Pianta di San Pietro

Riferimento: S45117
Autore Etienne DUPERAC
Anno: 1569
Zona: San Pietro
Misure: 410 x 475 mm
900,00 €

Riferimento: S45117
Autore Etienne DUPERAC
Anno: 1569
Zona: San Pietro
Misure: 410 x 475 mm
900,00 €

Descrizione

Acquaforte, 1569, titolata, firmata e datata in alto: ICHNOGRAPHIA TEMPLI DIVI PETRI ROMAE IN VATICANO EX ESEMPLARI MICHAELIS ANGELI BONAROTI FLORENTINI A STEPHANO DV PERAC PARISIENSI IN HANC FORMAM CVM SVIS MODVLIS ACCVRATE PROPORTIONATEQVE DELINEATA ET IN LVCEM AEDITA ANNO DOMINI ∞ DLXIX [Icnografia del tempio di San Pietro, a Roma, in Vaticano dall’esemplare di Michelangelo Buonarroti, fiorentino, accuratamente e proporzionatamente delineata in questa forma e con i suoi moduli da Stefano du Perac parigino, ed edita nell’anno 1569].

Esemplare nel terzo stato di quattro, con l’imprint di Giovanni Orlandi: Ioannes Orlandi formis romae 1602.

Bellissima prova, ricca di toni, impressa su carta vergata, irregolarmente rifilata al rame (all’interno di circa 5 mm sul lato destro), con margini in alto e in basso, in buono stato di conservazione. Applicata su antico supporto cartaceo.

“La pianta, tracciata da Étienne Du Pérac nel 1569, è la prima delle tre realizzate, con molta probabilità, tra il 1569 e il 1570 ed è priva dell’indirizzo dell’editore. Il disegno è stato generalmente ritenuto come l’espressione delle intenzioni di Michelangelo per la pianta di San Pietro. Du Pérac, tuttavia, con molta probabilità conosceva poco della vera pianta di Michelangelo, per cui secondo Anna Bedon, «di San Pietro riporta quanto vede costruito, quanto vede del modello, quanto viene a sapere da Ligorio che aveva da poco lasciato la carica di “architetto di San Pietro”, quindi incrocia le sue fonti ma, al contrario di Faleti e Luchino, inventa quanto è ancora mancante o a lui non visibile». Del resto «l’ordine di seguitare il nuovo San Pietro con il permesso di cambiare il già fatto (almeno entro certi limiti) significava anzitutto ridurre il vano trionfalismo del sontuoso e complicato progetto sangallesco, poi rendere visibile nella forma architettonica la vera dottrina, infine far della chiesa un’arma poderosa contro l’eresia. È noto che Michelangelo di quell’incarico si fece uno scrupolo, fino all’ossessione: dall’esito del compito immane sarebbe dipesa la salvezza dell’anima. Ed era vecchio, la morte era vicina» (G. C. Argan). Le varie interpretazioni che scaturiscono dalla serie delle tre stampe del Du Pérac sollevano più interrogativi che spiegazioni plausibili come riferisce Federico Bellini «Questo gruppo di tre incisioni costituisce uno dei maggiori problemi della storiografia del Cinquecento. È probabile che le stampe del Dupérac rappresentino quanto il francese era riuscito a sapere del progetto portato avanti da Vignola nel marzo 1567, quando cioè il cantiere riprese con le fondazioni della cappella di San Michele. Solo la pianta è datata al 1569, ma è quasi certo che lo spaccato e la veduta le siano perfettamente contemporanei: lo si deduce dalla scala di riduzione, che a meno di una misura trascurabile è la stessa nei tre grafici; e dai caratteri delle epigrafi, che sono del pari medesimi” (cfr. Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento).

L’opera appartiene allo Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica. La lastra figura nell'Indice del Lafreri al n. 271, descritta come Pianta del detto tem¬pio di Mich. Ang.

Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella tipografia romana di Nicolas van Aelst. Altri editori che contribuirono allo Speculum furono i fratelli Michele e Francesco Tramezzino (autori di numerose lastre che confluirono in parte nella tipografia Lafreri), Tommaso Barlacchi, e Mario Cartaro, che fu l’esecutore testamentario del Lafreri, e stampò alcune lastre di derivazione. Per l’intaglio dei rami vennero chiamati a Roma e impiegati tutti i migliori incisori dell’epoca quali Nicola Beatrizet (Beatricetto), Enea Vico, Etienne Duperac, Ambrogio Brambilla e altri ancora.

Questo marasma e intreccio di editori, incisori e mercanti, il proliferare di botteghe calcografiche ed artigiani ha contribuito a creare il mito dello Speculum Romanae Magnificentiae, la più antica e importante iconografia della città eterna. Il primo studioso che ha cercato di analizzare sistematicamente la produzione a stampa delle tipografie romane del XVI secolo è stato Christian Hülsen, con il suo Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri del 1921. In epoca più recente, molto importanti sono stati gli studi di Peter Parshall (2006) Alessia Alberti (2010), Birte Rubach e Clemente Marigliani (2016). Le nostre schede sono elaborazioni ispirate principalmente da queste quattro pubblicazioni, integrate da commenti e correzioni per quanto non ci convince e ci è noto.  

Bibliografia

C. Hülsen, Das Speculum Romanae Magnificentiae des Antonio Lafreri (1921), n. 95; cfr. Peter Parshall, Antonio Lafreri's 'Speculum Romanae Magnificentiae, in “Print Quarterly”, 1 (2006); B. Rubach, Ant. Lafreri Formis Romae (2016), n. 368, III/IV; A. Alberti, L’indice di Antonio Lafrery (2010), n. A. 147, III/IV; Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento (2016), n. VIII.13; cfr. D. Woodward, Catalogue of watermarks in Italian printed maps 1540 – 1600 (1996).

Etienne DUPERAC (1525-1604)

Fu architetto, pittore, incisore, topografo .Verso il 1559 giunse a Roma ove si fermo per più di vent’anni e nel 1572 allestì l'aula per il conclave che elesse Ugo Boncompagni papa col nome di Gregorio XIII. Durante questo periodo è però segnalato più' volte in Francia: nel 1578 è a Caen; nel 1582 risulta architetto per Carlo di Lorena ed è impegnato in lavori al Louvre. In patria rientrò definitivamente nell'ultimo decennio del secolo con la nomina di architetto di Enrico IV, per il quale costrui' nel palazzo delle Tuileries il Pavillon de Fore, terminato dopo la sua morte da Giacomo II Androuet. Il Felibien lo ricorda autore di 5 dipinti di divinità marine e degli amori di Giove e Callisto, andati distrutti nel 1967, che ornavano una sala da bagno nel palazzo di Fontainebleau. La sua non secondaria attività di acuto disegnatore dall'antico, incisore e topografo, sembra svolgersi prevalentemente a Roma, la città nella quale i suoi connazionali Antonio Lafrery e Lorenzo della Vaccheria, che pubblicarono le sue opere, avevano avviato fiorenti botteghe di editoria calcografica. Di estremo interesse, benché non numerose, all'incirca un centinaio, le stampe pervenuteci, eseguite per lo più su suo disegno, e realizzate all'acquaforte con tratti che ricordano lo stile degli incisori della " scuola di Fontainebleau ": vedute, ricostruzioni di antichi monumenti, reperti archeologici, paesaggi pochi soggetti sacri, diversi soggetti mitologici, avvenimenti di cronaca. Fra le più note: un torneo svoltosi nel cortile del Belvedere in Vaticano, in occasione delle nozze tra Giacomo Altemps ed Ortensia Borromeo 1565; il frontespizio per lo " Speculum Romanae Magnificentia " ; la pianta della città di Napoli 1566; una veduta del Campidoglio e 3 immagini della Basilica di San Pietro da disegni di Michelangelo 1569; una veduta topografica di Roma antica del 1573; una veduta a volo d'uccello del palazzo e del giardino di villa d'Este a Tivoli 1573; la " Nova Urbis Romae Descriptio … " a volo d' uccello del 1577; il Giudizio Universale di Michelangelo 1578; un San Gerolamo nel deserto da Tiziano; lo " Iuditium Paridis " da Raffaello del Raimondi e Vues perspectives des jardins de Tivoli del 1582, dedicati a Maria de' Medici

Etienne DUPERAC (1525-1604)

Fu architetto, pittore, incisore, topografo .Verso il 1559 giunse a Roma ove si fermo per più di vent’anni e nel 1572 allestì l'aula per il conclave che elesse Ugo Boncompagni papa col nome di Gregorio XIII. Durante questo periodo è però segnalato più' volte in Francia: nel 1578 è a Caen; nel 1582 risulta architetto per Carlo di Lorena ed è impegnato in lavori al Louvre. In patria rientrò definitivamente nell'ultimo decennio del secolo con la nomina di architetto di Enrico IV, per il quale costrui' nel palazzo delle Tuileries il Pavillon de Fore, terminato dopo la sua morte da Giacomo II Androuet. Il Felibien lo ricorda autore di 5 dipinti di divinità marine e degli amori di Giove e Callisto, andati distrutti nel 1967, che ornavano una sala da bagno nel palazzo di Fontainebleau. La sua non secondaria attività di acuto disegnatore dall'antico, incisore e topografo, sembra svolgersi prevalentemente a Roma, la città nella quale i suoi connazionali Antonio Lafrery e Lorenzo della Vaccheria, che pubblicarono le sue opere, avevano avviato fiorenti botteghe di editoria calcografica. Di estremo interesse, benché non numerose, all'incirca un centinaio, le stampe pervenuteci, eseguite per lo più su suo disegno, e realizzate all'acquaforte con tratti che ricordano lo stile degli incisori della " scuola di Fontainebleau ": vedute, ricostruzioni di antichi monumenti, reperti archeologici, paesaggi pochi soggetti sacri, diversi soggetti mitologici, avvenimenti di cronaca. Fra le più note: un torneo svoltosi nel cortile del Belvedere in Vaticano, in occasione delle nozze tra Giacomo Altemps ed Ortensia Borromeo 1565; il frontespizio per lo " Speculum Romanae Magnificentia " ; la pianta della città di Napoli 1566; una veduta del Campidoglio e 3 immagini della Basilica di San Pietro da disegni di Michelangelo 1569; una veduta topografica di Roma antica del 1573; una veduta a volo d'uccello del palazzo e del giardino di villa d'Este a Tivoli 1573; la " Nova Urbis Romae Descriptio … " a volo d' uccello del 1577; il Giudizio Universale di Michelangelo 1578; un San Gerolamo nel deserto da Tiziano; lo " Iuditium Paridis " da Raffaello del Raimondi e Vues perspectives des jardins de Tivoli del 1582, dedicati a Maria de' Medici