Pantheon

Riferimento: S40203
Autore Antonio LAFRERI
Anno: 1548 ca.
Misure: 470 x 390 mm
Non Disponibile

Riferimento: S40203
Autore Antonio LAFRERI
Anno: 1548 ca.
Misure: 470 x 390 mm
Non Disponibile

Descrizione

Bulino, 1548, firmato in lastra in basso a sinistra - solo negli esemplari di primo stato - “N×B×LOTARINGVS × F×”. Esemplare nel terzo stato di cinque - secondo Alessia Alberti, terzo di quattro per Bianchi e Rubach. Viene tagliata la parte inferiore della lastra, aggiunta una seconda lastra alta circa 90 mm, con figure; in basso al centro troviamo l'imprint editoriale: “ANT× LAFRERI/ ROMAE 1549”. In alto sono aggiunte le nuvole, assenti nelle due precedenti edizioni.

 

Opera appartenente allo Speculum Romanae Magnificentiae di Lafreri, incisa da Nicola Beatrizet detto il Beatricetto.

 

Iscritto in alto al centro il titolo: «PANTHEVM ROMANVM NVNC MARIAE COGNOMENTO ROTVNDAE NOTVM AD ANTIQVAM SVAM EFFIGIEM ET FORMAM EXPRESSVM». [Il Pantheon di Roma, ora noto col nome di “Maria Rotonda”, rappresentato secondo il suo aspetto e forma]

 

Iscritto in basso a destra: «Labrum ex prophyrite, et duos ex ophite Leones Aegyptijs notis illistres [sic per: illustres], ex proxsimis ut opinor Agrippæ an Neronis thermis, in celebriorem et ampliorem locum, pij Pontifices Maximi ne situ squalloreure iacerent, prope Pantheum erigi collocarique iusserunt» [Vasca di porfirite e due leoni di ofite, illustri per le iscrizioni egizie, provenienti -credo- dalle vicine terme di Agrippa e Nerone: perché non giacessero in luogo squallido, i pii Pontefici Massimi li fecero collocare ed erigere presso il Pantheon, in luogo più ampio e più degno].

 

Voluto dal Console Marco Vipsanio Agrippa, genero di Ottaviano Augusto, il Pantheon fu restaurato e ricostruito più volte. La datazione del monumento è discussa e gli studi contemporanei la collocano tra il 27 a.C. e il 25 a.C. con successivi rifacimenti sino al 125 d.C. La coppia di leoni egizi in primo piano, collocati nella piazza antistante il Pantheon sin dal Medioevo, oggi si trovano ai Musei Vaticani. A sua volta, l’urna al centro della stampa, di porfido rosso proveniente dall’Egitto, è di età imperiale. Integrata da un coperchio di fattura moderna, oggi è collocata di fronte al monumento di Clemente XII (1720- 1730) presso la Cappella Corsini nella chiesa di San Giovanni in Laterano. La vasca in porfido su piedistallo, risalente al tempo di Leone X (1513-1521), è rappresentata insieme ai due leoni rialzati in un disegno di Francisco d’Olanda (1517 ca. - 1594) oggi conservato all’Escorial (Cod. Escurialensis 28.1.20, fol. 16 v.). Nel 609 l’edificio fu trasformato da papa Bonifacio IV (608-615) in tempio cristiano con il titolo di S. Maria ad Martyres. Più tardi divenne sede dell’Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Nel Pantheon sono sepolti Raffaello Sanzio, Taddeo Zuccari, e i Reali d’Italia. (cfr. Marigliani, II. 43).

 

Lo Speculum ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri. Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori stranieri - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori.

 

Bellissima prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva, rifilata a rame. Tracce di colla e abrasioni al verso, dove sono visibili alcune spellature nella carta; nel complesso in buono stato di conservazione.

 

Bibliografia:

 

B. Rubach, Ant. Lafreri Formis Romae (2016), n. 375, I/IV; A. Alberti, L’indice di Antonio Lafrery (2010), n. 100, I/IV; Marigliani, Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento (2016), n. VI.19; C. HÜLSEN, 1921, p. 162, 102, A; G. C. ARGAN, 1990, p. 268; J. GARMS, 1995, II, p. 350; M. BURY, 2001, p. 141; W. LOTZ, 2004, pp. 59-60; C. MARIGLIANI, 2005, p. 44; C. WITCOMBE, 2008, pp. 141, 144; C. L. FROMMEL, 2010, p. 331.

Antonio LAFRERI (Orgelet 1512 - Roma 1577)

Antoine de Lafrery, meglio conosciuto con la forma italianizzata del nome Antonio Lafreri (1512 - 1577), era nativo di Orgelet, come riporta la sua iscrizione sepolcrale, e si trasferì a Roma intorno al 1540, dove lavorò in qualità di mercante ed editore di stampe. La sua bottega in via di Parione per quasi mezzo secolo (1544 - 1577) fu il punto di riferimento per questo tipo di commercio. Lafreri si formò nell’officina di Antonio Salamanca, un milanese che si trasferì a Roma dopo il Sacco del 1527. Già nel 1544 iniziò a pubblicare a suo nome, come dimostrano due stampe: la Colonna Traiana e Il sacrificio di Abele, che recano la sottoscrizione Ant. Lafrerij sequani formis Romae 1544. Non è dimostrabile se sia stato anche incisore, come si potrebbe dedurre da un atto notarile del 23 dicembre 1580, che parla dell’eredità quondam Antonii Lafrerii incisoris e stampatoris in Urbe; in ogni caso, questa attività fu certamente di minore rilevanza in confronto a quella primaria di commerciante e stampatore. Non è un caso, infatti, che quasi tutte le stampe a lui riconducibili siano firmate Antonii Lafrerij formis, espressione che lo qualifica editore e proprietario dei rami, ma non anche incisore. Un avvenimento fondamentale nella carriera del Lafreri è la costituzione, nel 1553, di una società con Antonio Salamanca. È indubbio che Lafreri - dotato probabilmente di maggiore carisma e spirito imprenditoriale - esercitò sempre il ruolo di leader. Alla morte del Salamanca, nel 1562, subentrò il figlio Francesco, ma il sodalizio si sciolse l’anno seguente e i rami del Salamanca furono acquistati da Lafreri per la somma di circa 3.000 scudi. L’editore continuò ad incrementare il suo commercio producendo stampe di soggetto religioso, mitologico e di antichità, ma anche carte geografiche e libri illustrati. Nella bottega al Parione vi passarono i più importanti incisori del tempo: Mario Cartaro, Nicolas Beatrizet, Enea Vico ed altri. Aveva contatti anche con altri centri editoriali: Venezia - come provano sia le richieste di privilegio al Senato, sia la presenza di suoi rami in edizioni veneziane - ma anche Siena. La sua raccolta di carte geografiche, riunita con un frontespizio dal titolo Tavole moderne di geografia, veniva assemblata da o per il singolo cliente; pertanto, le raccolte di carte geografiche lafreriane risultano, per numero, formato e tipologia di stampe, sempre diverse tra loro. Lafreri morì il 20 luglio 1577 e fu tumulato nella chiesa di San Luigi dei Francesi; non avendo lasciato disposizioni testamentarie, il suo patrimonio di rami fu diviso tra i suoi parenti più prossimi, Claudio e Stefano Duchetti, per poi essere acquistati da diversi stampatori.

Antonio LAFRERI (Orgelet 1512 - Roma 1577)

Antoine de Lafrery, meglio conosciuto con la forma italianizzata del nome Antonio Lafreri (1512 - 1577), era nativo di Orgelet, come riporta la sua iscrizione sepolcrale, e si trasferì a Roma intorno al 1540, dove lavorò in qualità di mercante ed editore di stampe. La sua bottega in via di Parione per quasi mezzo secolo (1544 - 1577) fu il punto di riferimento per questo tipo di commercio. Lafreri si formò nell’officina di Antonio Salamanca, un milanese che si trasferì a Roma dopo il Sacco del 1527. Già nel 1544 iniziò a pubblicare a suo nome, come dimostrano due stampe: la Colonna Traiana e Il sacrificio di Abele, che recano la sottoscrizione Ant. Lafrerij sequani formis Romae 1544. Non è dimostrabile se sia stato anche incisore, come si potrebbe dedurre da un atto notarile del 23 dicembre 1580, che parla dell’eredità quondam Antonii Lafrerii incisoris e stampatoris in Urbe; in ogni caso, questa attività fu certamente di minore rilevanza in confronto a quella primaria di commerciante e stampatore. Non è un caso, infatti, che quasi tutte le stampe a lui riconducibili siano firmate Antonii Lafrerij formis, espressione che lo qualifica editore e proprietario dei rami, ma non anche incisore. Un avvenimento fondamentale nella carriera del Lafreri è la costituzione, nel 1553, di una società con Antonio Salamanca. È indubbio che Lafreri - dotato probabilmente di maggiore carisma e spirito imprenditoriale - esercitò sempre il ruolo di leader. Alla morte del Salamanca, nel 1562, subentrò il figlio Francesco, ma il sodalizio si sciolse l’anno seguente e i rami del Salamanca furono acquistati da Lafreri per la somma di circa 3.000 scudi. L’editore continuò ad incrementare il suo commercio producendo stampe di soggetto religioso, mitologico e di antichità, ma anche carte geografiche e libri illustrati. Nella bottega al Parione vi passarono i più importanti incisori del tempo: Mario Cartaro, Nicolas Beatrizet, Enea Vico ed altri. Aveva contatti anche con altri centri editoriali: Venezia - come provano sia le richieste di privilegio al Senato, sia la presenza di suoi rami in edizioni veneziane - ma anche Siena. La sua raccolta di carte geografiche, riunita con un frontespizio dal titolo Tavole moderne di geografia, veniva assemblata da o per il singolo cliente; pertanto, le raccolte di carte geografiche lafreriane risultano, per numero, formato e tipologia di stampe, sempre diverse tra loro. Lafreri morì il 20 luglio 1577 e fu tumulato nella chiesa di San Luigi dei Francesi; non avendo lasciato disposizioni testamentarie, il suo patrimonio di rami fu diviso tra i suoi parenti più prossimi, Claudio e Stefano Duchetti, per poi essere acquistati da diversi stampatori.