Disegno della Seconda Macchina rappresentante il Monte Testaccio con abitazione...

Riferimento: S41818
Autore Giuseppe VASI
Anno: 1778
Misure: 380 x 505 mm
450,00 €

Riferimento: S41818
Autore Giuseppe VASI
Anno: 1778
Misure: 380 x 505 mm
450,00 €

Descrizione

Acquaforte e bulino, 1778. Da un soggetto di Giuseppe Palazzi.

Buona prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, leggere abrasioni, per il resto in buone condizioni.

Le macchine del fuoco per la festa della Chinea.

Chinea in senso letterale, era la mula bianca (o il cavallo ambiatore delle Asturie) che i Re di Spagna presentavano annualmente al papa in forma solenne per il pagamento del censo per il Regno di Napoli. Il cavallo, convenientemente ammaestrato, s'inginocchiava davanti al pontefice e gli offriva la somma di danaro contenuta in un vaso d'argento fissato alla sella.

L'offerta era preceduta da una solenne cavalcata della durata di due ore e mezza, lungo un itinerario preciso. Per rendere più solenne la cerimonia, con decreto del 12 maggio 1691 di Carlo II, si obbligavano i “grandi” di Spagna a partecipare al solenne corteo, al quale seguivano per due sere spari di macchine pirotecniche accompagnati da esecuzioni musicali, balli e rinfreschi. La chinea, per la sua regolarità, non era soltanto la festa estiva per eccellenza, ma il migliore biglietto da visita della monarchia spagnola (poi di quella napoletana) nella città eterna, l'arma propagandistica più convincente per guadagnare un consenso universale e l'appoggio politico delle altre potenze.

Le celebrazioni erano fastosissime, malgrado i problemi politici della nazione, ed il consueto ritardo nell'invio del danaro per il loro svolgimento. In occasione della festa, palazzo di Spagna e, successivamente, palazzo Colonna e palazzo Farnese, diventavano per due mesi all'anno l'atelier di inventori, pittori, disegnatori e architetti di macchine, nonché il momento di aggregazione di artificieri, fuocaroli, musicisti, fornitori e cuochi. Questi palazzi, inoltre, diventavano, per due giorni all'anno, sede dell'ambasciata straordinaria, luogo dal quale partiva la cavalcata e davanti al quale si innalzavano le « stupefacenti » macchine per i fuochi d'artificio, dove si disponevano le luminarie tenute accese le sere della vigilia e il giorno della festività dei santi Pietro e Paolo.

Risale agli inizi del Settecento la consuetudine di allestire, il 28 e 29 giugno, due sontuose macchine in piazza santissimi Apostoli (più raramente in piazza Farnese), di cui conosciamo le caratteristiche grazie alle minuziose incisioni, accompagnate da esaurienti didascalie, che vennero stampate annualmente dal 1723. Monopolizzarono la costruzione e progettazione delle macchine di questo periodo Paolo Posi, architetto camerale della Repubblica di Venezia e di casa Colonna, in collaborazione con il suo allievo, l'architetto camerale Giuseppe Palazzi, e con l'incisore Giuseppe Vasi. Posi, ultimo epigono del barocco, celebrava Ferdinando negli apparati come appassionato archeologo, e come l'entusiasta monarca favorevole al trasporto in piazza di elementi popolari sulla platea d'un sontuoso edificio destinato al divertimento pubblico.

Più che mai per tali apparati, ove l'incisore lavorò su disegni altrui, come d'altronde per spettacolari cortei o cavalcate cittadine, il Vasi è prezioso testimone ed interprete del suo tempo.

Giuseppe VASI (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)

Pittore e incisore italiano. Dopo aver completato gli studi classici, si dedicò all’arte della stampa a Palermo, probabilmente studiando presso il Collegio Carolino, fondato dai Gesuiti nel 1728, e nel quale Francesco Ciché (prima del 1707; Palermo, 1742) insegnava. Vasi era già un incisore famoso quando, nel 1736, contribuì ad illustrare La reggia in trionfo di Pietro La Placa, in cui si descrivevano le feste celebratesi a Palermo per l’incoronazione di Carlo III di Napoli (futuro Carlo III di Spagna). Lo stesso anno, Vasi si trasferì a Roma dove, in quanto proveniente dal regno di Napoli, gli venne subito offerta la protezione dell’Ambasciatore, il Cardinal Troiano Aquaviva d’Aragona (1694 - 1747). A Roma incontrò altri artisti che lavoravano per lo stesso mecenate: Sebastiano Conca, Luigi Vanvitelli e Ferdinando Fuga. È su questo sfondo che l’opera romana di Vasi, durante la sua permanenza al Palazzo Farnese, dovrebbe essere considerata: il suo monopolio come incisore dei documenti romani del monarca, le lastre per i festival della “Chinea” e gli archi trionfali eretti di fronte ai giardini del Palatino in occasione della temporale sovranità su Roma.

Giuseppe VASI (Corleone, 27 Agosto 1710 - Roma, 16 Aprile 1782)

Pittore e incisore italiano. Dopo aver completato gli studi classici, si dedicò all’arte della stampa a Palermo, probabilmente studiando presso il Collegio Carolino, fondato dai Gesuiti nel 1728, e nel quale Francesco Ciché (prima del 1707; Palermo, 1742) insegnava. Vasi era già un incisore famoso quando, nel 1736, contribuì ad illustrare La reggia in trionfo di Pietro La Placa, in cui si descrivevano le feste celebratesi a Palermo per l’incoronazione di Carlo III di Napoli (futuro Carlo III di Spagna). Lo stesso anno, Vasi si trasferì a Roma dove, in quanto proveniente dal regno di Napoli, gli venne subito offerta la protezione dell’Ambasciatore, il Cardinal Troiano Aquaviva d’Aragona (1694 - 1747). A Roma incontrò altri artisti che lavoravano per lo stesso mecenate: Sebastiano Conca, Luigi Vanvitelli e Ferdinando Fuga. È su questo sfondo che l’opera romana di Vasi, durante la sua permanenza al Palazzo Farnese, dovrebbe essere considerata: il suo monopolio come incisore dei documenti romani del monarca, le lastre per i festival della “Chinea” e gli archi trionfali eretti di fronte ai giardini del Palatino in occasione della temporale sovranità su Roma.