Sepolcro di papa Giulio II

Riferimento: S25307
Autore Nicolas Beatrizet detto BEATRICETTO
Anno: 1554
Misure: 274 x 423 mm
900,00 €

Riferimento: S25307
Autore Nicolas Beatrizet detto BEATRICETTO
Anno: 1554
Misure: 274 x 423 mm
900,00 €

Descrizione

Bulino, 1554, datato in lastra in basso al centro.

Da un soggetto di Michelangelo Buonarroti.

Esemplare nel primo stato di sei, con l’indirizzo dell’editore Antonio Salamanca.

In basso al centro «sepvlchri · marmorei · ivlio · iI · pont · max · divina · mich · angeli / bonaroti · florentini · manv · romae · in · basilica · s · petri / ad · vincvla · fabre facti · graphica · deformatio / ant · salamanca · exc · / romae · ∞ · d · liiiI ·».

Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana “incudine e martello nel cerchio”, rifilata al rame, in ottimo stato di conservazione.

L’opera è successivamente inserita nello Speculum Romanae Magnificentiae di Antonio Lafreri.

Attribuita al Beatrizet dal Bartsch e altri studiosi, riproduce la tomba di Giulio II, con il celebre Mosè, scolpita da Michelangelo in San Pietro in Vincoli, una delle più famose sculture di tutti i tempi.

Scrive Alessia Alberti: "Proveniente dal patrimonio di matrici di Antonio Salamanca (che vi appone il suo indirizzo dalla prima edizione, 1554), probabilmente in seguito allo scioglimento della società con Lafrery il rame dovette passare al francese. Lo si evince dagli inventari relativi alla dispersione del patrimonio di Lafrery dopo la sua morte: ceduta dal nipote Stefano Duchet a Paolo Graziani (1581; Pagani, 2008a, p. 15, riga 15) e da questi a Pietro De Nobili (1585; Pagani, 2008b, p. 376, riga 99). Infine, allo scioglimento della società di questi con Marcello Clodio e Girolamo Arbotti, toccò al figlio di Pietro De Nobili, Pietro Paolo (1589; Pagani, 2011, p. 133, riga 170). Anche se l’ultimo indirizzo apposto sulla matrice è quello di Giuseppe De Rossi, in seguito deve essere appartenuta a Carlo Losi, risultando l’opera citata nel suo catalogo di vendita del 1790 (Indice, 1790, p. 8, n. 15) ".

L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica. 

Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.

Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.  


Bibliografia

Alberti (2015), Michelangelo nel gusto delle stampe del Cinquecento, n. 327, I/VI; Lafrery, Indice, c. 4v; Heinecken, 1768-1769, i (1768), p. 429, n. 2; Huber, 1801-1810, ii-i (1803), p. 631, n. 2859; Nagler, 1858-1879, iv (s.d.), p. 733, n. 2322.24; Passerini, 1875, p. 27; Bianchi, 2004, p. 9, n. d30; Barnes, 2010, p. 200, n. 118; La Roma del Cinquecento nello Speculum Romanae Magnificentia, p. 120; Huelsen p. 163, 107 a/c.

Nicolas Beatrizet detto BEATRICETTO Thionville 1515 circa - Roma 1565

Nicola o Niccolò Beatricetto o Beatrice o Beatici o Beatricius o Nicolas Beatrizet Lotharingus secondo il nome originale dell’incisore nativo nel 1515 c. in Francia a Thionville nella Lorena di cui inciderà la pianta nel 1557-58. Disegnatore e bulinista, Nicola è a Roma dal 1540, o già dal 1532 come supposto dal Gori Gandellini, dove frequenta la scuola di Marcantonio e Agostino Veneziano. Il Beatricetto si dimostra subito abile nel giusto equilibrio delle linee e dei punti e nella resa delle ombre e dei mezzi toni, tanto da divenire il capo degli incisori stranieri e dei vedutisti romani. Influenzato da Agostino Veneziano e da Giorgio Ghisi, il Beatricetto sceglie i suoi modelli in Raffaello e Michelangelo. Dal 1540 il lorenese lavora per Salamanca e dal 1541 fino al 1550 per Tommaso Barlacchi e dal 1548 per Antonio Lafrery che inserirà molte sue incisioni nello Speculum. Incisore di riproduzione per eccellenza, il lorenese traduce opere di Girolamo Muziano, oltre che di artisti minori, con scene sacre e mitologiche, architetture e palazzi secondo il gusto dell’epoca. Il Beatricetto muore a Roma nel 1565. Gli stati del secondo Cinquecento recano i nomi di Claude Duchet ed eredi, Paolo Graziani, Pietro dè Nobili; nel Seicento quelli di Giovanni Orlandi, Philipp Thomassin, Gio. Giacomo dè Rossi “alla pace” e Giovan battista dè Rossi “a piazza Navona”; nel settecento il nome di Carlo Losi. Il Bartsch attribuisce al lorenese 108 stampe; 114 il Robert-Dumesnil, il Passavant 120.

Nicolas Beatrizet detto BEATRICETTO Thionville 1515 circa - Roma 1565

Nicola o Niccolò Beatricetto o Beatrice o Beatici o Beatricius o Nicolas Beatrizet Lotharingus secondo il nome originale dell’incisore nativo nel 1515 c. in Francia a Thionville nella Lorena di cui inciderà la pianta nel 1557-58. Disegnatore e bulinista, Nicola è a Roma dal 1540, o già dal 1532 come supposto dal Gori Gandellini, dove frequenta la scuola di Marcantonio e Agostino Veneziano. Il Beatricetto si dimostra subito abile nel giusto equilibrio delle linee e dei punti e nella resa delle ombre e dei mezzi toni, tanto da divenire il capo degli incisori stranieri e dei vedutisti romani. Influenzato da Agostino Veneziano e da Giorgio Ghisi, il Beatricetto sceglie i suoi modelli in Raffaello e Michelangelo. Dal 1540 il lorenese lavora per Salamanca e dal 1541 fino al 1550 per Tommaso Barlacchi e dal 1548 per Antonio Lafrery che inserirà molte sue incisioni nello Speculum. Incisore di riproduzione per eccellenza, il lorenese traduce opere di Girolamo Muziano, oltre che di artisti minori, con scene sacre e mitologiche, architetture e palazzi secondo il gusto dell’epoca. Il Beatricetto muore a Roma nel 1565. Gli stati del secondo Cinquecento recano i nomi di Claude Duchet ed eredi, Paolo Graziani, Pietro dè Nobili; nel Seicento quelli di Giovanni Orlandi, Philipp Thomassin, Gio. Giacomo dè Rossi “alla pace” e Giovan battista dè Rossi “a piazza Navona”; nel settecento il nome di Carlo Losi. Il Bartsch attribuisce al lorenese 108 stampe; 114 il Robert-Dumesnil, il Passavant 120.