Circe trasforma in bestie i compagni di Ulisse

Riferimento: S39070
Autore Giovanni Benedetto CASTIGLIONE detto "Il Grechetto"
Anno: 1650
Misure: 300 x 210 mm
Non Disponibile

Riferimento: S39070
Autore Giovanni Benedetto CASTIGLIONE detto "Il Grechetto"
Anno: 1650
Misure: 300 x 210 mm
Non Disponibile

Descrizione

Acquaforte, circa 1650-55, in basso a destra. G. BENEDs. CASTILIONUS/ genvensis in Pin.

Esemplare nel primo stato di due descritti da Bellini.

Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva, con piccoli margini, in ottimo stato di conservazione.

Secondo un’interpretazione largamente diffusa e accettata, la scena rappresenta il noto episodio narrato nel libro X dell’Odissea, in cui la maga Circe trasforma in porci i compagni di Ulisse mandati ad esplorare la mitica isola Eea, da lei abitata, che la tradizione antica identificò poi con il promontorio del Circeo, nel Lazio. Nell’incisione, però, si osservano capre e cani, e non porci. Questa discrepanza rispetto al racconto omerico lascia spazio per una interpretazione diversa dell’incisione come una scena più generica di stregoneria, considerando anche che ai piedi della figura femminile ci sono alcuni libri aperti con simboli magici e astrologici. Per motivi stilisti, l’incisione è riferibile agli anni 1650-55.

Bibliografia

Bartsch, XXI n. 22; Le Blanc, I n. 58; Bellini, n. 60 I/II; Massari, Tra mito e allegoria, p. 416, 157, I/II.

Giovanni Benedetto CASTIGLIONE detto "Il Grechetto" (Genova 1616 - Mantova 1670)

L’origine e la formazione genovese portarono il Castiglione a conoscere la pittura fiamminga, in particolare attraverso gli artisti Jaan Roos e Van Dyck, dai quali derivò un cromatismo caldo e vibrante. A Roma, dove fu dal 1632 al ’35, e in un secondo soggiorno dal 1647 al ’51, intramezzato da un viaggio a Napoli nel 1635, fu attratto dal classicismo intellettualistico del Poussin. Le sue tematiche preferite, tanto in pittura che nei disegni e nelle incisioni, si rifanno al moralismo classicheggiante, ispirato alla filosofia stoica, tipicamente poussiniano, che lo portò a creare un repertorio di soggetti iconografici assai colto rispetto ad altri artisti, tra cui Salvator Rosa. Trascorse l’ultimo periodo di attività alla corte del Duca di Mantova e la sua produzione di quegli anni accentua gli elementi visionari e il cromatismo violento, presente già nelle opere del periodo precedente. Abile incisore, amò esprimersi attraverso questo mezzo tecnico per diffondere le sue complesse iconografie intellettualistiche e fu il primo in Italia ad apprezzare ed imitare le stupende acqueforti del Rembrandt.

Bibliografia

Bartsch, XXI n. 22; Le Blanc, I n. 58; Bellini, n. 60 I/II; Massari, Tra mito e allegoria, p. 416, 157, I/II.

Giovanni Benedetto CASTIGLIONE detto "Il Grechetto" (Genova 1616 - Mantova 1670)

L’origine e la formazione genovese portarono il Castiglione a conoscere la pittura fiamminga, in particolare attraverso gli artisti Jaan Roos e Van Dyck, dai quali derivò un cromatismo caldo e vibrante. A Roma, dove fu dal 1632 al ’35, e in un secondo soggiorno dal 1647 al ’51, intramezzato da un viaggio a Napoli nel 1635, fu attratto dal classicismo intellettualistico del Poussin. Le sue tematiche preferite, tanto in pittura che nei disegni e nelle incisioni, si rifanno al moralismo classicheggiante, ispirato alla filosofia stoica, tipicamente poussiniano, che lo portò a creare un repertorio di soggetti iconografici assai colto rispetto ad altri artisti, tra cui Salvator Rosa. Trascorse l’ultimo periodo di attività alla corte del Duca di Mantova e la sua produzione di quegli anni accentua gli elementi visionari e il cromatismo violento, presente già nelle opere del periodo precedente. Abile incisore, amò esprimersi attraverso questo mezzo tecnico per diffondere le sue complesse iconografie intellettualistiche e fu il primo in Italia ad apprezzare ed imitare le stupende acqueforti del Rembrandt.