Algeri

Riferimento: S39295
Autore Matteo FLORIMI
Anno: 1600 ca.
Zona: Algeri
Luogo di Stampa: Siena
Misure: 520 x 390 mm
1.300,00 €

Riferimento: S39295
Autore Matteo FLORIMI
Anno: 1600 ca.
Zona: Algeri
Luogo di Stampa: Siena
Misure: 520 x 390 mm
1.300,00 €

Descrizione

In alto al centro, lungo il bordo superiore, è impresso il titolo: ALGERINel margine inferiore, disposta su sei colonne contenute in altrettanti riquadri, troviamo una legenda alfanumerica di 71 rimandi (A-Z, 1-48) a luoghi e monumenti notabili. Nell’ultimo riquadro di destra e disegnata la Schala di passa cinquanta (50 passi, pari a mm 17), seguita dall’imprint editoriale: Matteo florimi for. Orientazione mediante una rosa dei venti nel mare, con il nord-est in basso. Nella tavola sono presenti ulteriori indicazioni toponomastiche.

Pianta prospettica della città, priva di data, firmata da Matteo Florimi. Come abituale per l’editore, si tratta di una fedele replica di un modello precedente, recentemente individuato in B/R: “Si tratta di una grande pianta, stampata su quattro fogli uniti, pubblicata a Venezia nel 1573, con privilegio pontificio decennale, e privilegio ventennale del Senato di Venezia e di Alfonso a Stuniga. Il lungo cartiglio, che contiene la dedica a Filippo II di Spagna, esplicita che l’immagine di Algeri e quella disegnata da Ioannes Paciceus (it. Giovanni Pacheco), e accresciuta e corretta da Alfonsus a Stuniga (it. Alfonso Zuniga, o Zunica, Sunica, de Stuniga), Hispanus, ovvero spagnolo anche lui come Pacheco. Riguardo il Pacheco, presso l’Archivio di Stato di Mantova e conservato un interessante e prezioso documento: la lettera che Giovanni Pacheco, in data 6 ottobre 1571 invia al principe di Mantova Vincenzo Gonzaga, per accompagnare il dono dell’incisione di Algeri. La data, dunque, costituisce il terminus ante quem dell’opera. Non abbiamo reperito alcuna notizia circa Alfonso Zuniga. Presumiamo che appartenga alla famiglia Zunica che, originaria della Spagna, fu portata a Napoli nel 1514 da Cristofaro Zuniga. La famiglia nobiliare si divide poi in molti rami. Si ha notizia di un Alfonso Zuniga, capitano di cavalleria, che nel 1532 ottenne in dono il feudo di Pescomaggiore e di Felitto per aver sedato la rivolta dei cittadini aquilani contro gli spagnoli. (cfr. Candida Gonzaga, Memorie delle Famiglie Nobili delle Provincie Meridionali d’Italia, vol 2, p. 210; e P. Cavallo, La Storia dietro gli scudi, vol. 3 – s. v. Zunica). La veduta e molto ricca di dettagli e precisa nelle indicazioni; senza dubbio si tratta della rappresentazione più completa di Algeri del XVI secolo, non sorprende, quindi, che diventerà il modello iconografico di tutta la produzione successiva, da Duchetti-Brambilla, a Cartaro, a Florimi. Lo stesso modello, di formato ridotto, e pubblicato da Braun & Hogenberg nel secondo libro (1575) del Civitates Orbis Terrarum, che ricalca solo la rubrica in italiano. Monchicourt, che evidentemente non conosceva questa grande veduta dello Stunica, a proposito di Algeri di Braun & Hogenber, aveva avanzato l’ipotesi che questa - o un’altra pianta analoga - potesse essere uno dei due “disegni” di Algeri – “uno a mano, et l’altro stampato” - che i cavalieri Francesco Lanfreducci e Gian Ottone Bosio, dichiarano di aver utilizzato per il loro rapporto presentato al Gran Maestro di Malta nel 1587. Infatti, nessuno dei due aveva mai visitato Algeri, pertanto il rapporto, come da loro stessi dichiarato, era un’opera di compilazione basata a partire dai racconti dei prigionieri corredata da due piante che si trovavano allegate alla relazione, ma che sono andate smarrite. La città e rappresentata in forma di trapezio, con il lato più lungo parallelo alla linea di costa. Lungo gli altri tre lati, un fossato pieno d’acqua costeggia le mura interrotte, a intervalli regolari, da torri quadrate e, nei punti strategicamente più importanti, da bastioni a forma di cuneo. A partire dall’angolo di destra, e seguendo le mura dal lato di terra, si incontra: il Baluardo de Baluet (cioe il Bastione di Bāb al-Wěd); il Baluardo Novo eretto da da Yahyā Raīs: i due baluardi nuovi della Alcazaba, ed il baluardo di Bāb’Azūn nell’angolo opposto a quello di Baluet. Dalla parte del mare si trovano il baluardo di Cochiaperi e quello della Marina. Ben visibili sono anche le porte turrite dell’arsenale, comprese tra questi due bastioni. Nell’agglomerato urbano, si distinguono cinque moschee. La qasba, Alcazaba, e rappresentata nella parte superiore della città, separata dal resto della città da un muro. Molto accurata e l’immagine del Palazzo del Re, e della rete viaria, coi nomi delle strade che si riferiscono alle varie attività commerciali esercitate, così troviamo la “strada degli orefici”, la strada d’i spadari” ecc. All’esterno delle mura, si distinguono tre fortezze, diverse per forma e importanza: il Castello imperiale, o vero Burchio, vicino al quale si eleva il Castello Nuovo, in forma di stella; infine, un Castrum novum anno 1569 perfectum” (cfr. Cartografia e topografia italiana del XVI secolo, 2018, pp. 476-479).

Matteo Florimi (Polistena 1540 circa – Siena 1613) fu editore e commerciante di libri e di stampe. Di origini calabresi, si stabilì a Siena nel 1581, con un negozio in Banchi. L’attività calcografica di Matteo Florimi fu più volte affiancata da veri e propri maestri incisori come Cornelis Galle, Arnoldo degli Arnoldi, Pietro de Iode, Jan Sadeler e artisti come Francesco Vanni, Ventura Salimbeni e Alessandro Casolani, con i quali lo stampatore ha collaborato per la preparazione di soggetti sacri. L’attività cartografica del Florimi produsse stampe di moltissime città e territori di tutto il mondo, che non furono mai disegnati per lui, ma furono manipolazioni di rilievi già esistenti, o di carte edite da altri stampatori. Nella seconda metà del XVI secolo la curiosità geografica e il desiderio di viaggiare, erano molto sentiti, e il Florimi fu lungimirante nel dedicarsi alla produzione di vedute di città a volo d’uccello il più possibile fedeli, destinate a mostrare luoghi mai visti difficilmente visitabili.  Il Florimi si inserì perfettamente in questo filone di mercato e contribuì al perfezionamento della nuova “ondata” di rappresentazioni cartografi che copiando alcune stampe di Antonio Lafreri, Claude Duchet, Abraham Ortelius e venendo a sua volta contraffatto. Per quanto riguarda il lavoro di incisione delle carte, nel 1600, Matteo Florimi chiamò a lavorare presso la sua bottega l’incisore fiammingo Arnoldo degli Arnoldi con la promessa di un maggior compenso rispetto a quello che gli elargiva Giovanni Antonio Magini, presso cui l’artista operava. Quest’offerta del Florimi scatenò le ire del Magini che, pur senza farne il nome, lo chiama “invidioso contraffattore” per avergli sottratto un così abile cartografo. La collaborazione tra il Florimi e l’Arnoldi durò solo due anni (1600-1602), ma fu abbastanza produttiva: insieme stamparono lo Stato di Siena, la Choronografia Tusciaela Nuova descrittione della Lombardia, l’Europa, l’America e la Descrittione Universale della Terra.

Acquaforte e bulino, stampata su carta vergata coeva, rifilata al rame, in ottimo stato di conservazione.

Bibliografia

Bifolco-Ronca, Cartografia e Topografia Italiana del XVI secolo (2018), tav. 124; Elisa Boffa, Un tipografo calabrese a Siena: Matteo Florimi, in “Accademia dei Rozzi” (2013): II, n. 1; H.A.M. van der Heijden, Matteo Florimi (+1613) – Landkarten und Stadtplanverleger in Siena, in “Florilegium Cartographicum”, Lipsia (1993): n. 18;  Christie’s (2011): n. 47; Ganado (1994): II, n. 126 & p. 215, n. 88; Shirley (2004): III, n. 2; Brummet (2015): p. 175, fig. 4.25; Tooley (1939): n. 100.

Matteo FLORIMI (Polistena 1540 circa - Siena 1613)

Commerciante di libri e di stampe, fu anche editore. Di origini calabresi, si stabilì a Siena nel 1581, con un negozio in Banchi. La prima testimonianza della sua attività indipendente si ha nel 1589. Nel 1591 pubblicò un libro di Fiori di ricami, a Venezia; la seconda edizione dello stesso venne edita in Siena nel 1593. Nel 1597 pubblicò la Vita di Santa Caterina, incisa da De Jode su opera del Vanni, e la Passione di Cristo, sempre di De Jode su ispirazione di Andrea Boscoli. Pubblicò un grande numero di mappe e soggetti religiosi. Si avvalse dell’aiuto di incisori del calibro di Agostino Carracci, Cornelis Galle, Pieter De Jode e Thomassin. Commissionò disegni ad Andrea Boscoli. Era in stretto contatto soprattutto col Vanni. Tra il 1605 e il 1608 Florimi ricevette finanziamenti da Ottavio Cinuzzi. Matteo Florimi nacque a Polistena nel Regno di Napoli (oggi nella provincia di Reggio Calabria), figlio di Giovanni. Errate risultano quindi le ipotesi di nascita fiorentina o senese come documenta chiaramente il suo testamento. La data di nascita è stimata approssimativamente intorno al 1540, anche se, al momento, non sono noti documenti che provino o smentiscano questa data. Matteo arriva a Siena nel 1581 e da allora, come risulta dal testamento, è “assiduo habitatore nella città di Siena”. Non ci è dato sapere dove Matteo Florimi abbia imparato questo mestiere. Sicuramente non nel suo paese natale, poiché non sono note attività tipografi che nell’area di Reggio Calabria alla fine del Cinquecento. È possibile ipotizzare che Matteo Florimi, durante il viaggio dal paese d’origine e prima di arrivare a Siena, si sia fermato in un’altra città. Il Brunet ci dice che Matteo stampò nel 1596 Fiori di ricami a Firenze, e forse proprio a Firenze, dove lo stampatore aveva evidentemente dei contatti, si può ipotizzare un suo soggiorno prima dell’arrivo a Siena. Il cognome che appare più frequentemente nelle edizioni è “Florimi”, ma talvolta, si trova usato “Florini”, mentre dal Nagler e dal Le Blanc è citato come “Florino”; nei documenti d’archivio è detto impressor de Calabria, stampatore di disegni o più in generale maestro. Sono sempre i documenti d’archivio e soprattutto i due testamenti redatti in tempi diversi a fornire notizie sulla vita privata e, di conseguenza, anche sull’attività professionale. A tre anni dal suo arrivo a Siena, nel 1584 sposa Alessandra figlia di Antonio di Moneta Banichi, ma 13 anni dopo, anno della deposizione del suo primo testamento, Matteo nomina come usufruttuaria universale dei suoi beni “donna Felice sua dilettissima consorte” fi glia di Stefano da Macerata. Dallo stesso documento risulta chiaro che donna Felice sia la madre dei suoi 6 figli: Giovanni, Francesco, Bernardino, Cecilia, Agnese e Caterina. L’attività calcografica di Matteo Florimi fu più volte affiancata da veri e propri maestri incisori come Cornelis Galle, Arnoldo degli Arnoldi, Pietro de Iode, Jan Sadeler e artisti come Francesco Vanni, Ventura Salimbeni e Alessandro Casolani, con i quali lo stampatore ha collaborato per la preparazione di soggetti sacri, di madonne e di santi. Questi tipi di figure erano molto richieste, sia dai senesi stessi che dagli “stranieri”, poiché con un minor dispendio di denaro potevano avere delle opere d’arte e d’ingegno vere e proprie. Delle stampe datate o di probabile datazione, molte sono riconducibili al primo periodo d’attività, indizio, forse, di un mestiere iniziato prima come stampatore di carte sciolte e sviluppato in seguito almeno dal 1602, con una bottega tipografica organizzata in grado di produrre vari generi di pubblicazioni. L’attività di incisore-ritoccatore del Florimi potrebbe più probabilmente riguardare i soggetti cartografici, illustrando moltissime città e territori di tutto il mondo, che non furono mai disegnati per lui, ma furono manipolazioni di rilievi già esistenti, o di carte edite da altri stampatori. Nella seconda metà del XVI secolo la curiosità geografi ca e il desiderio di viaggiare, erano molto sentiti, e il Florimi fu lungimirante nel dedicarsi alla produzione di vedute di città a volo d’uccello il più possibile fedeli, destinate a mostrare luoghi mai visti difficilmente visitabili. Allora questo filone editoriale ebbe grande impulso grazie anche alle rilevazioni strumentali che, nel rispetto dei rapporti tra distanze e lunghezze, permettevano il raggiungimento di una buona qualità figurativa e topografica, ma non ancora l’esattezza scientifica delle carte. Solo nel corso del secolo successivo il fenomeno della cartografia urbana avrà un ulteriore sviluppo quali-quantitativo: sono stampati grandiosi atlanti geografi ci e spettacolari raccolte di vedute di città con rilievi sempre più realistici: opere non più destinate a pochi collezionisti ma sempre più richieste, sia dal mercato italiano che da quello europeo. Il Florimi si inserì perfettamente in questo filone di mercato e contribuì al perfezionamento della nuova “ondata” di rappresentazioni cartografi che copiando alcune stampe di Antonio Lafreri, Claude Duchet, Abraham Ortelius e venendo a sua volta contraffatto. Per quanto riguarda il lavoro di incisione delle carte, nel 1600, Matteo Florimi chiamò a lavorare presso la sua bottega l’incisore fiammingo Arnoldo degli Arnoldi con la promessa di un maggior compenso rispetto a quello che gli elargiva Giovanni Antonio Magini, presso cui l’artista operava. Quest’offerta del Florimi scatenò le ire del Magini che, pur senza farne il nome, lo chiama “invidioso contraffattore” per avergli sottratto un così abile cartografo. La collaborazione tra il Florimi e l’Arnoldi durò solo due anni (1600-1602), ma fu abbastanza produttiva: insieme stamparono lo Stato di Siena, la Choronografia Tusciae, la Nuova descrittione della Lombardia, l’Europa, l’America e la Descrittione Universale della Terra.

Matteo FLORIMI (Polistena 1540 circa - Siena 1613)

Commerciante di libri e di stampe, fu anche editore. Di origini calabresi, si stabilì a Siena nel 1581, con un negozio in Banchi. La prima testimonianza della sua attività indipendente si ha nel 1589. Nel 1591 pubblicò un libro di Fiori di ricami, a Venezia; la seconda edizione dello stesso venne edita in Siena nel 1593. Nel 1597 pubblicò la Vita di Santa Caterina, incisa da De Jode su opera del Vanni, e la Passione di Cristo, sempre di De Jode su ispirazione di Andrea Boscoli. Pubblicò un grande numero di mappe e soggetti religiosi. Si avvalse dell’aiuto di incisori del calibro di Agostino Carracci, Cornelis Galle, Pieter De Jode e Thomassin. Commissionò disegni ad Andrea Boscoli. Era in stretto contatto soprattutto col Vanni. Tra il 1605 e il 1608 Florimi ricevette finanziamenti da Ottavio Cinuzzi. Matteo Florimi nacque a Polistena nel Regno di Napoli (oggi nella provincia di Reggio Calabria), figlio di Giovanni. Errate risultano quindi le ipotesi di nascita fiorentina o senese come documenta chiaramente il suo testamento. La data di nascita è stimata approssimativamente intorno al 1540, anche se, al momento, non sono noti documenti che provino o smentiscano questa data. Matteo arriva a Siena nel 1581 e da allora, come risulta dal testamento, è “assiduo habitatore nella città di Siena”. Non ci è dato sapere dove Matteo Florimi abbia imparato questo mestiere. Sicuramente non nel suo paese natale, poiché non sono note attività tipografi che nell’area di Reggio Calabria alla fine del Cinquecento. È possibile ipotizzare che Matteo Florimi, durante il viaggio dal paese d’origine e prima di arrivare a Siena, si sia fermato in un’altra città. Il Brunet ci dice che Matteo stampò nel 1596 Fiori di ricami a Firenze, e forse proprio a Firenze, dove lo stampatore aveva evidentemente dei contatti, si può ipotizzare un suo soggiorno prima dell’arrivo a Siena. Il cognome che appare più frequentemente nelle edizioni è “Florimi”, ma talvolta, si trova usato “Florini”, mentre dal Nagler e dal Le Blanc è citato come “Florino”; nei documenti d’archivio è detto impressor de Calabria, stampatore di disegni o più in generale maestro. Sono sempre i documenti d’archivio e soprattutto i due testamenti redatti in tempi diversi a fornire notizie sulla vita privata e, di conseguenza, anche sull’attività professionale. A tre anni dal suo arrivo a Siena, nel 1584 sposa Alessandra figlia di Antonio di Moneta Banichi, ma 13 anni dopo, anno della deposizione del suo primo testamento, Matteo nomina come usufruttuaria universale dei suoi beni “donna Felice sua dilettissima consorte” fi glia di Stefano da Macerata. Dallo stesso documento risulta chiaro che donna Felice sia la madre dei suoi 6 figli: Giovanni, Francesco, Bernardino, Cecilia, Agnese e Caterina. L’attività calcografica di Matteo Florimi fu più volte affiancata da veri e propri maestri incisori come Cornelis Galle, Arnoldo degli Arnoldi, Pietro de Iode, Jan Sadeler e artisti come Francesco Vanni, Ventura Salimbeni e Alessandro Casolani, con i quali lo stampatore ha collaborato per la preparazione di soggetti sacri, di madonne e di santi. Questi tipi di figure erano molto richieste, sia dai senesi stessi che dagli “stranieri”, poiché con un minor dispendio di denaro potevano avere delle opere d’arte e d’ingegno vere e proprie. Delle stampe datate o di probabile datazione, molte sono riconducibili al primo periodo d’attività, indizio, forse, di un mestiere iniziato prima come stampatore di carte sciolte e sviluppato in seguito almeno dal 1602, con una bottega tipografica organizzata in grado di produrre vari generi di pubblicazioni. L’attività di incisore-ritoccatore del Florimi potrebbe più probabilmente riguardare i soggetti cartografici, illustrando moltissime città e territori di tutto il mondo, che non furono mai disegnati per lui, ma furono manipolazioni di rilievi già esistenti, o di carte edite da altri stampatori. Nella seconda metà del XVI secolo la curiosità geografi ca e il desiderio di viaggiare, erano molto sentiti, e il Florimi fu lungimirante nel dedicarsi alla produzione di vedute di città a volo d’uccello il più possibile fedeli, destinate a mostrare luoghi mai visti difficilmente visitabili. Allora questo filone editoriale ebbe grande impulso grazie anche alle rilevazioni strumentali che, nel rispetto dei rapporti tra distanze e lunghezze, permettevano il raggiungimento di una buona qualità figurativa e topografica, ma non ancora l’esattezza scientifica delle carte. Solo nel corso del secolo successivo il fenomeno della cartografia urbana avrà un ulteriore sviluppo quali-quantitativo: sono stampati grandiosi atlanti geografi ci e spettacolari raccolte di vedute di città con rilievi sempre più realistici: opere non più destinate a pochi collezionisti ma sempre più richieste, sia dal mercato italiano che da quello europeo. Il Florimi si inserì perfettamente in questo filone di mercato e contribuì al perfezionamento della nuova “ondata” di rappresentazioni cartografi che copiando alcune stampe di Antonio Lafreri, Claude Duchet, Abraham Ortelius e venendo a sua volta contraffatto. Per quanto riguarda il lavoro di incisione delle carte, nel 1600, Matteo Florimi chiamò a lavorare presso la sua bottega l’incisore fiammingo Arnoldo degli Arnoldi con la promessa di un maggior compenso rispetto a quello che gli elargiva Giovanni Antonio Magini, presso cui l’artista operava. Quest’offerta del Florimi scatenò le ire del Magini che, pur senza farne il nome, lo chiama “invidioso contraffattore” per avergli sottratto un così abile cartografo. La collaborazione tra il Florimi e l’Arnoldi durò solo due anni (1600-1602), ma fu abbastanza produttiva: insieme stamparono lo Stato di Siena, la Choronografia Tusciae, la Nuova descrittione della Lombardia, l’Europa, l’America e la Descrittione Universale della Terra.