Ercole caccia l'Invidia e l'Avarizia dal Tempio delle Muse

Riferimento: S48429
Autore Maestro B nel Dado
Anno: 1530 ca.
Misure: 185 x 260 mm
1.250,00 €

Riferimento: S48429
Autore Maestro B nel Dado
Anno: 1530 ca.
Misure: 185 x 260 mm
1.250,00 €

Descrizione

Avarizia a destra che viene scacciata dal tempio delle Muse da Ercole che solleva una clava nella mano destra mentre le Muse guardano.

Deriva dalla xilografia a chiaroscuro di Ugo da Carpi (B.XII.133.12), basata su un perduto disegno di Baldassarre Peruzzi.

Bulino, 1530 circa, con la scritta in basso a sinistra “Ant.Lafreri” e monogramma degli artisti “B” sul dado a destra. Nel margine inferiore otto righe di descrizione “Quella che'l secol ... batte e scopiglia”.

Esemplare del secondo stato di cinque, con indirizzo di Antonio Lafreri in basso a sinistra. Questo stato non è descritto da Bartsch, che conosce solo l'edizione successiva dell'editore Philip Thomassin in cui il nome di Lafreri è sostituito da “Baltazar Perutius Senen. inventor”. L'edizione di Lafreri è molto rara; un “esemplare è conservato al British Museum, mentre molte collezioni museali possiedono l'edizione di Thomassin. Sono note anche tirature successive della stampa firmata De Rossi e Losi.

Nell'Italia rinascimentale, artisti, mecenati e altre persone colte erano affascinati dai racconti della mitologia classica, che venivano riproposti in nuove edizioni latine e traduzioni in italiano. Spesso gli dèi e gli eroi dei testi antichi venivano adattati a scopi simbolici per trasmettere idee morali o politiche. In questa stampa Ercole, che simboleggia la forza virtuosa, scaccia Avarizia - una donna che tiene in mano un tesoro di oggetti preziosi - dal tempio delle arti. I tradizionali protettori delle attività artistiche, Apollo e Minerva, guardano soddisfatti, circondati dalle Muse. Le nove muse, di cui otto sono visibili qui, erano anche associate all'apprendimento, in particolare all'ispirazione poetica. Il messaggio è che l'avarizia mina la coltivazione delle arti.

“Nella donna che fugge dietro i violenti colpi inferti dalla nodosa clava di Ercole, le cui spalle sono ricoperte dalle spoglie del leone Nemeo, è riconoscibile l'Invidia; a sinistra Apollo seduto ordina al dio di scacciare la donna, dietro ad Apollo sono visibili le Muse e Minerva armata.  Nella figura a destra riconosciamo la Lascivia e la Falsità che reca nella mano sinistra la maschera, simbolo di insicerità e falsità che nell'Iconologia del Ripa diverrà attributo della Bugia, Frode, Inganno (cfr. E. Panosfky, Studi di Iconologia, Torino, 1975, pp. 126 ss.). L'incisione deriva da un disegno, oggi disperso, di Baldassarre Peruzzi come si deduce dalla scritta che appare nell'edizione ritoccata da Philippe Thomassin che ha aggiunto al suo nome quello del senese. Ulteriore conferma deriva dal confronto con il chiaroscuro a due legni di Ugo da Carpi raffigurante lo stesso soggetto che reca la scritta dell'incisore: BAL. SEN., cioé il Peruzzi. Il soggetto del Peruzzi viene ricordato dal Vasari nella vita di Marcantonio Raimondi (ed. Milanesi, V, p. 422): "Perché dopo di lui [Ugo da Carpi il Baldassare Peruzzi, pittore senese, fece di chiaroscuro simile una carta di Ercole, che caccia l'Avarizia, carica di vasi d'oro e d'argento, dal Monte Parnaso, dove sono le Muse in diverse bella attitudini, che fu bellissima" (cfr. S. Massari, Tra Mito e Allegoria, p. 110).

Ottima impressione, non tagliata, su carta vergata coeva con filigrana “incudine e martello in cerchio” (Woodward nn. 230-232), con margini, in perfetto stato.

Bibliografia

Bartsch, Le Peintre graveur (XV.195.17); S. Massari, Tra Mito e Allegoria, pp. 110-111, n. 34 II/III; R. D'Amico, M. Tamassia, Incisori veneti dal 15. al 18. secolo, 116, p. 39; TIB 29 (15). 17(195) (Suzanne Boorsch [Ed.] 1982, “The Illustrated Bartsch: Italian Masters of the Sixteenth Century”, vol. 29, Abaris Books, New York, p.174).

Maestro B nel Dado (Attivo a Roma, metà XVI sec.)

Il Maestro del Dado è pittore e incisore della scuola di Marcantonio e attivo a Roma tra il 1532 e il 1550, spesso confuso a torto con il Beatricetto o con il Bonasone. Il Le Blanc ritiene si tratti di un discendente del pittore Bernardo Daddi (1512 ca. – Roma 1570) in base all’iniziale che si legge nell’attributo figurato che sigla le sue stampe, una B segnata su un dado. Diversamente, altri identificano il nostro con Benedetto Verini, figlio naturale o presunto di Marcantonio sciogliendo le iniziali BV che appaiono su alcune sue stampe, mentre per il Bartsch l’ultima lettera potrebbe avere il significato di Veneziano o, più recentemente, ma ancora dubitativamente, con Tommaso Vincidor da Bologna. Incisore di riproduzione di opere altrui, eseguite talvolta su richiesta di Antonio Lafrery, i suoi modelli prediletti sono Raffaello, Peruzzi, Giulio Romano e Tommaso Vincidor. Al Maestro del Dado vengono assegnate circa 85 stampe dal Malaspina, anche il Bartsch elenca 85 soggetti portati dal Passavant a 89.

Maestro B nel Dado (Attivo a Roma, metà XVI sec.)

Il Maestro del Dado è pittore e incisore della scuola di Marcantonio e attivo a Roma tra il 1532 e il 1550, spesso confuso a torto con il Beatricetto o con il Bonasone. Il Le Blanc ritiene si tratti di un discendente del pittore Bernardo Daddi (1512 ca. – Roma 1570) in base all’iniziale che si legge nell’attributo figurato che sigla le sue stampe, una B segnata su un dado. Diversamente, altri identificano il nostro con Benedetto Verini, figlio naturale o presunto di Marcantonio sciogliendo le iniziali BV che appaiono su alcune sue stampe, mentre per il Bartsch l’ultima lettera potrebbe avere il significato di Veneziano o, più recentemente, ma ancora dubitativamente, con Tommaso Vincidor da Bologna. Incisore di riproduzione di opere altrui, eseguite talvolta su richiesta di Antonio Lafrery, i suoi modelli prediletti sono Raffaello, Peruzzi, Giulio Romano e Tommaso Vincidor. Al Maestro del Dado vengono assegnate circa 85 stampe dal Malaspina, anche il Bartsch elenca 85 soggetti portati dal Passavant a 89.