Fiorenza

Riferimento: S9557
Autore Francesco VALEGIO
Anno: 1585 ca.
Zona: Firenze
Luogo di Stampa: Venezia
Misure: 127 x 84 mm
300,00 €

Riferimento: S9557
Autore Francesco VALEGIO
Anno: 1585 ca.
Zona: Firenze
Luogo di Stampa: Venezia
Misure: 127 x 84 mm
300,00 €

Descrizione

Veduta di Firenze Monte Oliveto basata sul modello introdotto da Francesco Rosselli verso la fine del XV secolo., la cosiddetta Veduta della CatenaVeduta tratta dalla serie La Raccolta di le piu illustri et famose citta di tutto il mondo, edita da Francesco Valegio a Venezia verso la fine del’ 500, che comprende circa 322 piante e vedute delle principali città del mondo conosciuto.

Di questo volume, si conservano diversi esemplari, tutti con numero variabile di incisioni e privi di un indice a stampa. Inoltre, gran parte delle tavole contenute nella raccolta del Valegio furono inserite nella Nuova raccolta di tutte le più illustri et famose città di tutto il mondo, curata da Donato Rasciotti, edita alla fine del sedicesimo secolo. Tuttavia, è persino incerto quale delle due raccolte venne per prima alla luce ed ignote sono le datazioni di tutte le tirature conosciute.

Francesco Valegio nasce a Bologna circa nel 1560, anche se alcuni studiosi gli accreditano un’origine veronese; la sua attività di incisore ed editore calcografo si svolge tutta a Venezia, spesso in associazione con altri stampatori. Le tavole che compaiono nelle Raccolta, che senza dubbio possiamo considerare come la sua opera più importante, sono tutte prive di data, ad eccezione di quelle di Algeri, Costantinopoli e Rodi, firmate da Martino Rota, datate 1572.

Le piante e le vedute firmate dal Rota, incisore nativo di Sebenico e attivo a Venezia fino al 1573, costituiscono, senza dubbio, il nucleo più antico dell’opera e fanno ritenere che questa sia stata un progetto editoriale iniziato proprio dall’incisore dalmata. In un primo momento, la presenza di queste tavole aveva portato a datare l’opera al 1579, data che sembra tuttavia molto improbabile.

Molte delle immagini riprendono modelli figurativi apparsi nei primi volumi del Civitates Orbis Terrarum, editi tra il 1572 ed il 1588 (e successivamente ristampati sino al 1617) dai cartografi Georg Braun e Franz Hogenberg. Pertanto, è molto più plausibile che il Valegio iniziò verso il 1580 ad osservare le tavole incise da Martino Rota, per poi ampliare e pubblicare la raccolta, nell’ultimo ventennio del secolo. Dell’intero corpus di incisioni che compongono l’opera, 112 recano la firma o la sigla del Valegio, altrettante sono assimilabili alla mano dello stesso, mentre 69 sono ascrivibili ad altro artista, non identificato.

 

La Raccolta ebbe un grande successo, tanto che fu la base di diverse copie nei secoli successivi. I rami del Valegio furono in seguito ristampati da Raffaello Savonarola (Lasor a Varea) nel Universus Terrarum Orbis del 1713. Il gruppo di 52 tavole riguardanti la penisola, che di seguito presentiamo, costituisce l’intero corpus di immagini dell’Italia, ad eccezione delle piante di Ascoli e Ferrara, mancanti; un elemento particolare, che caratterizza i fogli, è la presenza di un numero progressivo (da 1 a 60) ad inchiostro antico, posto nel margine bianco superiore. Pertanto, si può supporre che questi esemplari provengano dalla Raccolta delle più famose Città di Italia, che il Valegio creò alterando semplicemente il frontespizio della precedente pubblicazione.

“La cosiddetta Veduta della Catena, è la prima rappresentazione conosciuta di una intera città, risultato non di una proiezione fantasiosa, ma di una costruzione che, basata sull’osservazione diretta dal vero, si avvale anche della prospettiva. Questa grande silografia, come ha dimostrato Hülsen, deriva dall’opera originale a bulino, su sei lastre di rame, attribuita a Francesco Rosselli, di cui oggi è conservato solo un frammento, raffigurante la campagna in direzione di Fiesole. La copia silografica, attribuita già da Kristeller a Luca Antonio degli Uberti è conservata presso il Gabinetto delle Stampe di Berlino. La silografia con ogni probabilità è stata realizzata nella prima decade del XVI secolo a Venezia, come indicato dal tratteggio a linee parallele nelle zone d’ombra, che si utilizza solo nella prima decade del sec. XVI. Rispetto al modello fiorentino, Lucantonio degli Uberti introduce due elementi innovativi: la figura dell’artista disegnatore, in basso a destra, e il motivo decorativo della catena, chiusa in alto a sinistra da un lucchetto – di qui la denominazione Veduta della Catena - per cui sono state fornite diverse interpretazioni. Il punto di osservazione principale è da sud-ovest, in corrispondenza del campanile della chiesa di Monte Oliveto, ed è stato rialzato per dare maggiore leggibilità alle emergenze architettoniche e al tessuto urbano. Nella veduta l’asse centrale verticale viene fatto coincidere con l’asse della cupola di Santa Maria del Fiore che, simbolo religioso e civile della città, diventa così elemento principale e punto costante di riferimento nella rappresentazione della città stessa. La veduta crea un campo spaziale continuo che non solo mostra gli edifici, ma anche gli spazi aperti, le piazze e anche il corso delle strade di recente realizzazione, e non ancora chiuse dagli edifici che saranno costruiti lungo i loro lati. I monumenti della città sono quindi disposti nella pianta in modo da riflettere le reali relazioni tra di loro. Fuori dalle mura della città, l’immagine restituisce le principali caratteristiche del paesaggio naturale: vista da sud-est, la pianta mostra la città delimitata a nord dalla parete naturale degli Appenini; la valle del Mugnone, attraverso la quale passa la strada che collega la città a Bologna, crea una spettacolare apertura tra le montagne nell’angolo superiore a sinistra. Fiesole e S. Domenico sono rappresentate con un gruppo di edifici sormontati dal toponimo. Il convento di S. Miniato e di S. Francesco segnano le vette che dominano la città da sud. L’Arno attraversa diagonalmente l’immagine tagliando la città in due parti. Dunque, la rappresentazione del paesaggio non è né evocativo né poetico. Questa rappresentazione senza soluzione di continuità tra la città, fulcro dell’immagine, e il paesaggio, risponde sia alla realtà politica, in quanto i territori rappresentati appartengono di fatto allo Stato fiorentino, sia ad un’ambizione pittorica: sia la città che il paesaggio circostante sono concepiti come uno spazio topografico unitario. La veduta riporta il titolo FIORENZA, variante poetica del toponimo che, come sottolinea David Friedman, fa allusione ai concetti di “fiore” e di “fioritura” e viene usata con intento celebrativo, collegata ai concetti di pace e prosperità” (cfr. Bifolco-Ronca, Cartografia e Topografia Italiana del XVI secolo, pp. 2148-2149)

Incisione al bulino, con margini, in ottimo stato di conservazione. Molto rara.

Francesco VALEGIO (1570 ca. – 1643 ca.)

Francesco Valegio incisore e stampatore, attivo tra il 1570 e il 1643 ca., secondo il Gori Gambellini, sarebbe nato a Bologna nel 1560, mentre il Salsi, riprendendo lo studio dello Zari, ne convalida l’origine veronese; anche per quanto riguarda la data della sua morte, che pare sia avvenuta a Verona intorno al 1641 – 1643 circa ( U. Thieme – F. Becker). La sua attività di incisore e stampatore si svolse prevalentemente a Venezia, spesso in collaborazione con altri stampatori tra cui Catarino Dorino (o Doino) con il quale ripubblicò la Pianta di Venezia di Franco del 1574 ed una pianta di Vicenza del 1611. Inoltre va ricordata una carta del ducato di Savoia, dapprima edita da Ferrante Bertelli nel 1562, che ebbe una successiva edizione modificandone la data al 1600 e con gli execudit di Donato Rasicotti e Francesco Valegio. Con l’esempio di questa e di altre stampe, in particolare di carte geografiche, l’Almagià sosteneva che il Valegio avesse messo in commercio un gran numero di riproduzioni e di contraffazioni di lavori di altri incisori. L’opera cartografica più impegnativa del Valegio è la “Raccolta di le più illustri et famose città di tutto il mondo”, le tavole presenti nella corpus sono prive di data, ad eccezione di Algeri, Costantinopoli e Rodi firmate da Martino Rota di Sebenico, dove compare l’anno 1572. Le piante e le vedute che presentano la firma del Rota costituiscono il nucleo più antico della raccolta e fanno desumere che il progetto editoriale probabilmente sia stato avviato dall’incisore agli inizi degli anni’70 del XVI secolo e lascito incompiuto a seguito nel 1573 del suo trasferimento a Vienna come ritrattista di corte. La presenza di tali carte ha portato a datare l’opera al 1579. Tuttavia, una data così anticipata riferita all’intera raccolta, sembrerebbe molto improbabile, in quanto andrebbe a contrastare i dati biografici del Valegio ( in quella data avrebbe avuto poco più di 15 anni a voler seguire lo studio del Salsi) e inoltre molte delle immagini sono influenzate da modelli figurativi presenti nei primi volumi delle Civitates Orbis Terrarum, di Georg Braun e Frans Hogenberg, edita tra il 1572 ed il 1588. Nell’intera raccolta di incisioni, precisamente 112 recano la firma o le sigle del Valegio, a cui si può senza alcuno dubbio attribuirsi la paternità dell’intera opera. L’ampliamento del numero delle immagini, da 270 a 322, il netto cambiamento della mano e delle qualità artistiche dell’incisione, le dimensioni variabili degli esemplari, portano a pensare che il volume abbia avuto una gestazione lunga e articolata. Le copie presenti a Roma, Firenze e Londra si compongono di un numero variabile di tavole tra 234 e 250 e contengono tutte e tre gli esemplari le 112 carte firmate dal Valegio. Le immagini facenti parte di queste raccolte costituiscono il più antico nucleo della Raccolta per il quale venne inciso il noto frontespizio. Negli anni che seguirono furono incise da tutt’altra mano, molto più grossolana e imprecisa, 69 piante e vedute che si distinguono dalla precedente serie per una differente impaginazione, tutte recano nella parte bassa una striscia bianca (18 mm) nella quale spesso, ma non sempre compaiono titoli e descrizioni riguardanti la città rappresentata nell’immagine. Le copie che presentano queste caratteristiche sono quelle conservate a Venezia, Firenze e Washington. In epoca difficile da precisare, ma sicuramente da collocarsi prima dell’edizione curata dal Rasicotti, il Valegio mette in circolazione un nuovo frontespizio, recante il titolo Raccolta dile più famose Città di Italia ,indirizzata questa volta al solo mercato locale, in quante la raccolta raccoglie solo vedute di città italiane. L’ esemplare completo di tutte le immagini viene messo in commercio successivamente dallo stampatore di origine veneziana Donato Rasciotti, editore di altre piante di città alla fine del XVI secolo. In una pianta del 1599, raffigurante Brescia, si firma “in Venetia per Donato Rasciotti al ponte dei Barettari”, mentre nel Teatro delle piu illustri et famose città del mondo ha come indirizzo “A Venetia Al ponte di Bare.ri” I rami originali di Francesco Velegio ebbero una lunga vita e li troveremo stampati, ancora nel 1713, nell’opera di Raffaello Savonarola ( noto anche come Alfonsus Lasor A Varea, 1680 -1748) Universus Terrarum Orbis. Il Valegio rappresenta una figura molto significativa nell’orizzonte editoriale calcografico della città lagunare a cavallo tra i due secoli. Secondo il Salsi, la critica è stata fortemente orientata ad un giudizio strettamente estetico, che per lungo tempo ha trascurato “la multiforme ed eclettica attività di questa interessante figura di incisore ed editore calcografico”.

Francesco VALEGIO (1570 ca. – 1643 ca.)

Francesco Valegio incisore e stampatore, attivo tra il 1570 e il 1643 ca., secondo il Gori Gambellini, sarebbe nato a Bologna nel 1560, mentre il Salsi, riprendendo lo studio dello Zari, ne convalida l’origine veronese; anche per quanto riguarda la data della sua morte, che pare sia avvenuta a Verona intorno al 1641 – 1643 circa ( U. Thieme – F. Becker). La sua attività di incisore e stampatore si svolse prevalentemente a Venezia, spesso in collaborazione con altri stampatori tra cui Catarino Dorino (o Doino) con il quale ripubblicò la Pianta di Venezia di Franco del 1574 ed una pianta di Vicenza del 1611. Inoltre va ricordata una carta del ducato di Savoia, dapprima edita da Ferrante Bertelli nel 1562, che ebbe una successiva edizione modificandone la data al 1600 e con gli execudit di Donato Rasicotti e Francesco Valegio. Con l’esempio di questa e di altre stampe, in particolare di carte geografiche, l’Almagià sosteneva che il Valegio avesse messo in commercio un gran numero di riproduzioni e di contraffazioni di lavori di altri incisori. L’opera cartografica più impegnativa del Valegio è la “Raccolta di le più illustri et famose città di tutto il mondo”, le tavole presenti nella corpus sono prive di data, ad eccezione di Algeri, Costantinopoli e Rodi firmate da Martino Rota di Sebenico, dove compare l’anno 1572. Le piante e le vedute che presentano la firma del Rota costituiscono il nucleo più antico della raccolta e fanno desumere che il progetto editoriale probabilmente sia stato avviato dall’incisore agli inizi degli anni’70 del XVI secolo e lascito incompiuto a seguito nel 1573 del suo trasferimento a Vienna come ritrattista di corte. La presenza di tali carte ha portato a datare l’opera al 1579. Tuttavia, una data così anticipata riferita all’intera raccolta, sembrerebbe molto improbabile, in quanto andrebbe a contrastare i dati biografici del Valegio ( in quella data avrebbe avuto poco più di 15 anni a voler seguire lo studio del Salsi) e inoltre molte delle immagini sono influenzate da modelli figurativi presenti nei primi volumi delle Civitates Orbis Terrarum, di Georg Braun e Frans Hogenberg, edita tra il 1572 ed il 1588. Nell’intera raccolta di incisioni, precisamente 112 recano la firma o le sigle del Valegio, a cui si può senza alcuno dubbio attribuirsi la paternità dell’intera opera. L’ampliamento del numero delle immagini, da 270 a 322, il netto cambiamento della mano e delle qualità artistiche dell’incisione, le dimensioni variabili degli esemplari, portano a pensare che il volume abbia avuto una gestazione lunga e articolata. Le copie presenti a Roma, Firenze e Londra si compongono di un numero variabile di tavole tra 234 e 250 e contengono tutte e tre gli esemplari le 112 carte firmate dal Valegio. Le immagini facenti parte di queste raccolte costituiscono il più antico nucleo della Raccolta per il quale venne inciso il noto frontespizio. Negli anni che seguirono furono incise da tutt’altra mano, molto più grossolana e imprecisa, 69 piante e vedute che si distinguono dalla precedente serie per una differente impaginazione, tutte recano nella parte bassa una striscia bianca (18 mm) nella quale spesso, ma non sempre compaiono titoli e descrizioni riguardanti la città rappresentata nell’immagine. Le copie che presentano queste caratteristiche sono quelle conservate a Venezia, Firenze e Washington. In epoca difficile da precisare, ma sicuramente da collocarsi prima dell’edizione curata dal Rasicotti, il Valegio mette in circolazione un nuovo frontespizio, recante il titolo Raccolta dile più famose Città di Italia ,indirizzata questa volta al solo mercato locale, in quante la raccolta raccoglie solo vedute di città italiane. L’ esemplare completo di tutte le immagini viene messo in commercio successivamente dallo stampatore di origine veneziana Donato Rasciotti, editore di altre piante di città alla fine del XVI secolo. In una pianta del 1599, raffigurante Brescia, si firma “in Venetia per Donato Rasciotti al ponte dei Barettari”, mentre nel Teatro delle piu illustri et famose città del mondo ha come indirizzo “A Venetia Al ponte di Bare.ri” I rami originali di Francesco Velegio ebbero una lunga vita e li troveremo stampati, ancora nel 1713, nell’opera di Raffaello Savonarola ( noto anche come Alfonsus Lasor A Varea, 1680 -1748) Universus Terrarum Orbis. Il Valegio rappresenta una figura molto significativa nell’orizzonte editoriale calcografico della città lagunare a cavallo tra i due secoli. Secondo il Salsi, la critica è stata fortemente orientata ad un giudizio strettamente estetico, che per lungo tempo ha trascurato “la multiforme ed eclettica attività di questa interessante figura di incisore ed editore calcografico”.