvolti politici, che mirava a mantenere un certo controllo sulla diffusione delle immagini della capitale pontificia e a preservare la memoria del suo glorioso passato. Perito di parte papale nell’acquisizione dei rami De’ Rossi era stato proprio Giovan Domenico Campiglia che, come detto, nello stesso 1738 fu nominato soprintendente e amministratore della Calcografia. Oltre al lavoro amministrativo si chiedeva anche un contributo artistico, confidando nella sua abilità di disegnatore dall’antico, di fare tutti i disegni che sarebbero occorsi alla Calcografia. In realtà fu solo con il successore di Clemente XII, Benedetto XIV (1675-1758), che la stamperia prese a funzionare come strumento dalle molteplici sfaccettature: se da un lato l’intento era sicuramente divulgativo, dall’altro questo aspetto non poteva essere disgiunto da quello celebrativo facilmente collegabile alle bellezze di Roma. Nonostante questo, già sul finire degli anni Quaranta l’impresa cominciava a rivelarsi di scarso successo, con pochi rami nuovi acquistati e soprattutto pochi profitti. Lo stesso Campiglia non si dedicava al disegno come avrebbe dovuto, essendo già oberato dal lavoro di soprintendente e dalle commissioni esterne alla Calcografia a cui continuava ad attendere. C’erano inoltre problemi di natura burocratica che rallentavano l’attività della Calcografia Camerale dovuti alla dipendenza di questa dalla Tesoreria generale, in cui peraltro non lavoravano persone con le competenze necessarie alla gestione di una stamperia. Nel 1747 l’amministrazione della Calcografia fu disgiunta da quella della Tesoreria generale, cosicché la stamperia acquisì una completa autonomia amministrativa; anche Campiglia fu alleggerito del suo compito, perdendo la carica di soprintendente in favore del cardinale Silvio Valenti Gonzaga (1690-1756), pur rimanendo il direttore.

Gian Domenico CAMPIGLIA (Lucca, 1692 – Roma, 1768)

Giovanni Domenico Campiglia fu un famoso pittore, ma un ancor più famoso incisore del '700 toscano. Iniziò i suoi studi a Firenze presso Tommaso Redi, uno dei più fortunati e ricercati pittori che lavorarono per gli ultimi Medici. Ma un altro dei suoi maestri fu il quadraturista Lorenzo del Moro, dal quale apprese l'arte degli sfondi architettonici che gli serviranno molto nel suo lavoro di incisore. Si distinse anche a Bologna dove strinse rapporti con la cerchia di Giovanni Gioseffo dal Sole, città dove, come ci dice il Gori Gandellini nelle sue Notizie degli intagliatori con osservazioni critiche: "...dipinse assai...". Fra i committenti delle sue incisioni il più importante fu, forse, l'erudito Anton Francesco Gori che richiese la sua opera per illustrare, nel 1734, il suo volume Museum Florentinum con incisioni che riproducevano i capolavori dei grandi pittori fiorentini del passato. Campiglia dimostrò un'abile maestria nel tradurre in incisione queste grandi opere tanto che papa Clemente XII lo volle a Roma, dove l'erudito Giovanni Gaetano Bottari aveva iniziato una sua opera sui Musei Capitolini. Famosi anche i suoi ritratti dei pittori suoi contemporanei raccolti nel volume Raccolta di 324 ritratti di artisti eccellenti pubblicata tra il 1790 e il 1796. Le riproduzioni delle antiche statue presso i musei romani furono molto ricercate dai viaggiatori stranieri, in particolare inglesi, e quindi molto diffuse in Europa. La prima formazione dell’artista è piuttosto oscura, fino all’arrivo a Roma, documentato nel 1716 dalla sua partecipazione al Concorso Clementino di quell’anno. Nel 1738 papa Clemente XII acquistò le quasi diecimila matrici dell’antica stamperia De’ Rossi alla Pace, in attività fin dall’inizio del Seicento. Si trattava di un’operazione dai precisi risvolti politici, che mirava a mantenere un certo controllo sulla diffusione delle immagini della capitale pontificia e a preservare la memoria del suo glorioso passato. Perito di parte papale nell’acquisizione dei rami De’ Rossi era stato proprio Giovan Domenico Campiglia che, come detto, nello stesso 1738 fu nominato soprintendente e amministratore della Calcografia. Oltre al lavoro amministrativo si chiedeva anche un contributo artistico, confidando nella sua abilità di disegnatore dall’antico, di fare tutti i disegni che sarebbero occorsi alla Calcografia. In realtà fu solo con il successore di Clemente XII, Benedetto XIV (1675-1758), che la stamperia prese a funzionare come strumento dalle molteplici sfaccettature: se da un lato l’intento era sicuramente divulgativo, dall’altro questo aspetto non poteva essere disgiunto da quello celebrativo facilmente collegabile alle bellezze di Roma. Nonostante questo, già sul finire degli anni Quaranta l’impresa cominciava a rivelarsi di scarso successo, con pochi rami nuovi acquistati e soprattutto pochi profitti. Lo stesso Campiglia non si dedicava al disegno come avrebbe dovuto, essendo già oberato dal lavoro di soprintendente e dalle commissioni esterne alla Calcografia a cui continuava ad attendere. C’erano inoltre problemi di natura burocratica che rallentavano l’attività della Calcografia Camerale dovuti alla dipendenza di questa dalla Tesoreria generale, in cui peraltro non lavoravano persone con le competenze necessarie alla gestione di una stamperia. Nel 1747 l’amministrazione della Calcografia fu disgiunta da quella della Tesoreria generale, cosicché la stamperia acquisì una completa autonomia amministrativa; anche Campiglia fu alleggerito del suo compito, perdendo la carica di soprintendente in favore del cardinale Silvio Valenti Gonzaga (1690-1756), pur rimanendo il direttore.