Il matrimonio della Vergine

Riferimento: S42603
Autore Gian Jacopo CARAGLIO
Anno: 1525 ca.
Misure: 230 x 450 mm
Non Disponibile

Riferimento: S42603
Autore Gian Jacopo CARAGLIO
Anno: 1525 ca.
Misure: 230 x 450 mm
Non Disponibile

Descrizione

Bulino, 1525-1526 circa, iscritto in basso a sinistra: Iacobus carario fecit; al centro: fracs parms i ventor.

Esemplare nel primo stato di tre descritto da M. Cirillo Archer (The Illustrated Bartsch, n. 001 I/III). Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva, rifilata alla linea marginale, leggera piega di carta orizzontale nel mezzo, restauro – circa 7 mm - perfettamente eseguito sulla figura del ragazzo in basso a sinistra, per il resto in ottimo stato di conservazione. 

Al verso antica nota manoscritta di possesso di Nathaniel Smith (Lugt 2296-2298): Blackburn Sale 1786 firmata Smith.

Poco dopo che il giovane artista arrivò a Roma alla fine del 1524, la "bella e graziosa maniera" del Parmigianino e la "perfetta eccellenza del suo disegno" furono riconosciute, ed egli cominciò a ricevere commissioni per pale d'altare e ritratti". Egli, a sua volta, studiò le opere di Raffaello "in suprema venerazione" e chiaramente apprese il valore della collaborazione di Raffaello con Marcantonio Raimondi e altri stampatori. Il Parmigianino collaborò allo stesso modo con Jacopo Caraglio fino a quando entrambi fuggirono dalla città dopo il Sacco di Roma nel 1527. Caraglio incise quattro composizioni del Parmigianino, di cui 

Lo Sposalizio della Vergine è la prima delle quattro composizioni del Parmigianino incise da Jacopo Caraglio. Sono stati fatti tentativi di collegare questa composizione a varie commissioni, ma nessuno è del tutto convincente.

L'esistenza di un dettagliato disegno preparatorio (Chatsworth, U. K., n. 339) suggerisce o che sia stato creato per un progetto altrimenti non documentato o che sia stato creato come modello per l'incisore. In quest’ultimo caso, allora le leggere differenze tra il disegno e la stampa possono rivelare il contributo di Caraglio alla loro impresa comune. Sia il disegno che l'incisione riflettono l'elegante maestria che valse al Parmigianino le lodi del critico veneziano Lodovico Dolce, che affermò: "ogni suo disegno che si conserva sulla carta porta stupore agli occhi dell'ammiratore".

Giorgio Vasari osserva che una caratteristica delle composizioni del Parmigianino è che sono "straordinarie nell'invenzione", e, sebbene lo Sposalizio della Vergine riveli influenze da Albrecht Dürer nella disposizione della sposa, dello sposo e del sommo sacerdote, così come da Rosso Fiorentino e da Michelangelo - in particolare nel santo e nella sibilla seduti in primo piano - questa composizione è sia creativa che innovativa. In particolare, le relazioni spaziali all'interno della stretta composizione sono distintamente bizzarre, così come la sua estrema verticalità. Le lunghezze esagerate delle figure sedute in primo piano servono come un basamento che sostiene una struttura che suggerisce poca profondità di campo; in diretto contrasto, tuttavia, la differenza di scala tra le donne in primo piano e gli uomini che conversano al centro suggerisce una considerevole recessione spaziale.

Al di sopra delle donne sedute, l'occhio è condotto verso l'alto, verso l'abside fittizia dove si sta celebrando il matrimonio di Giuseppe con Maria. Nella loro ansia di assistere all'evento, gli spettatori si affollano scomodamente nella stretta navata tra le colonne e il muro. Le ambiguità spaziali sono esagerate dal flusso di luce che entra da sinistra per creare alte luci e ombre drammatiche. Da un lato, la luce esalta la rappresentazione tridimensionale delle singole figure, definite dal tratteggio parallelo e dal tratteggio incrociato accuratamente modulato di Caraglio. Dall'altro lato, l'illuminazione variegata appiattisce simultaneamente l'intera composizione perché scorre uniformemente sulle figure, sfaccettando la superficie senza differenziazione tra le figure in primo piano e quelle apparentemente sullo sfondo.

 

Bibliografia

B. Barryte, Renaissance Impressions, p. 88, n. 14; Bartsch, XV.66.1; TIB, 2802.001 I/III; Parmigianino tradotto n. 70.

Gian Jacopo CARAGLIO (Verona 1505 - Cracovia 1565)

Giovanni Jacopo Caraglio o Caralio, Caral, Caralius, è incisore su rame, intagliatore di medaglie e di gemme, orefice e forse anche architetto secondo la testimonianza del Vasari. Il Caraglio nasce a Verona o a Parma intorno al 1505 e per questo spesso usa nominarsi Veronensis, altre Parmensis. A Roma, in seguito al Sacco del 1527, è costretto a lasciare incompiuto il suo Ratto delle Sabine da un disegno del Rosso Fiorentino e a trasferirsi a Venezia, dove opera fino al 1537. Nella città pontificia, al servizio del Baviera, realizza nel 1526 gli dei dell’Olimpo, le Fatiche di Ercole e gli Amori degli Dei, stampe tratte da disegni del Rosso, l’artista prediletto dell’incisore per il quale traduce una trentina di soggetti alternandoli ad opere del Baldinelli e del Parmigianino. Diversamente, negli anni veneziani incide soggetti di Tiziano. Emigrato in Polonia prima del luglio 1539, l’incisore ha il merito di aver diffuso nei Paesi dell’Europa orientale il linguaggio grafico di Marcantonio. Caraglio entra il 3 luglio 1545 alla corte di Sigismondo I con lo stipendio annuo di 60 fiorini e alla morte del re (1548) passa al servizio di Sigismondo II Augusto dove esegue raffinate opere di oreficeria e medaglie. Nel 1552 lavora a Vilna in Lituania, seconda capitale del regno unito, dove si era trasferita la corte reale e dove Jacopo opera alternando la permanenza a periodi di soggiorno in Italia fino all’anno della morte avvenuta a Cracovia il 26 agosto 1565. Il Bartsch cataloga sessantacinque incisioni del Caraglio a cui il Le Blanc aggiunge altri quattro soggetti.

Gian Jacopo CARAGLIO (Verona 1505 - Cracovia 1565)

Giovanni Jacopo Caraglio o Caralio, Caral, Caralius, è incisore su rame, intagliatore di medaglie e di gemme, orefice e forse anche architetto secondo la testimonianza del Vasari. Il Caraglio nasce a Verona o a Parma intorno al 1505 e per questo spesso usa nominarsi Veronensis, altre Parmensis. A Roma, in seguito al Sacco del 1527, è costretto a lasciare incompiuto il suo Ratto delle Sabine da un disegno del Rosso Fiorentino e a trasferirsi a Venezia, dove opera fino al 1537. Nella città pontificia, al servizio del Baviera, realizza nel 1526 gli dei dell’Olimpo, le Fatiche di Ercole e gli Amori degli Dei, stampe tratte da disegni del Rosso, l’artista prediletto dell’incisore per il quale traduce una trentina di soggetti alternandoli ad opere del Baldinelli e del Parmigianino. Diversamente, negli anni veneziani incide soggetti di Tiziano. Emigrato in Polonia prima del luglio 1539, l’incisore ha il merito di aver diffuso nei Paesi dell’Europa orientale il linguaggio grafico di Marcantonio. Caraglio entra il 3 luglio 1545 alla corte di Sigismondo I con lo stipendio annuo di 60 fiorini e alla morte del re (1548) passa al servizio di Sigismondo II Augusto dove esegue raffinate opere di oreficeria e medaglie. Nel 1552 lavora a Vilna in Lituania, seconda capitale del regno unito, dove si era trasferita la corte reale e dove Jacopo opera alternando la permanenza a periodi di soggiorno in Italia fino all’anno della morte avvenuta a Cracovia il 26 agosto 1565. Il Bartsch cataloga sessantacinque incisioni del Caraglio a cui il Le Blanc aggiunge altri quattro soggetti.