Le Sette Chiese di Roma con le loro Principali Reliquie Stationi et Indul.tie

Riferimento: S39970
Autore Giacomo LAURO
Anno: 1660
Zona: Roma
Luogo di Stampa: Roma
Misure: 520 x 405 mm
Non Disponibile

Riferimento: S39970
Autore Giacomo LAURO
Anno: 1660
Zona: Roma
Luogo di Stampa: Roma
Misure: 520 x 405 mm
Non Disponibile

Descrizione

Questa pianta delle sette chiese è una ristampa aggiornata della pianta del Lauro/Tempesta del 1599 che Lauro pubblicò per la prima volta per l'anno giubilare del 1600. Seguirono le ristampe o re-incisioni del 1609 (?), 1621, 1630 e 1636.

La presente edizione, che reca l'imprint di Giovanni Giacomo de Rossi, è databile al 1658 - 1666 circa, sulla base della dedica a Mons. Giovanni Lucido Palombara, vescovo di Pesaro dal 1658 al 1666 - e del medaglione con il ritratto e lo stemma del Pontefice Alessandro VII (1655-1667), al secolo Fabio Chigi.

La peculiarità di questa versione edita dal De Rossi è, però, la rappresentazione della Basilica di S. Pietro: questa è la prima versione della lastra a mostrare il colonnato della piazza, progettato dal Bernini nel 1656-1657, ma non completato fino al 1669; e, cosa più interessante, il colonnato comprende una terza parte, più corta, il famoso "terzo braccio", che non fu mai costruito.

Inoltre, questa edizione de Rossi contiene, come nuovo dettaglio, l'elenco numerato in basso a destra, che mostra l'ordine del percorso.

Più che una pianta o una veduta, questa incisione è una rappresentazione astratta del pellegrinaggio delle Sette Chiese, codificato per la prima volta da S. Filippo Neri nel 1552-1553. Le chiese sono mostrate isolatamente, con pochi riferimenti al contesto urbano in cui sono inserite - il Tevere, le mura romane, un antico rudere, colline e alberi . Nelle didascalie descrittive sono elencate le principali reliquie di ogni chiesa.

Le chiese incluse nel pellegrinaggio erano le quattro Basiliche Maggiori: San Pietro, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le mura e Santa Maria Maggiore, e altre tre chiese che contengono reliquie importanti: Santa Croce in Gerusalemme, San Sebastiano fuori le mura, e San Lorenzo fuori le mura.
A volte al percorso si aggiungevano due chiese più piccole, incluse in questa incisione in alto a destra, S. Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane, e Santa Maria dell'Annunziatella. Il pellegrinaggio a questi siti, piuttosto lontani tra loro, di solito richiedeva due giorni. Se il tour delle chiese non era obbligatorio, è stato incoraggiato, e particolarmente praticato dai Papi. Durante l'anno giubilare del 1600, l'anno in cui questa incisione fu pubblicata per la prima volta, Papa Clemente VIII percorse il circuito più volte, incoraggiando così i fedeli.

Ottimo esemplare, ricco di toni e ben contrastato, impresso su carta vergata coeva, con filigrana "cerchio con giglio sormontato da corona", tracce delle pieghe originarie, per il resto in perfetto stato di conservazione. Antiche iscrizioni a penna di lingua francese su gran parte della pianta.

RARA.

Bibliografia

Marigliani, 2007, n. 574.

Giacomo LAURO (1561-1645/50)

Incisore, stampatore e conoscitore di antichità attivo prevalentemente in ambito romano tra il 1583 e il 1645. Non si conosce la data e il luogo di nascita, ma il fatto che egli firmasse le sue opere come "Jacobus Laurus Romanus" lascia presumere che fosse originario di Roma. Nulla si conosce della sua formazione. La prima testimonianza documentaria che attesta la sua presenza a Roma, in cui è definito "intagliatore di rame romano", risale al 1583; mentre la sua prima stampa conosciuta è un Tiberio con la daga (o Il gladiatore), pubblicata da C. Duchet nel 1585. Nonostante abbia affrontato tematiche storiche, mitologiche, devozionali, il Lauro è noto soprattutto per la produzione di piante e vedute di città, a cominciare dalla veduta a volo d'uccello di Rocca Contrada (Arcevia), realizzata nel 1594 su disegno di E. Ramazzani. Nel 1599, basandosi su un disegno di A. Tempesta,incise e pubblicò una pianta di Roma, ristampata nel 1630, dal titolo Septem Urbis ecclesiae cum earum reliquiis stationibus et indulgentiis. La fama del Lauro è affidata soprattutto all'Antiquae Urbis splendor, la sua opera più celebre, iniziata nel 1586 e suddivisa in quattro libri. I primi due, datati rispettivamente 1612 e 1613 e pubblicati a Roma, comprendono 99 tavole con i monumenti più rappresentativi della Roma antica. Nella prefazione l’autore ricorda un lavoro preparatorio durato 28 anni. Il terzo libro risale al 1615 e si compone di 34 fogli nei quali sono ancora rappresentate architetture dell'antica Roma. Con il quarto libro, 1628, l'opera raggiunse complessivamente le 177 tavole. Quest'ultima parte contiene ancora immagini della città antica e vedute di rovine, ma soprattutto incisioni con i più significativi edifici realizzati in epoche successive: le grandi basiliche, i palazzi nobiliari, le ville e i giardini. Alla prima edizione seguirono numerose altre.Nel 1699 la calcografia di D. De Rossi ripubblicò in una nuova veste tipografica la serie: fu suddivisa in due parti, quella con i monumenti della Roma antica (Romanae magnitudinis monumenta) e quella con le vedute e gli edifici della città moderna (Collectio antiquitatum Urbis). In entrambe, le immagini del Lauro, che costituiscono comunque la parte preponderante, furono integrate con vedute di altri incisori. Nel suo intento di ricostruire l'immagine della Roma antica, Lauro elaborò un linguaggio semplice ed essenziale, ispirato in parte a modelli di artisti come P. Ligorio, A. Lafréry, E. Du Pérac. Tra i suoi propositi non c'era quello di operare una ricostruzione corretta e fedele dei monumenti, che infatti furono spesso reintegrati con elementi di fantasia, ma il desiderio di suscitare stupore e meraviglia, rendendo manifesti la grandezza e lo splendore degli antichi. Negli anni 1630-45, Lauro si dedicò alla pubblicazione di una serie di piante e descrizioni di città italiane e straniere in forma di piccoli opuscoli, alcuni dei quali furono raccolti nel 1639 sotto il titolo di Heroico splendore delle città del mondo.

Bibliografia

Marigliani, 2007, n. 574.

Giacomo LAURO (1561-1645/50)

Incisore, stampatore e conoscitore di antichità attivo prevalentemente in ambito romano tra il 1583 e il 1645. Non si conosce la data e il luogo di nascita, ma il fatto che egli firmasse le sue opere come "Jacobus Laurus Romanus" lascia presumere che fosse originario di Roma. Nulla si conosce della sua formazione. La prima testimonianza documentaria che attesta la sua presenza a Roma, in cui è definito "intagliatore di rame romano", risale al 1583; mentre la sua prima stampa conosciuta è un Tiberio con la daga (o Il gladiatore), pubblicata da C. Duchet nel 1585. Nonostante abbia affrontato tematiche storiche, mitologiche, devozionali, il Lauro è noto soprattutto per la produzione di piante e vedute di città, a cominciare dalla veduta a volo d'uccello di Rocca Contrada (Arcevia), realizzata nel 1594 su disegno di E. Ramazzani. Nel 1599, basandosi su un disegno di A. Tempesta,incise e pubblicò una pianta di Roma, ristampata nel 1630, dal titolo Septem Urbis ecclesiae cum earum reliquiis stationibus et indulgentiis. La fama del Lauro è affidata soprattutto all'Antiquae Urbis splendor, la sua opera più celebre, iniziata nel 1586 e suddivisa in quattro libri. I primi due, datati rispettivamente 1612 e 1613 e pubblicati a Roma, comprendono 99 tavole con i monumenti più rappresentativi della Roma antica. Nella prefazione l’autore ricorda un lavoro preparatorio durato 28 anni. Il terzo libro risale al 1615 e si compone di 34 fogli nei quali sono ancora rappresentate architetture dell'antica Roma. Con il quarto libro, 1628, l'opera raggiunse complessivamente le 177 tavole. Quest'ultima parte contiene ancora immagini della città antica e vedute di rovine, ma soprattutto incisioni con i più significativi edifici realizzati in epoche successive: le grandi basiliche, i palazzi nobiliari, le ville e i giardini. Alla prima edizione seguirono numerose altre.Nel 1699 la calcografia di D. De Rossi ripubblicò in una nuova veste tipografica la serie: fu suddivisa in due parti, quella con i monumenti della Roma antica (Romanae magnitudinis monumenta) e quella con le vedute e gli edifici della città moderna (Collectio antiquitatum Urbis). In entrambe, le immagini del Lauro, che costituiscono comunque la parte preponderante, furono integrate con vedute di altri incisori. Nel suo intento di ricostruire l'immagine della Roma antica, Lauro elaborò un linguaggio semplice ed essenziale, ispirato in parte a modelli di artisti come P. Ligorio, A. Lafréry, E. Du Pérac. Tra i suoi propositi non c'era quello di operare una ricostruzione corretta e fedele dei monumenti, che infatti furono spesso reintegrati con elementi di fantasia, ma il desiderio di suscitare stupore e meraviglia, rendendo manifesti la grandezza e lo splendore degli antichi. Negli anni 1630-45, Lauro si dedicò alla pubblicazione di una serie di piante e descrizioni di città italiane e straniere in forma di piccoli opuscoli, alcuni dei quali furono raccolti nel 1639 sotto il titolo di Heroico splendore delle città del mondo.