Il sogno di Giuseppe

Riferimento: S30515
Autore Pietro TESTA detto "Il Lucchesino"
Anno: 1635 ca.
Misure: 304 x 362 mm
750,00 €

Riferimento: S30515
Autore Pietro TESTA detto "Il Lucchesino"
Anno: 1635 ca.
Misure: 304 x 362 mm
750,00 €

Descrizione

Acquaforte,1635-1637 circa, firmata in lastra alla fine della dedica.
Esemplare nel secondo stato di due, con l'indirizzo di Giovan Gioacomo de Rossi.
Magnifica prova, impressa su su carta vergata coeva, con ampi margini, in perfetto stato di conservazione.

L’incisione rappresenta il secondo sogno di Giuseppe, narrato, come il primo, nel vangelo di Matteo (2,13). La spiegazione del soggetto è fornita dallo stesso Testa nella dedica al suo mecenate Cassano del Pozzo: un angelo nuovamente appare in sogno a Giuseppe per comunicargli la strage degli innocenti ordinata da Erode, e invitarlo a fuggire in Egitto. Nella scena sono però combinati altri temi: è rappresentato Gesù che bambino, accanto alla Vergine, abbraccia la croce, sorretta dalla Maddalena e dagli angeli, mentre intorno sono raffigurati gli Innocenti. Sulla croce, la figura di Dio padre e una colomba, simbolo dello spirito santo, a completare così la santissima Trinità. In questo modo, attraverso l’espediente del sogno, sono ricordate tutte le fasi salienti del Vangelo: l’Annunciazione, la Strage degli Innocenti, la Fuga e la Crocifissione. L’interpretazione della Fuga in Egitto come inizio della via crucis non era inusuale negli scritti cristiani dell’epoca, in cui i bambini uccisi da Erode veniva considerati come i primi martiri in nome di Cristo.
Una simile combinazione di temi si riscontra in due versioni della Fuga in Egitto di Nicolas Poussin, dipinte rispettivamente nel 1629 e nel 1634.
Questo lavoro del Lucchesino, appartiene a un gruppo di invenzioni della maturità che comprendono Venere e Adone ma anche l’allegoria dedicata all’arrivo del cardinale Franciotti a Lucca, sicuramente databile al 1637. È la sola opera del Testa dedicata a Cassano del Pozzo, particolare che è stato messo in relazione con la detenzione dell’artista a Tor di Nona nel 1637, prima di seguire Franciotti a Lucca.

Si conservano diversi disegni preparatori di quest’opera che conobbe grande popolarità, come provano le numerose copie che ne furono tratte.

La vicenda artistica di Pietro Testa, detto il Lucchesino dalla sua città d’origine, è assai tormentata. Poco o nulla si sa del suo primo apprendistato nella città natale. Arrivato a Roma nel 1629, fu probabilmente dapprima a scuola presso il Domenichino, poi presso la bottega di Pietro da Cortona, suo vero maestro. Il carattere introverso dell’artista gli procurò comunque sempre difficoltà con  i suoi colleghi: il Cortona infatti fu costretto a cacciarlo dalla sua scuola per l’atteggiamento di sprezzante superiorità assunta dall’allievo .

Il Testa frequentò allora la casa del suo primo mecenate, il celebre collezionista Cassiano del Pozzo, per il quale eseguì disegni dall’antico. Fu probabilmente nella sua casa che conobbe il pittore Nicolas Poussin, che influenzerà profondamente la sua arte sia nella sua prima fase di adesione tizianesca  al movimento neo-veneto, sia nel periodo più maturo, a partire dagli anni 1635 in poi, caratterizzati da un intellettualismo classicheggiante.

Resta comunque il fatto che le sue incisioni (che ammontano a 40 tavole circa) furono considerate fin dall’antichità, a partire dal Sandrart e dal Baldinucci, le opere grafiche più importanti del '600 italiano.

Bibliografia

Bartsch 4; Bellini, 10; Cropper, 46.

Pietro TESTA detto "Il Lucchesino" (Lucca 1611 - Roma 1650)

La vicenda artistica di Pietro Testa, detto il Lucchesino dalla sua città d’origine, è assai tormentata. Poco o nulla si sa del suo primo apprendistato nella città natale. Arrivato a Roma nel 1629, fu probabilmente dapprima a scuola presso il Domenichino, poi presso la bottega di Pietro da Cortona, suo vero maestro. Il carattere introverso dell’artista gli procurò comunque sempre difficoltà con i suoi colleghi: il Cortona infatti fu costretto a cacciarlo dalla sua scuola per l’atteggiamento di sprezzante superiorità assunta dall’allievo . Il Testa frequentò allora la casa del suo primo mecenate, il celebre collezionista Cassiano del Pozzo, per il quale eseguì disegni dall’antico. Fu probabilmente nella sua casa che conobbe il pittore Nicolas Poussin, che influenzerà profondamente la sua arte sia nella sua prima fase di adesione tizianesca al movimento neo-veneto, sia nel periodo più maturo, a partire dagli anni 1635 in poi, caratterizzati da un intellettualismo classicheggiante. Resta comunque il fatto che le sue incisioni (che ammontano a 40 tavole circa) furono considerate fin dall’antichità, a partire dal Sandrart e dal Baldinucci, le opere grafiche più importanti del '600 italiano. Nelle ultime incisioni l’artista illustra attraverso complesse simbologie a sfondo classicheggiante o mitologico la morale stoica che aveva adottato. Questa concezione pessimistica dell’esistenza e di un dramma cosmico che avvolge l’umanità giustifica la malinconia e la solitudine degli ultimi anni dell’artista, di cui parlano i biografi, e prelude al dramma finale del suicidio del Testa buttatosi nel Tevere nei pressi della Lungara nel 1650.

Bibliografia

Bartsch 4; Bellini, 10; Cropper, 46.

Pietro TESTA detto "Il Lucchesino" (Lucca 1611 - Roma 1650)

La vicenda artistica di Pietro Testa, detto il Lucchesino dalla sua città d’origine, è assai tormentata. Poco o nulla si sa del suo primo apprendistato nella città natale. Arrivato a Roma nel 1629, fu probabilmente dapprima a scuola presso il Domenichino, poi presso la bottega di Pietro da Cortona, suo vero maestro. Il carattere introverso dell’artista gli procurò comunque sempre difficoltà con i suoi colleghi: il Cortona infatti fu costretto a cacciarlo dalla sua scuola per l’atteggiamento di sprezzante superiorità assunta dall’allievo . Il Testa frequentò allora la casa del suo primo mecenate, il celebre collezionista Cassiano del Pozzo, per il quale eseguì disegni dall’antico. Fu probabilmente nella sua casa che conobbe il pittore Nicolas Poussin, che influenzerà profondamente la sua arte sia nella sua prima fase di adesione tizianesca al movimento neo-veneto, sia nel periodo più maturo, a partire dagli anni 1635 in poi, caratterizzati da un intellettualismo classicheggiante. Resta comunque il fatto che le sue incisioni (che ammontano a 40 tavole circa) furono considerate fin dall’antichità, a partire dal Sandrart e dal Baldinucci, le opere grafiche più importanti del '600 italiano. Nelle ultime incisioni l’artista illustra attraverso complesse simbologie a sfondo classicheggiante o mitologico la morale stoica che aveva adottato. Questa concezione pessimistica dell’esistenza e di un dramma cosmico che avvolge l’umanità giustifica la malinconia e la solitudine degli ultimi anni dell’artista, di cui parlano i biografi, e prelude al dramma finale del suicidio del Testa buttatosi nel Tevere nei pressi della Lungara nel 1650.