Carro trionfale di Massimiliano I

Riferimento: s42513
Autore Albrecht DURER
Anno: 1522 ca.
Misure: 2280 x 450 mm
Non Disponibile

Riferimento: s42513
Autore Albrecht DURER
Anno: 1522 ca.
Misure: 2280 x 450 mm
Non Disponibile

Descrizione

Xilografia, non monogrammata, datata 1522 ma probabilmente completata nel 1518.

L'intera immagine è stampata da otto blocchi separati.

Uno scambio di lettere tra Willibald Pirckheimer e l'imperatore Massimiliano I nel corso del 1518 documenta il desiderio e il piano dettagliato di quest'ultimo di pubblicare un grande e allegorico "corteo trionfale" che potesse abbellire le pareti delle sale del consiglio e delle grandi sale dell'impero, proclamando ai posteri i nobili obiettivi del loro ultimo sovrano. Di questo grande corteo cartaceo, il carro dell'imperatore era solo una parte, affidata a Dürer, mentre altri carri, carri mobili e portabandiera furono assegnati a diversi altri artisti, tra cui Hans Burgkmair; Leonhard Beck, Erhard Schön, Hans Schäufelein e Hans Springklee. L'imperatore morì prima che fosse completato. Dobbiamo supporre che la parte di Dürer fosse quasi completa nel 1518, anche se i blocchi portano la data 1522, quando furono pubblicati, apparentemente senza autorizzazione, ma senza dubbio per recuperare parte dell'esborso di tempo e spese. Quando l'intero corteo trionfale fu finalmente pubblicato, la parte di Dürer fu omessa, presumibilmente perché l'arciduca Ferdinando, nipote di Massimiliano, che aveva pagato per la sua pubblicazione, era irritato per l'azione unilaterale di Dürer. Il testo esplicativo per questo carro è stato scritto da Pirckheimer:

Il Carro d'Onore o Trionfo, qui raffigurato, fu inventato su ordine del più illustre e potente signore, l'imperatore Massimiliano, ora deceduto. Fu eseguito da Albrecht Dürer per compiacere umilmente il potente imperatore Carlo, ora regnante. In primo luogo, perché Sua Maestà Imperiale supera tutti i re e principi in gloria, onore, magnificenza e dignità, il carro in cui Sua Maestà cavalca è sostenuto da quattro ruote d'onore. A causa della sua eccellenza queste sono chiamate "Gloria", "Magnificentia", "Dignitas" e "Honor". In seguito, le quattro virtù angeliche, Justicia, Fortitudo, Prudentia e Temperentia sono poste su quattro piedistalli sul carro. Da queste scaturiscono tutte le altre virtù senza le quali né re né signore possono essere, né vogliono essere. Non durerà nessun impero che soffra di mancanza di carattere, di ragione e di modestia. Queste quattro virtù sono correlate e non possono essere separate. Se manca una virtù, le altre sono imperfette. Allo stesso modo le virtù ausiliarie che scaturiscono da queste quattro sono interconnesse e fuse l'una all'altra. Poiché la Giustizia richiede la Verità, essa tiene la corona della Verità nella mano sinistra, che viene toccata dalla mano destra a significare la Temperanza. Dove non c'è Verità non può esserci Giustizia. Anche la Temperanza separata dalla verità non può essere chiamata temperanza. La mano destra della Giustizia tocca la corona di Clemenza. Questo per mostrare che la Giustizia non deve essere troppo severa ma dovrebbe essere temperata con la clemenza. La corona di equità è legata alla prima, perché la Giustizia non dovrebbe essere né troppo mite né troppo severa, ma equa e coerente. Senza tale giustizia di equità non può essere sostenuta. 

Una prova di stampa del solo primo foglio con l'imperatore incoronato dalla Vittoria, si trova al British Museum.

Il nostro esemplare è della quinta edizione dell’opera, con testo latino e la data 1589; viene pubblicata dall’editore tedesco Jacobus Chinig a Venezia. Sotto la data originaria si legge l’imprint: Anno autem Domini M.D.LXXXIX. Iacobus Kinig Germanus, tabulas hasce ad haeredibus Alberti Durerii aere proprio emptas, iterum Venetis divulgandas curavit.

Il fatto che, in quel periodo, le matrici lignee del Dürer si trovassero in Italia non sorprende minimamente: è risaputo, infatti, che a Venezia vivesse una cospicua comunità tedesca di artisti conosciuta come Fondaco dei Tedeschi, con la quale il Dürer stesso aveva in passato collaborato. Inoltre, il Doge, verso la metà del XVI secolo, istituì una sorta di privilegio che tutelava i diritti di stampa, permettendo un rapido sviluppo delle botteghe calcografiche e rendendo la città, insieme a Roma, il centro internazionale delle opere grafiche. È assai probabile che dalla Germania fossero pervenuti, oltre alle matrici lignee, un certo quantitativo di fogli di carta, e che l’editore abbia utilizzato fogli misti per la stampa delle matrici.

Il nostro esemplare reca sia la filigrana “scudo con iniziali S e G”, (Meder 338) che la “luna crescente nel cerchio” (Meder 50) riscontrate dai repertori come tipiche delle due prime edizioni della tiratura veneziana di Chinig, che il Briquet identifica come carta veneta della seconda metà del XVI secolo. Si tratta di un esemplare omogeno sia nella tiratura che nella carta, che appare identica a parte la filigrana.

Di questa quinta edizione sono noti esemplari nelle biblioteche o raccolte di Basilea, Berlino, British Museum, Weimar, Vienna, Zurigo e alla Library of Congress (mancante di parte del testo).

Confrontando i rari esemplari presenti nelle collezioni pubbliche e musei possiamo riscontrare che la maggior parte di queste sia stata in passato conservata in album, più volte ripiegata, come il nostro esemplare. Ad esempio, i due esemplari del British Museum sono conservati in album, mentre gli esemplari al Metropolitan Museum e alla New York Public Library hanno subito un restauro conservativo che dimostra come provenissero da album di collezione; inoltre, l’esemplare alla National Gallery of Art (Rosenwald Collection) è unito e conservato in album. La qualità dell’impressione di questo esemplare è notevole, rispetto a quelle personalmente consultate nei principali musei.

Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva, minimi difetti nelle pieghe, per il resto in ottimo stato di conservazione.

Magnifico esemplare di questa grandiosa opera silografica.

Bibliografia

Bartsch, 139; Dogson (1903), p. 339, n. 145d: Heinecke, p. 202, n. 8; Heller, n. 1912; Hind, 252; Meder 252; Passavant, v. 3, p. 170 n. 139; Strauss (1980), pp. 536-539, n. 188: TIB (Strauss), 1001.339, pp. 421-422.

Albrecht DURER (Norimberga 1471 - 1528)

Pittore, disegnatore, incisore e teorico dell'arte tedesco (Norimberga 1471-1528). Figlio dell'orafo magiaro Albrecht il Vecchio, fu apprendista nella bottega paterna dal 1483 al 1486; poi studiò presso Michael Wolgemut, il maggior pittore e xilografo di Norimberga. Nel 1490 Dürer iniziò un lungo viaggio nelle terre tedesche; nel 1492 soggiornò a Colmar, poi fu a Basilea e a Strasburgo (1493). Lavorando di volta in volta nei luoghi dove soggiornava, Dürer si fece un nome anche come xilografo. Nel 1494 tornò a Norimberga (dove sposò Agnes Frey), e ripartì subito dopo per Venezia. Stabilitosi in patria nel 1495, vi aprì una bottega fiorentissima e un anno dopo ebbe inizio il lungo sodalizio con il grande elettore di Sassonia Federico il Saggio. Negli anni 1505-07 fu ancora a Venezia: già celebre, soprattutto per le sue incisioni, fu al centro della raffinata società di nobili, artisti e umanisti della Serenissima. Tornato a Norimberga ebbe la protezione di Massimiliano I, lavorando specialmente come xilografo, fino al 1519, anno della morte dell'imperatore. A Norimberga continuò la sua attività, sebbene a ritmo meno serrato per il fisico indebolito da una grave malattia, occupandosi inoltre fino alla morte della pubblicazione delle sue opere teoriche. Nelle primissime opere sono già realizzati pienamente quei caratteri di acuta penetrazione psicologica e di trasfigurato realismo che saranno costanti nella sua opera. Il primo viaggio a Venezia (1494-95), con puntate anche a Padova e a Mantova, fu fondamentale per il completamento della sua formazione, che si arricchì del plastico monumentalismo di Mantegna e delle armonie classiche del Pollaiolo e di Giovanni Bellini. Nel 1498 Dürer illustrò l'Apocalisse con 15 xilografie che rappresentano uno dei massimi capolavori dell'arte tedesca. Tra queste tavole: S. Giovanni davanti a Dio e ai vegliardi, i Quattro Cavalieri, il S. Michele. La popolarità e la larga diffusione che ebbe l'Apocalisse toccò anche alle xilografie eseguite per altri cicli religiosi: la Grande Passione (iniziata 1500, edita 1511, di cui si ricorda l'Ecce Homo), la Piccola Passione (1509-11), la Vita della Vergine (1500-11, comprendente la famosa tavola con il Riposo durante la fuga in Egitto), nei quali è evidente il proposito di una nuova interpretazione del Vangelo. In questi stessi anni Dürer eseguì numerose pale d'altare (spesso con aiuti di bottega), creando capolavori in cui lo spazio prospettico, i colori di smalto, il senso della quotidianità del divino sono le caratteristiche essenziali.Il secondo viaggio a Venezia gli pose problemi più specificamente coloristici, stimolati dal contatto con Giorgione e Tiziano. Rivolse inoltre la sua attenzione al nudo classico vitruviano (incisione con Adamo ed Eva, 1504), ma si sciolse dalle rigidezze canoniche, per un ideale di bellezza tutta umana, con le tavole a olio a grandezza naturale dell'Adamo ed Eva del Prado (1507). Ben presto tornò però a esprimersi con l'incisione, realizzando le sue 3 opere più note: Cavaliere, la Morte e il Diavolo (1513), S. Girolamo nello studio (1514), Melencolia I (1514). Nell'ultimo periodo di vita si occupò principalmente della pubblicazione dei suoi scritti teorici, arricchiti da disegni scientifici: il trattato di geometria (1525); il trattato sulle fortificazioni (1527); il trattato sulle proporzioni (1528). Con essi, oltre alla divulgazione dei principi matematici che erano alla base dell'arte rinascimentale italiana, Dürer si proponeva di trasmettere le conclusioni cui era giunto in merito alla creazione artistica: in un vero artista, al Brauch, l'abilità tecnica, doveva accompagnarsi la Kunst, la capacità intellettuale di teorizzare e realizzare i principi generali dell'arte, concetto strettamente connesso alla figura dell'artista umanista e gentiluomo.

Albrecht DURER (Norimberga 1471 - 1528)

Pittore, disegnatore, incisore e teorico dell'arte tedesco (Norimberga 1471-1528). Figlio dell'orafo magiaro Albrecht il Vecchio, fu apprendista nella bottega paterna dal 1483 al 1486; poi studiò presso Michael Wolgemut, il maggior pittore e xilografo di Norimberga. Nel 1490 Dürer iniziò un lungo viaggio nelle terre tedesche; nel 1492 soggiornò a Colmar, poi fu a Basilea e a Strasburgo (1493). Lavorando di volta in volta nei luoghi dove soggiornava, Dürer si fece un nome anche come xilografo. Nel 1494 tornò a Norimberga (dove sposò Agnes Frey), e ripartì subito dopo per Venezia. Stabilitosi in patria nel 1495, vi aprì una bottega fiorentissima e un anno dopo ebbe inizio il lungo sodalizio con il grande elettore di Sassonia Federico il Saggio. Negli anni 1505-07 fu ancora a Venezia: già celebre, soprattutto per le sue incisioni, fu al centro della raffinata società di nobili, artisti e umanisti della Serenissima. Tornato a Norimberga ebbe la protezione di Massimiliano I, lavorando specialmente come xilografo, fino al 1519, anno della morte dell'imperatore. A Norimberga continuò la sua attività, sebbene a ritmo meno serrato per il fisico indebolito da una grave malattia, occupandosi inoltre fino alla morte della pubblicazione delle sue opere teoriche. Nelle primissime opere sono già realizzati pienamente quei caratteri di acuta penetrazione psicologica e di trasfigurato realismo che saranno costanti nella sua opera. Il primo viaggio a Venezia (1494-95), con puntate anche a Padova e a Mantova, fu fondamentale per il completamento della sua formazione, che si arricchì del plastico monumentalismo di Mantegna e delle armonie classiche del Pollaiolo e di Giovanni Bellini. Nel 1498 Dürer illustrò l'Apocalisse con 15 xilografie che rappresentano uno dei massimi capolavori dell'arte tedesca. Tra queste tavole: S. Giovanni davanti a Dio e ai vegliardi, i Quattro Cavalieri, il S. Michele. La popolarità e la larga diffusione che ebbe l'Apocalisse toccò anche alle xilografie eseguite per altri cicli religiosi: la Grande Passione (iniziata 1500, edita 1511, di cui si ricorda l'Ecce Homo), la Piccola Passione (1509-11), la Vita della Vergine (1500-11, comprendente la famosa tavola con il Riposo durante la fuga in Egitto), nei quali è evidente il proposito di una nuova interpretazione del Vangelo. In questi stessi anni Dürer eseguì numerose pale d'altare (spesso con aiuti di bottega), creando capolavori in cui lo spazio prospettico, i colori di smalto, il senso della quotidianità del divino sono le caratteristiche essenziali.Il secondo viaggio a Venezia gli pose problemi più specificamente coloristici, stimolati dal contatto con Giorgione e Tiziano. Rivolse inoltre la sua attenzione al nudo classico vitruviano (incisione con Adamo ed Eva, 1504), ma si sciolse dalle rigidezze canoniche, per un ideale di bellezza tutta umana, con le tavole a olio a grandezza naturale dell'Adamo ed Eva del Prado (1507). Ben presto tornò però a esprimersi con l'incisione, realizzando le sue 3 opere più note: Cavaliere, la Morte e il Diavolo (1513), S. Girolamo nello studio (1514), Melencolia I (1514). Nell'ultimo periodo di vita si occupò principalmente della pubblicazione dei suoi scritti teorici, arricchiti da disegni scientifici: il trattato di geometria (1525); il trattato sulle fortificazioni (1527); il trattato sulle proporzioni (1528). Con essi, oltre alla divulgazione dei principi matematici che erano alla base dell'arte rinascimentale italiana, Dürer si proponeva di trasmettere le conclusioni cui era giunto in merito alla creazione artistica: in un vero artista, al Brauch, l'abilità tecnica, doveva accompagnarsi la Kunst, la capacità intellettuale di teorizzare e realizzare i principi generali dell'arte, concetto strettamente connesso alla figura dell'artista umanista e gentiluomo.