San Pietro

Riferimento: S40607
Autore Antonio LAFRERI
Anno: 1570 ca.
Misure: 464 x 340 mm
Non Disponibile

Riferimento: S40607
Autore Antonio LAFRERI
Anno: 1570 ca.
Misure: 464 x 340 mm
Non Disponibile

Descrizione

Acquaforte e bulino, incisa da Etienne Duperac per l'editore Antonio Lafreri e parte dello "Speculum Romanae Magnificentiae".

Esemplare nel primo stato di tre, avanti l'indirizzo di Paolo Graziani e Pietro de Nobili (primo di due per Rubach, che non descrive la tiratura del solo Paolo Graziani, che riporta la data 1582, nota ad Alberti).

Titolo in alto „ORTHOGRAPHIA. PARTIS. EXTERIORIS TEMPLI. DIVI. PETRI IN. VATICANO // MI-CHAEL. ANGELVS. BONAROTA. INVENIT / STEPHANVS. DV PERAC. FECIT“.

L’incisione fa parte di una serie di tre lavori sulla nuova basilica vaticana: la Pianta di San Pietro (la prima ad essere realizzata), la Sezione di San Pietro, ed il Prospetto esterno di San Pietro. Nel 1546, alla morte di Antonio da Sangallo il Giovane, Michelangelo lo sostituì nella direzione della fabbrica di San Pietro, abbandonando il progetto di Sangallo e rivisitando l’idea originale del Bramante. «Nella stampa il tamburo della cupola viene raffigurato seguendo il modello e l’edificio così come fu realizzato, tranne che per il fatto di avere sopra le finestre dei timpani alternati – diversamente dal modello, ma come nell’edificio – e in asse un timpano triangolare invece che ad arco di cerchio. Come la sezione, presenta sopra i contrafforti delle statue che non compaiono né nel modello né nell’edificio». La lanterna è stata realizzata, alla fine del XVI secolo, in modo difforme a quella rappresentata nell’incisione. Del resto anche l’elevazione della curva della cupola, alla morte di Michelangelo, e dopo gli interventi di Pirro Ligorio e del Vignola, fu modificata da Giacomo Della Porta, anche se l’impostazione originaria di Michelangelo venne sostanzialmente rispettata. Ackerman osserva che «nella soluzione definitiva conservataci da Dupérac la lanterna poggiava su un alto zoccolo allo scopo di compensare il ribassamento della cupola e di far si che l’altezza totale della basilica rimanesse all’incirca uguale a quella dei primi studi: inoltre con la diminuzione in larghezza dei costoloni verso la sommità sarebbe stata conservata, per effetto di prospettiva, l’apparenza originaria del profilo rialzato». È da considerare infine che «le statue in piedi e poi alla sommità del contrafforte che fiancheggia la cupola non esistono nel modello e non compaiono in nessun’altra sua rappresentazione. Lo studio iniziale della cupola di Michelangelo conservato a Lille, comprende, tuttavia, indicazioni sommarie di sculture in piedi nell’attico esterno al di sopra dei contrafforti» (H. A. Millon - C. H. Smith). In definitiva le stampe di Du Pérac sono fatte per meravigliare e soddisfare la curiosità di un vasto pubblico verso la fabbrica di San Pietro e l’artista, a questo scopo, compie un’operazione di assemblaggio tra quanto costruito e progetti in essere. (cfr. Marigliani, n. VIII.11).

Lo “Speculum” ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri. Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori stranieri - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo "Speculum Romanae Magnificentiae". Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori.

Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva con filigrana "scudo con lettera M e stella", con margini, minimi restauri al margine superiore e all'altezza della scala miliare, per il resto in ottimo stato di conservazione.

L'opera è descritta nel cataogo Lafreri (n. 269) come „Ortografia della parte di fuori del tempio di Mich. Ang.“. Nel catalogo di Stefano Duchetti (1581, n. 9, come „s.to Pietro di fora“ (Pagani 2008a), e in quello di Pietro de’ Nobili (1584) come „San Pietro di (Guera) [fuora]“ (Lincoln 2000, S. 185).

Bibliografia
B. Rubach, Ant. Lafreri Formis Romae (2016), n. 366, I/II; A. Alberti, L’indice di Antonio Lafrery (2010), n. 101, I/III; cfr. Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento (2016), n. VIII.11;
C. Hülsen, 1921, p. 161, 93, B; J. S. Ackerman, 1968, p. 86; R. Lanciani, 1992, iv, p. 189; H. A. Millon - C. H. Smyth, 1994, pp. 663-64; C. Marigliani, 2005, p. 109; B. Jatta, 2006, Tav. iv; C. Witcombe, 2008, pp. 328, 331; A. Brodini, 2009, p. 108; V. Zanchettin, 2009, pp. 180-85; B. Barnes, 2010, p. 135; Bianchi 2006, p. 55, tav. 83.

Antonio LAFRERI (Orgelet 1512 - Roma 1577)

Antoine de Lafrery, meglio conosciuto con la forma italianizzata del nome Antonio Lafreri (1512 - 1577), era nativo di Orgelet, come riporta la sua iscrizione sepolcrale, e si trasferì a Roma intorno al 1540, dove lavorò in qualità di mercante ed editore di stampe. La sua bottega in via di Parione per quasi mezzo secolo (1544 - 1577) fu il punto di riferimento per questo tipo di commercio. Lafreri si formò nell’officina di Antonio Salamanca, un milanese che si trasferì a Roma dopo il Sacco del 1527. Già nel 1544 iniziò a pubblicare a suo nome, come dimostrano due stampe: la Colonna Traiana e Il sacrificio di Abele, che recano la sottoscrizione Ant. Lafrerij sequani formis Romae 1544. Non è dimostrabile se sia stato anche incisore, come si potrebbe dedurre da un atto notarile del 23 dicembre 1580, che parla dell’eredità quondam Antonii Lafrerii incisoris e stampatoris in Urbe; in ogni caso, questa attività fu certamente di minore rilevanza in confronto a quella primaria di commerciante e stampatore. Non è un caso, infatti, che quasi tutte le stampe a lui riconducibili siano firmate Antonii Lafrerij formis, espressione che lo qualifica editore e proprietario dei rami, ma non anche incisore. Un avvenimento fondamentale nella carriera del Lafreri è la costituzione, nel 1553, di una società con Antonio Salamanca. È indubbio che Lafreri - dotato probabilmente di maggiore carisma e spirito imprenditoriale - esercitò sempre il ruolo di leader. Alla morte del Salamanca, nel 1562, subentrò il figlio Francesco, ma il sodalizio si sciolse l’anno seguente e i rami del Salamanca furono acquistati da Lafreri per la somma di circa 3.000 scudi. L’editore continuò ad incrementare il suo commercio producendo stampe di soggetto religioso, mitologico e di antichità, ma anche carte geografiche e libri illustrati. Nella bottega al Parione vi passarono i più importanti incisori del tempo: Mario Cartaro, Nicolas Beatrizet, Enea Vico ed altri. Aveva contatti anche con altri centri editoriali: Venezia - come provano sia le richieste di privilegio al Senato, sia la presenza di suoi rami in edizioni veneziane - ma anche Siena. La sua raccolta di carte geografiche, riunita con un frontespizio dal titolo Tavole moderne di geografia, veniva assemblata da o per il singolo cliente; pertanto, le raccolte di carte geografiche lafreriane risultano, per numero, formato e tipologia di stampe, sempre diverse tra loro. Lafreri morì il 20 luglio 1577 e fu tumulato nella chiesa di San Luigi dei Francesi; non avendo lasciato disposizioni testamentarie, il suo patrimonio di rami fu diviso tra i suoi parenti più prossimi, Claudio e Stefano Duchetti, per poi essere acquistati da diversi stampatori.

Antonio LAFRERI (Orgelet 1512 - Roma 1577)

Antoine de Lafrery, meglio conosciuto con la forma italianizzata del nome Antonio Lafreri (1512 - 1577), era nativo di Orgelet, come riporta la sua iscrizione sepolcrale, e si trasferì a Roma intorno al 1540, dove lavorò in qualità di mercante ed editore di stampe. La sua bottega in via di Parione per quasi mezzo secolo (1544 - 1577) fu il punto di riferimento per questo tipo di commercio. Lafreri si formò nell’officina di Antonio Salamanca, un milanese che si trasferì a Roma dopo il Sacco del 1527. Già nel 1544 iniziò a pubblicare a suo nome, come dimostrano due stampe: la Colonna Traiana e Il sacrificio di Abele, che recano la sottoscrizione Ant. Lafrerij sequani formis Romae 1544. Non è dimostrabile se sia stato anche incisore, come si potrebbe dedurre da un atto notarile del 23 dicembre 1580, che parla dell’eredità quondam Antonii Lafrerii incisoris e stampatoris in Urbe; in ogni caso, questa attività fu certamente di minore rilevanza in confronto a quella primaria di commerciante e stampatore. Non è un caso, infatti, che quasi tutte le stampe a lui riconducibili siano firmate Antonii Lafrerij formis, espressione che lo qualifica editore e proprietario dei rami, ma non anche incisore. Un avvenimento fondamentale nella carriera del Lafreri è la costituzione, nel 1553, di una società con Antonio Salamanca. È indubbio che Lafreri - dotato probabilmente di maggiore carisma e spirito imprenditoriale - esercitò sempre il ruolo di leader. Alla morte del Salamanca, nel 1562, subentrò il figlio Francesco, ma il sodalizio si sciolse l’anno seguente e i rami del Salamanca furono acquistati da Lafreri per la somma di circa 3.000 scudi. L’editore continuò ad incrementare il suo commercio producendo stampe di soggetto religioso, mitologico e di antichità, ma anche carte geografiche e libri illustrati. Nella bottega al Parione vi passarono i più importanti incisori del tempo: Mario Cartaro, Nicolas Beatrizet, Enea Vico ed altri. Aveva contatti anche con altri centri editoriali: Venezia - come provano sia le richieste di privilegio al Senato, sia la presenza di suoi rami in edizioni veneziane - ma anche Siena. La sua raccolta di carte geografiche, riunita con un frontespizio dal titolo Tavole moderne di geografia, veniva assemblata da o per il singolo cliente; pertanto, le raccolte di carte geografiche lafreriane risultano, per numero, formato e tipologia di stampe, sempre diverse tra loro. Lafreri morì il 20 luglio 1577 e fu tumulato nella chiesa di San Luigi dei Francesi; non avendo lasciato disposizioni testamentarie, il suo patrimonio di rami fu diviso tra i suoi parenti più prossimi, Claudio e Stefano Duchetti, per poi essere acquistati da diversi stampatori.