Ecce Homo (Cristo di fronte a Pilato)

Riferimento: S25405
Autore Andrea MELDOLLA detto Schiavone
Anno: 1560 ca.
Misure: 190 x 281 mm
3.000,00 €

Riferimento: S25405
Autore Andrea MELDOLLA detto Schiavone
Anno: 1560 ca.
Misure: 190 x 281 mm
3.000,00 €

Descrizione

Xilografia, circa 1560, priva di firma. Da un soggetto di Tiziano Vecellio o Domenico Campagnola.

Bellissima prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva priva di filigrana, completa della linea marginale, piccoli fori di tarlo perfettamente restaurati, per il resto in ottimo stato di conservazione.

L’opera può essere riconducibile ai lavori di scuola veneta di metà XVI secolo. La xilografia è citata dall'abate Pietro Zani nella sua Enciclopedia Metodica (1821, Parte seconda, Volume VII, pp.286-287): “Campagnola Domenico - Anonimo in legno sopra i tratti del Campagnola MP irreperibile. Sole figure di faccia a.10, 6. l. 7,4 Al b.
ECCE HOMO. D. P. -- N. S. ha le mani legate, e tra queste tiene la canna. Pilato a lui vicino colla d. lo addita al Popolo, che si finge essere nel piano, ma che qui non vi ha luogo. Le due iniziali D. P. dinotano Dominicus Patavinus, cioè Domenico Padovano, ossia Domenico Campagnola. Ammirata una sola volta in Venezia in casa del S. Gio Maria Sasso, celebre Professore e Ristauratore di Quadri. Ed ecco che con queste due iniziali D. P. e con le seguenti lettere DNCUS PATUS (così abbreviate e in due righe), le quali leggonsi in altra Stampa, abbiamo una sicura prova che Domenico Campagnola era Padovano, e non Veneziano. Vedi Tomo V Parte Prima le Annotazioni 33a, 34a, 35a relative al Campagnola, e le Contro-Note, e direi quasi stupisci”.

Zani descrive, dunque, l’esemplare della collezione di stampe di Giovanni Maria Sasso, che fu acquistata dai Remondini dopo la sua morte (Zani 1819, p. 53 n.21). Altro esemplare noto dell’opera è quello conservato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano. Si tratta di una prova molto tarda, stampata da un legno in pessimo stato di conservazione, probabilmente stampata dalla tipografia Soliani nel corso del XIX secolo (cfr.  Atlante delle xilografie italiane del Rinascimento, ALU.1067.2).

Se Zani attribuisce l’intaglio a mano anonima da un soggetto di Domenico Campagnola, un ragionamento più complesso, ci porta ad attribuire la xilografia ad Andrea Meldolla.

Tiziano, intuendo la grande potenzialità della silografia nella traduzione dei suoi disegni e delle visioni più audaci, affidò ad un gruppo di artisti - composto tra gli altri da Domenico Campagnola, Nicolò Boldrini, Giovanni Britto e Giuseppe Scolari - la realizzazione di questi “disegni intagliati in legno”. Andrea Meldolla detto lo Schiavone, già allievo e traduttore al bulino del Parmigianino, è autore certo di tre silografie, diverse per loro nello stile esecutorio. Il Cristo Deriso e la Sepoltura di Cristo presentano eleganze di modi ed una chiarezza lineare che derivano dall’influsso esercitato dall’arte del Salviati, mentre lo Sposalizio mistico di Santa Caterina mostra il vigore di alcune silografie giovanili di Domenico Campagnola.

Il tema del Cristo di fronte a Pilato o Ecce Homo è il più ricorrente nel catalogo maturo del Meldolla; ne esistono, infatti, quattro versioni pittoriche diverse, divise fra le Gallerie dell’Accademia di Venezia, il Museo nazionale di Stoccolma, le Royal Collections di Hampton Court e il Kunst-historisches Museum di Vienna.

A questa serie si può idealmente affiancare il Cristo davanti a Erode del Museo di Capodimonte. Meldolla rinforzò qui l’impianto chiaroscurale, insistendo su uno sfondo buio e su tonalità brunite appena ravvivate da accensioni luministiche preziose e sottilmente calibrate, proprio come in questo lavoro silografico. Richardson fa notare come le incisioni del Meldolla, sebbene siano basate su composizioni di altri artisti, siano interpretazioni libere o copie creative.

Rarissima ed interessante opera, attribuibile allo Schiavone. Silvia Urbini, nel suo censimento delle xilografie italiane del Rinascimento, cita ed illustra solo il nostro esemplare e quello, tardo, dell’Ambrosiana. Non abbiamo riscontri di altri esemplari dell’opera.

Bibliografia

Zani P., Enciclopedia metodica critico ragionata delle Belle Arti, Parma, 1817-1824, Parte seconda, volume VII, pp.286-287; Urbini S., Atlante delle xilografie italiane del Rinascimento, ALU.1067.1; cfr. Muraro & Rosand, Tiziano e la Xilografia Veneziana del Cinquecento, pp. 140/143; Richardson 1980, pp. 104/108; Da Tiziano a El Greco, pp. 23-25, 130-137, 300-313; Bortolotti, Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 73.

Andrea MELDOLLA detto Schiavone (Zara 1510 - Venezia, 1 Dicembre 1563)

Pittore, disegnatore e acquafortista dalmata, attivo in Italia. Nacque a Zara, motivo per cui, trasferitosi a Venezia - forse intorno agli anni '30, fu colà ben presto conosciuto con il soprannome di Schiavone, con il quale è ancor oggi meglio noto. Potrebbe aver appreso a dipingere sia a Zara sia a Venezia da Lorenzo Luzzo o Giovanni Pietro Luzzo, entrambi attivi nelle due città. Seconda un’altra teoria, venne istruito nella bottega veneta di Bonifazio de’ Pitati, ma questo non spiegherebbe la sua successiva abilità come pittore di affreschi. Come acquafortista era un autodidatta: all’inizio, lavorava essenzialmente dai disegni del Parmigianino. Nel 1540 Giorgio Vasari parlò di un grande dipinto di una battaglia (non pervenuto), ‘uno dei migliori [lavori] che Andrea Schiavone abbia mai realizzato’ (Vasari, 1568). I primi dipinti e le prime acqueforti di Schiavone sopravvissute fino ad oggi sono datate intorno al 1538–40; esse mostrano come l’artista fosse fortemente influenzato dal Parmigianino e dai Manieristi Italiani nella composizione e nelle figure, ma come fosse anche un audace interprete delle tecniche veneziane e come impiegasse in eguale misura una tecnica estremamente libera nell’acquaforte.

Andrea MELDOLLA detto Schiavone (Zara 1510 - Venezia, 1 Dicembre 1563)

Pittore, disegnatore e acquafortista dalmata, attivo in Italia. Nacque a Zara, motivo per cui, trasferitosi a Venezia - forse intorno agli anni '30, fu colà ben presto conosciuto con il soprannome di Schiavone, con il quale è ancor oggi meglio noto. Potrebbe aver appreso a dipingere sia a Zara sia a Venezia da Lorenzo Luzzo o Giovanni Pietro Luzzo, entrambi attivi nelle due città. Seconda un’altra teoria, venne istruito nella bottega veneta di Bonifazio de’ Pitati, ma questo non spiegherebbe la sua successiva abilità come pittore di affreschi. Come acquafortista era un autodidatta: all’inizio, lavorava essenzialmente dai disegni del Parmigianino. Nel 1540 Giorgio Vasari parlò di un grande dipinto di una battaglia (non pervenuto), ‘uno dei migliori [lavori] che Andrea Schiavone abbia mai realizzato’ (Vasari, 1568). I primi dipinti e le prime acqueforti di Schiavone sopravvissute fino ad oggi sono datate intorno al 1538–40; esse mostrano come l’artista fosse fortemente influenzato dal Parmigianino e dai Manieristi Italiani nella composizione e nelle figure, ma come fosse anche un audace interprete delle tecniche veneziane e come impiegasse in eguale misura una tecnica estremamente libera nell’acquaforte.