Latium Campania et Samnium

Riferimento: CO-069
Autore Tipografia del Seminario Vescovile
Anno: 1696 ca.
Zona: Lazio, Campania
Luogo di Stampa: Padova
Misure: 660 x 490 mm
550,00 €

Riferimento: CO-069
Autore Tipografia del Seminario Vescovile
Anno: 1696 ca.
Zona: Lazio, Campania
Luogo di Stampa: Padova
Misure: 660 x 490 mm
550,00 €

Descrizione

Carta storico/geografica tratta dall'atlante della Tipografia del Seminario Vescovile di Padova.

L’atlante pubblicato dalla Tipografia del Seminario Vescovile di Padova era destinato a integrare lo studio della storia antica, della letteratura e della Bibbia. Le carte sono tratte da Guillaume Sanson (1633-1703), Nicholas Sanson (1600-1667), Abraham Ortelius (1527 1598), Pierre Du Val (1619-1683) e Philippe Cluver (1580-1622). La prima parte comprendeva le illustrazioni della Geografia di Clüver, la Terra Santa, gli antichi patriarcati e vescovati e la storia romana.

Il seminario e la famosa biblioteca furono rinvigoriti dall'arrivo del cardinale Gregorio Barbarigo (1625-1697), vescovo di Padova, nel 1664. Egli trasferì il seminario nell'ex monastero di Vanzo, migliorandolo e promuovendo lo studio del latino e del greco; riorganizzò il piano di studi e, nel 1684, istituì accanto al seminario una tipografia per la stampa di opere erudite e classiche, oltre che ecclesiastiche. Il torchio era dotato di caratteri greci, arabi, siriani, armeni e persiani e stampava opuscoli per i cristiani che vivevano in aree musulmane.

Acquaforte, in ottimo stato di conservazione. Rara.

Bibliografia
Phillips 5644; 
M. CALLEGARI., Dal torchio del tipografo al banco del libraio. Stampatori, editori e librai a Padova dal XV al XVIII secolo (“Quaderni dell’artigianato padovano”, n. 4), Padova, Il Prato 2002, p. 73-95.

Tipografia del Seminario Vescovile (XVII - XVIII secolo)

La Tipografia del Seminario venne istituita nel 1684, per volontà del cardinale Gregorio Barbarigo, vescovo di Padova, e nel corso del Settecento fu una delle realtà editoriali più importanti dell’intero stato della Repubblica di Venezia. La decisione del Barbarigo fu una diretta conseguenza della riforma degli studi operata all’interno del Seminario a partire dal 1678, volta alla preparazione dei futuri sacerdoti della diocesi padovana nelle lingue semite – in particolar modo arabo ed ebraico – oltre che nel greco, in modo da poter essere pronti anche come missionari da inviare nel vicino Oriente e nell’Europa balcanica. Sul mercato librario veneto non vi erano però testi adatti allo studio di tali lingue e quindi già nel 1681 il cardinale si vide costretto a far stampare a Venezia una grammatica elementare di lingua ebraica. Insoddisfatto del risultato, il Barbarigo si risolse a fondare una propria stamperia e, grazie al dono di matrici e punzoni di caratteri da stampa in greco, ebraico arabo e di altre lingue semite da parte del Granduca di Toscana Cosimo III, del duca Borromeo presidente della Biblioteca Ambrosiana di Milano e del cardinale Girolamo Casanate della Tipografia della Propaganda Fide di Roma, fu in grado di avviare l’attività in breve tempo. Durante il periodo in cui il Barbarigo detenne di fatto la direzione della stamperia in prima persona, ossia fino alla sua morte avvenuta nel 1697, la produzione si basò soprattutto sui testi per la scuola interna del Seminario, su opere per conto terzi e, a partire dal 1690, sui cosiddetti “rossi e neri”, ovvero libri liturgici, che venivano stampati usando inchiostro dei due colori e la cui vendita si rivelò essere molto redditizia. A partire dall’anno 1700 il nuovo vescovo Giorgio Corner stipulò un contratto con un giovane libraio veneziano matricolato all’arte, Giovanni Manfrè, che divenne unico agente della tipografia padovana operante sulla piazza lagunare. Grazie alla bravura del Manfrè e alla capacità produttiva della tipografia, nel giro di pochi anni l’azienda divenne una delle più importanti dell’intera penisola italiana, diffondendo le proprie stampe fino alla penisola iberica. A Giovanni Manfrè successe nel 1743 il figlio Marcantonio, che continuò la politica di successo del padre senza apprezzabili mutamenti, ma nel 1785 i rapporti commerciali tra le due parti ebbero fine. Il Seminario di Padova formò quindi una società al 50% con la ditta veneziana formata da Giulio Foresti e da Nicolò Bettinelli, società che venne sciolta nel 1809. In questo periodo – precisamente tra il 1783 e il 1817 – vide la luce la più importante e impegnativa edizione dell’intera storia della Tipografia del Seminario, ossia l’Encyclopédie méthodique, che insieme al Lexicon del Forcellini, più volte riedito e aggiornato, diedero chiara fama ai torchi padovani. Dopo il tentativo operato da Giuseppe Furlanetto di pubblicare una collana denominata “Collezione de’ Classici latini”, che però tra il 1813 e il 1819 vide l’uscita di soli 17 volumi, l’attività della Tipografia del Seminario non uscì più dall’ambito del territorio diocesano, in quanto erano stati interrotti i contatti commerciali con la grande distribuzione libraria ed editoriale. Nonostante tali limitazioni i torchi proseguirono ininterrottamente nel loro lavoro fino al 1938.

Tipografia del Seminario Vescovile (XVII - XVIII secolo)

La Tipografia del Seminario venne istituita nel 1684, per volontà del cardinale Gregorio Barbarigo, vescovo di Padova, e nel corso del Settecento fu una delle realtà editoriali più importanti dell’intero stato della Repubblica di Venezia. La decisione del Barbarigo fu una diretta conseguenza della riforma degli studi operata all’interno del Seminario a partire dal 1678, volta alla preparazione dei futuri sacerdoti della diocesi padovana nelle lingue semite – in particolar modo arabo ed ebraico – oltre che nel greco, in modo da poter essere pronti anche come missionari da inviare nel vicino Oriente e nell’Europa balcanica. Sul mercato librario veneto non vi erano però testi adatti allo studio di tali lingue e quindi già nel 1681 il cardinale si vide costretto a far stampare a Venezia una grammatica elementare di lingua ebraica. Insoddisfatto del risultato, il Barbarigo si risolse a fondare una propria stamperia e, grazie al dono di matrici e punzoni di caratteri da stampa in greco, ebraico arabo e di altre lingue semite da parte del Granduca di Toscana Cosimo III, del duca Borromeo presidente della Biblioteca Ambrosiana di Milano e del cardinale Girolamo Casanate della Tipografia della Propaganda Fide di Roma, fu in grado di avviare l’attività in breve tempo. Durante il periodo in cui il Barbarigo detenne di fatto la direzione della stamperia in prima persona, ossia fino alla sua morte avvenuta nel 1697, la produzione si basò soprattutto sui testi per la scuola interna del Seminario, su opere per conto terzi e, a partire dal 1690, sui cosiddetti “rossi e neri”, ovvero libri liturgici, che venivano stampati usando inchiostro dei due colori e la cui vendita si rivelò essere molto redditizia. A partire dall’anno 1700 il nuovo vescovo Giorgio Corner stipulò un contratto con un giovane libraio veneziano matricolato all’arte, Giovanni Manfrè, che divenne unico agente della tipografia padovana operante sulla piazza lagunare. Grazie alla bravura del Manfrè e alla capacità produttiva della tipografia, nel giro di pochi anni l’azienda divenne una delle più importanti dell’intera penisola italiana, diffondendo le proprie stampe fino alla penisola iberica. A Giovanni Manfrè successe nel 1743 il figlio Marcantonio, che continuò la politica di successo del padre senza apprezzabili mutamenti, ma nel 1785 i rapporti commerciali tra le due parti ebbero fine. Il Seminario di Padova formò quindi una società al 50% con la ditta veneziana formata da Giulio Foresti e da Nicolò Bettinelli, società che venne sciolta nel 1809. In questo periodo – precisamente tra il 1783 e il 1817 – vide la luce la più importante e impegnativa edizione dell’intera storia della Tipografia del Seminario, ossia l’Encyclopédie méthodique, che insieme al Lexicon del Forcellini, più volte riedito e aggiornato, diedero chiara fama ai torchi padovani. Dopo il tentativo operato da Giuseppe Furlanetto di pubblicare una collana denominata “Collezione de’ Classici latini”, che però tra il 1813 e il 1819 vide l’uscita di soli 17 volumi, l’attività della Tipografia del Seminario non uscì più dall’ambito del territorio diocesano, in quanto erano stati interrotti i contatti commerciali con la grande distribuzione libraria ed editoriale. Nonostante tali limitazioni i torchi proseguirono ininterrottamente nel loro lavoro fino al 1938.