Il Mostro Marino

Riferimento: S40949
Autore Albrecht DURER
Anno: 1498 ca.
Misure: 187 x 248 mm
Non Disponibile

Riferimento: S40949
Autore Albrecht DURER
Anno: 1498 ca.
Misure: 187 x 248 mm
Non Disponibile

Descrizione

Bulino, 1498 circa, firmato in lastra in basso al centro con il monogramma di Dürer.

Esemplare nella terza variante di dieci descritta da Meder (c/k), prima dei graffi di lastra visibili sulle torri in alto nel paesaggio.

Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva, rifilata irregolarmente alla linea marginale, restauri perfettamente eseguiti all’angolo superiore ed inferiore di sinistra, per il resto in buono stato di conservazione.

Il soggetto esatto di questa immagine sconcertante rimane poco chiaro. Albrecht Dürer la chiamò semplicemente "Das Meerwunder" ("Il mostro marino") nel suo diario. Nella scena mitologica del rapimento di Dürer, un tritone grottesco con una particolare prominenza a forma di corno sulla fronte rapisce una principessa, che non indossa altro che un elaborato diadema e perle. Sulla riva, i suoi compagni e un uomo, presumibilmente suo padre, chiedono a gran voce il suo ritorno. Studiosi successivi hanno cercato di ricondurre la narrazione della scena alla mitologia classica, ma nessuno di loro spiega completamente tutte le peculiarità della stampa di Dürer. Alcuni hanno suggerito che la scena riflette la fascinazione rinascimentale per i racconti popolari o le superstizioni su favolosi mostri e creature del mare.

Il mostro marino è un esempio sorprendente della precoce padronanza dell'incisione dell'artista. Il suo notevole dettaglio, con l'elaborato castello di Norimberga e il fogliame meticolosamente reso, illustra l'abile manipolazione di Dürer del bulino, uno strumento dell'incisore che taglia il disegno nella lastra di metallo. Dürer ha creato plasticità nel corpo della fanciulla ombreggiando delicatamente i suoi contorni arrotondati con tratteggi lineari e tratteggi a croce. Creato dopo il suo ritorno dall'Italia, Il mostro marino può rivelare l'influenza di Andrea Mantegna nei volumi ben definiti della fanciulla e del suo rapitore. Il ritmo rigoroso delle linee increspate nell'acqua sottolinea il movimento delle figure in primo piano. Ogni superficie è trattata sontuosamente, dalla pelle, le squame, i capelli e i drappeggi delle figure alle nuvole ondeggianti, le scogliere frastagliate, gli edifici massicci e le onde ondulate dell'ambiente.

Così la descrisse Panofsky: “L'incisione [...] mostra il rapimento di una ragazza nuda dal suo bagno. Il rapitore è un essere favoloso, metà uomo e metà pesce, abbellito da una lunga barba bianca e da piccole corna, e che porta come armi un guscio di tartaruga e una mascella. I compagni della sua vittima cercano la riva in preda al terrore; sua madre si torce le mani; suo padre, vestito in abiti orientali, corre verso il bordo dell'acqua con futili gesti di disperazione. La fanciulla stessa, apparentemente molto meno turbata del suo entourage, si adagia sulla coda di pesce del suo rapitore, mostrando la sua bellezza in una posa tutta antica e limitando l'espressione del suo dolore a un basso singhiozzo o gemito. Senza dubbio esiste una certa somiglianza nel tema, nella disposizione generale e nei dettagli, come le ragazze spaventate sullo sfondo, tra questa incisione e il disegno di Europa del 1495 circa. Si è quindi doppiamente tentati di spiegare la stampa con un analogo mito classico. Ma né la leggenda della principessa argiva Amymone né il racconto ovidiano di Acheloo e Perimela concordano con l'evidenza dei fatti; e Dürer stesso, che altrove non ha affatto evitato la nomenclatura mitologica, chiama l'incisione semplicemente "Das Meerwunder" ("Il mostro marino"). Se ne deduce che non rappresenta un episodio mitologico definito, ma una di quelle storie di atrocità anonime che, sebbene in ultima analisi di origine classica, venivano correntemente riportate come avvenute in tempi recenti e in un ambiente familiare. Poggio Bracciolini, per esempio, riferisce un racconto in cui l'orribile storia di un Tritone, raccontata nella descrizione di Tanagra da Pausania, viene trasferita nel XV secolo e sulla costa della Dalmazia. Un mostro, metà umano e metà pesce, con piccole corna e una barba fluente, aveva l'abitudine di rapire bambini e ragazze che si divertivano sulla spiaggia, fino a quando fu ucciso da cinque lavandaie determinate. La sua "forma di legno" (non si sa esattamente se un'immagine scolpita o il mostro stesso in uno stato di estrema essiccazione) fu esposta a Ferrara - Poggio l'aveva vista con i suoi occhi- e mise a tacere ogni scettico.

Questo racconto si adatta all'incisione di Durer in misura notevole, e ci sono tutte le ragioni per credere che esso, o un racconto simile, sia responsabile dell'iconografia del "Meerwunder". È possibile che Dürer abbia intuito il nucleo classico sotto la patina della pseudo-realtà moderna, e che il soggetto abbia trasmesso a lui e al suo pubblico l'idea della "sensualità non rigenerata", come i centauri e i satiri che si trovano nella decorazione dei chiostri e delle facciate delle chiese medievali; ma sembra inutile scandagliare i classici alla ricerca di un appellativo specifico.”

Bibliografia

Meder 66 (c/k); Strauss, 23; Bartsch, VII,84, 71; Panofsky (1955), pp. 72-73; Shirley Reece-Hughes, "Albrecht Dürer, The Sea Monster," in Dallas Museum of Art: A Guide to the Collection, 77.

Albrecht DURER (Norimberga 1471 - 1528)

Pittore, disegnatore, incisore e teorico dell'arte tedesco (Norimberga 1471-1528). Figlio dell'orafo magiaro Albrecht il Vecchio, fu apprendista nella bottega paterna dal 1483 al 1486; poi studiò presso Michael Wolgemut, il maggior pittore e xilografo di Norimberga. Nel 1490 Dürer iniziò un lungo viaggio nelle terre tedesche; nel 1492 soggiornò a Colmar, poi fu a Basilea e a Strasburgo (1493). Lavorando di volta in volta nei luoghi dove soggiornava, Dürer si fece un nome anche come xilografo. Nel 1494 tornò a Norimberga (dove sposò Agnes Frey), e ripartì subito dopo per Venezia. Stabilitosi in patria nel 1495, vi aprì una bottega fiorentissima e un anno dopo ebbe inizio il lungo sodalizio con il grande elettore di Sassonia Federico il Saggio. Negli anni 1505-07 fu ancora a Venezia: già celebre, soprattutto per le sue incisioni, fu al centro della raffinata società di nobili, artisti e umanisti della Serenissima. Tornato a Norimberga ebbe la protezione di Massimiliano I, lavorando specialmente come xilografo, fino al 1519, anno della morte dell'imperatore. A Norimberga continuò la sua attività, sebbene a ritmo meno serrato per il fisico indebolito da una grave malattia, occupandosi inoltre fino alla morte della pubblicazione delle sue opere teoriche. Nelle primissime opere sono già realizzati pienamente quei caratteri di acuta penetrazione psicologica e di trasfigurato realismo che saranno costanti nella sua opera. Il primo viaggio a Venezia (1494-95), con puntate anche a Padova e a Mantova, fu fondamentale per il completamento della sua formazione, che si arricchì del plastico monumentalismo di Mantegna e delle armonie classiche del Pollaiolo e di Giovanni Bellini. Nel 1498 Dürer illustrò l'Apocalisse con 15 xilografie che rappresentano uno dei massimi capolavori dell'arte tedesca. Tra queste tavole: S. Giovanni davanti a Dio e ai vegliardi, i Quattro Cavalieri, il S. Michele. La popolarità e la larga diffusione che ebbe l'Apocalisse toccò anche alle xilografie eseguite per altri cicli religiosi: la Grande Passione (iniziata 1500, edita 1511, di cui si ricorda l'Ecce Homo), la Piccola Passione (1509-11), la Vita della Vergine (1500-11, comprendente la famosa tavola con il Riposo durante la fuga in Egitto), nei quali è evidente il proposito di una nuova interpretazione del Vangelo. In questi stessi anni Dürer eseguì numerose pale d'altare (spesso con aiuti di bottega), creando capolavori in cui lo spazio prospettico, i colori di smalto, il senso della quotidianità del divino sono le caratteristiche essenziali.Il secondo viaggio a Venezia gli pose problemi più specificamente coloristici, stimolati dal contatto con Giorgione e Tiziano. Rivolse inoltre la sua attenzione al nudo classico vitruviano (incisione con Adamo ed Eva, 1504), ma si sciolse dalle rigidezze canoniche, per un ideale di bellezza tutta umana, con le tavole a olio a grandezza naturale dell'Adamo ed Eva del Prado (1507). Ben presto tornò però a esprimersi con l'incisione, realizzando le sue 3 opere più note: Cavaliere, la Morte e il Diavolo (1513), S. Girolamo nello studio (1514), Melencolia I (1514). Nell'ultimo periodo di vita si occupò principalmente della pubblicazione dei suoi scritti teorici, arricchiti da disegni scientifici: il trattato di geometria (1525); il trattato sulle fortificazioni (1527); il trattato sulle proporzioni (1528). Con essi, oltre alla divulgazione dei principi matematici che erano alla base dell'arte rinascimentale italiana, Dürer si proponeva di trasmettere le conclusioni cui era giunto in merito alla creazione artistica: in un vero artista, al Brauch, l'abilità tecnica, doveva accompagnarsi la Kunst, la capacità intellettuale di teorizzare e realizzare i principi generali dell'arte, concetto strettamente connesso alla figura dell'artista umanista e gentiluomo.

Albrecht DURER (Norimberga 1471 - 1528)

Pittore, disegnatore, incisore e teorico dell'arte tedesco (Norimberga 1471-1528). Figlio dell'orafo magiaro Albrecht il Vecchio, fu apprendista nella bottega paterna dal 1483 al 1486; poi studiò presso Michael Wolgemut, il maggior pittore e xilografo di Norimberga. Nel 1490 Dürer iniziò un lungo viaggio nelle terre tedesche; nel 1492 soggiornò a Colmar, poi fu a Basilea e a Strasburgo (1493). Lavorando di volta in volta nei luoghi dove soggiornava, Dürer si fece un nome anche come xilografo. Nel 1494 tornò a Norimberga (dove sposò Agnes Frey), e ripartì subito dopo per Venezia. Stabilitosi in patria nel 1495, vi aprì una bottega fiorentissima e un anno dopo ebbe inizio il lungo sodalizio con il grande elettore di Sassonia Federico il Saggio. Negli anni 1505-07 fu ancora a Venezia: già celebre, soprattutto per le sue incisioni, fu al centro della raffinata società di nobili, artisti e umanisti della Serenissima. Tornato a Norimberga ebbe la protezione di Massimiliano I, lavorando specialmente come xilografo, fino al 1519, anno della morte dell'imperatore. A Norimberga continuò la sua attività, sebbene a ritmo meno serrato per il fisico indebolito da una grave malattia, occupandosi inoltre fino alla morte della pubblicazione delle sue opere teoriche. Nelle primissime opere sono già realizzati pienamente quei caratteri di acuta penetrazione psicologica e di trasfigurato realismo che saranno costanti nella sua opera. Il primo viaggio a Venezia (1494-95), con puntate anche a Padova e a Mantova, fu fondamentale per il completamento della sua formazione, che si arricchì del plastico monumentalismo di Mantegna e delle armonie classiche del Pollaiolo e di Giovanni Bellini. Nel 1498 Dürer illustrò l'Apocalisse con 15 xilografie che rappresentano uno dei massimi capolavori dell'arte tedesca. Tra queste tavole: S. Giovanni davanti a Dio e ai vegliardi, i Quattro Cavalieri, il S. Michele. La popolarità e la larga diffusione che ebbe l'Apocalisse toccò anche alle xilografie eseguite per altri cicli religiosi: la Grande Passione (iniziata 1500, edita 1511, di cui si ricorda l'Ecce Homo), la Piccola Passione (1509-11), la Vita della Vergine (1500-11, comprendente la famosa tavola con il Riposo durante la fuga in Egitto), nei quali è evidente il proposito di una nuova interpretazione del Vangelo. In questi stessi anni Dürer eseguì numerose pale d'altare (spesso con aiuti di bottega), creando capolavori in cui lo spazio prospettico, i colori di smalto, il senso della quotidianità del divino sono le caratteristiche essenziali.Il secondo viaggio a Venezia gli pose problemi più specificamente coloristici, stimolati dal contatto con Giorgione e Tiziano. Rivolse inoltre la sua attenzione al nudo classico vitruviano (incisione con Adamo ed Eva, 1504), ma si sciolse dalle rigidezze canoniche, per un ideale di bellezza tutta umana, con le tavole a olio a grandezza naturale dell'Adamo ed Eva del Prado (1507). Ben presto tornò però a esprimersi con l'incisione, realizzando le sue 3 opere più note: Cavaliere, la Morte e il Diavolo (1513), S. Girolamo nello studio (1514), Melencolia I (1514). Nell'ultimo periodo di vita si occupò principalmente della pubblicazione dei suoi scritti teorici, arricchiti da disegni scientifici: il trattato di geometria (1525); il trattato sulle fortificazioni (1527); il trattato sulle proporzioni (1528). Con essi, oltre alla divulgazione dei principi matematici che erano alla base dell'arte rinascimentale italiana, Dürer si proponeva di trasmettere le conclusioni cui era giunto in merito alla creazione artistica: in un vero artista, al Brauch, l'abilità tecnica, doveva accompagnarsi la Kunst, la capacità intellettuale di teorizzare e realizzare i principi generali dell'arte, concetto strettamente connesso alla figura dell'artista umanista e gentiluomo.